Ormai parecchi mesi fa, Sandro Rosi, disegnatore e animatore, figlio di Sergio Rosi, ci ha comunicato un’informazione che potrebbe essere passata inosservata per chi non legge i commenti ai post.
E’ il nome dello sceneggiatore che molto spesso si firmava “Gi.Ca.” negli albi a fumetti prodotti dallo Studio Rosi, un creativo dal talento surreale: questa sembra sempre più essere la cifra che accomuna gli autori umoristici italiani degli anni Cinquanta e Sessanta, spesso un po’ oscurati da quel gigante dell’umorismo (anche) surreale che fu Benito Jacovitti.
Il nome di questo “sceneggiatore sconosciuto”, come si legge già nel titolo del post, è è Giuseppe Capuani.
Così ce lo descrive Sandro Rosi:
Era mio zio, il fratello di mia madre Anna Maria Capuani. Anche mia madre ha lavorato con mio padre, si occupava della coloritura. A quei tempi si colorava facendo le selezioni fotografiche a mano… con quella puzzolente vernicetta marroncina (i meno giovani si ricorderanno sicuramente di questa tecnica).
La tavola sopra, quindi, immortala Capuani dietro la scrivania, mentre raffigura (in autocaricatura) Sergio Rosi.
La tavola potrebbe essere stata colrata proprio dalla signora Anna Maria Capuani.
Sempre per chi non avesse letto dei post precedenti a questo su Rosi e il suo studio, riprendo un commento dello scorso anno inviato da Massimo Fecchi, assiduo frequentatore di Cartoonist Globale:
Oggi avevo appena disegnato un personaggio e ho rigirato la pagina per vedere in trasparenza il disegno al contrario alla ricerca di eventuali errori (un gesto che per me è diventato un’abitudine).
Allora ho ripensato a Sergio Rosi, che mi insegnò questa tecnica nel periodo che lavorai con lui alla fine degli anni Sessanta. Ho cercato in Internet sue notizie e ho visto che è morto da quasi tre anni…
Mi dispiace molto.
Massimo Fecchi
A queste parole così replica Sandro Rosi:
Grazie a tutti per le bellissime parole su mio padre Sergio. Un saluto particolare a Massimo Fecchi che è stato uno dei disegnatori più amato da mio padre… ne parlava spesso portandolo ad esempio come disegnatore ma anche come uomo.
Su Rosi e il suo studio abbiamo reperito in questi anni, con amici studiosi del settore alcune interessanti informazioni che poi non abbiamo ancora avuto modo di rendere pubbliche, anche se ci ripromettiamo da tempo di farlo.
Con l’occasione del messaggio di Massimo Fecchi, ripropongo, con qualche nuova immagine d’epoca, il post in questione, che risale all’ormai lontano 26 novembre 2008 e che sarà sicuramente sfuggito ai molti nuovi lettori di Cartoonist Globale.
Negli anni Sessanta, Rosi collabora con una miriade di pubblicazioni, gestendo un ampio numero di collaboratori, crescendo nuove leve e fornendo occasioni a navigati professionisti.
Fra gli editori di questo periodo si ricordano i milanesi Fratelli Fabbri e la Universo con Intrepido e Il Monello.
Dei primissimi anni Sessanta (ma forse realizzata qualche anno prima) è la tavola con animali antropomorfi sotto, eseguita per lo Studio Rosi da Glauco Coretti, noto soprattutto come disegnatore (futuro) di Diabolik.
Coretti aveva tentato di realizzare una storia con il personaggio di Volpetto, già impostato ampiamente da Rosi, ma la differenza stilistica del risultato, alla consegna della storia, aveva suggerito di cambiare un po’ di carte in tavola trasformando il personaggino corettiano in una sorta di clone dell’altro.
Sotto, una tavola della fiaba rumena Marinza voce d’oro, sceneggiata in questo periodo, per i disegni di Rosi, da G. Scaramella.
Ma i fumetti per ragazzi, e specialmente quelli per ragazzine come le fiabe di vari Paesi del mondo, rendono economicamente sino a un certo punto; così, alla fine del 1967, Rosi inizia una delle collaborazioni più significative: quella con le edizioni Erregi di Renzo Barbieri e Giorgio Cavedon, grazie alle quali Rosi si specializza nel campo del fumetto per adulti. Riprende il personaggio di Messalina affidandolo a “Nerone” (pseudonimo della coppia Gaspare De Fiore e Santo D’Amico) e, tra le altre testate horror o sexy segue Jacula, Lucrezia, Terror, Hessa, De Sade…
Di fatto, in quel periodo, tutto il mercato dei disegnatori romani che lavorano per Barbieri e Cavedon passa per lo Studio Rosi, in seguito a un accordo di ferro tra il suo titolare e la coppa di editori milanesi.
A destra, una copertina dei suoi tanti albi, disegnati, ma soprattutto progettati da Rosi, quando anche non editati sotto varie forme e denominazioni: un numero speciale del gennaio 1961 La mia Lulù, tascabile per ragazzine.
I personaggi sono quelli della “banda” di Volpetto (del quale abbiamo parlato sopra e che è presente anche nel titolo), ispirati alle tavole di Uncle Remus con Brer Rabbit, tratte dai racconti antirazzisti e educational di J. Chandler Harris.
La casa editrice si chiamava S.E.I.C., per la quale Rosi firmava anche come direttore responsabile, oltre che come produttore dei vari contenuti del tascabile.
L’indirizzo della redazione era, come sempre (almeno in questo periodo), quello di casa sua.
Sotto, un tascabile francese, pubblicato a Toulouse dalle Editions de la S.E.P.: il n. 23, dell’aprile 1963, di Bambolina (il titolo suona stranamente come italiano), identico nella confezione agli albi romani della Editrice Flaminia. Non c’è da stupirsene, perché lo stampatore è lo stesso: i (leggendari) Fratelli Spada di Roma, con il packaging di Massimo Liorni.
La foto ritrae Sergio Rosi (© Studio Rosi).
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