PAUL CUVELIER, CORENTIN E L’EROS (seconda parte)

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Abbiamo lasciato alla fine della Prima Parte, poco fa, il talentuoso autodidatta Paul Cuvelier alle prese con le copertine di Tintin, all’indomani della Seconda Guerra Mondiale. E con le storie di Corentin, scritte dall’allora giovane sceneggiatore Jean Van Hamme.

Con herge L’incontro con Hergé (loro foto a destra) era stato davvero proficuo, anche se nel cuore di Cuvelier restava il rammarico di non aver proseguito, come desiderava, l’attività artistica “meno applicata”, per così dire, quella del pittore e dello scultore “puri”.

Ecco le sue parole in merito: «Je ne suis pas un véritable dessinateur de bandes dessinées. Quand j’en fais, je néglige ma peinture. Quand je peins, je suis pris par la recherche et j’abandonne presque totalement le dessin. Actuellement, j’essaie de concilier les deux: je peins et j’ai un Corentin en chantier».

Intratteniamoci ancora su questo punto, lasciando in apnea (purtroppo) ancora un po’ la risposta a Daniele Marotta, che proprio ieri interveniva sull’annusa etichettatura “arte o non arte” da asseganre (o anche no) al Fumetto. Cuvelier sognava l’Arte che secondo lui, e secondo i venti dell’epoca, possedeva la “A” iniziale indubitabilmente maiuscola, vivendo il Fumetto come un ripiego, pur dignitoso.

Con e per Daniele Marotta parleremo di riviste, e cercheremo di delineare le ragioni della loro fine (benché qualcosa ogni tanto riemerga in edicola, come la recente esperienza horror di Paolo di Orazio pubblicata dalla romana Scuola Internazionale di Comics di Dino Caterini).

Ma le riviste da edicola, in Italia, affondano le loro radici proprio nelle antologie settimanali come il Corriere dei Ragazzi e il suo antecedente immediato Corriere dei Piccoli (in formato piccolo). Linee di connessioni fra un discorso e l’altro ve ne sono, eccome.

Attenzione, giovani lettori. Se non avete l’età della ragione non proseguite lo scrolling sotto, a meno che la vostra piccola mano sul mouse non sia accompagnata da quella di un genitore. Ragazzini avvisati, mezzo salvati!

Testa Cuvelier

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Fra le copertine di Tintin e i fumetti erotici di Cuvelier il passo è breve. L’approccio grafico è simile (cambiano solo i contenuti), gli anni di distanza fra un’esperienza e l’altra sono pochi. Epoxy esce nel 1967, pubblicata in volume da Éric Losfeld.

EPOXY

Ed ecco una “panoramica” orgiastica per le mitologiche avventure di Epoxy.

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Copertina

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Sotto, disegno di Cuvelier per una cover tarda del volume di Epoxy, con colori non autentici che a mio avviso sarebbero più adatti per una comic book della DC-Vertigo, ma tant’è…

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(Per inciso Epoxy by and (c) the estate of Paul Cuvelier, published Le Lombard)

Torniamo un attimo alla discussione impostata attraverso questi commenti al post su Paul Gillon.

a Cartoonist Globale sembra davvero assurdo che i lettori (e soprattutto i redattori, gli addetti ai lavori) della nouvelle vague francese, dagli anni Settanta in poi, snobbassero disegnatori “veristi” di taglio classico come Cuvelier e Gillon. Peraltro, come si è visto nella pratica, persone disponibili anche a disegnare storie tutt’altro che relegate entro i limiti del politicamente corretto imperanti negli anni Cinquanta e Sessanta, quando potevano offrire i risultati migliori.

In un commento a quel vecchio post su Gillon sostenevo che vi sia stato un momento, nella storia del Fumetto europeo (e non solo), durante il quale si è insinuato e ha preso corpo l’equivoco di valutare i fumetti in base a parametri sintetizzabili così: “disegnare classico è vecchio” e “disegnare strambo è moderno (e quindi okay)”.

La sto buttando là in modo superficiale, come superficiali e ideologizzate in modo stupido erano anche le valutazioni di quel periodo.
Spero che adesso questi paraocchi siano stati gettati in pattumiera, anche se non ne sarei del tutto certo.

Dosfemg

Ancora in quel commento ipotizzavo che, se negli anni Settanta fossi stato direttore di una rivista d’avanguardia (per così dire) di fumetto vicino ai metallari o agli amanti dell’underground, avrei arruolato Mario Uggeri o Erio Nicolò, offrendo loro carta bianca.

O meglio, una possibilità per farsi notare dalla critica dal naso arricciato, quella che snobbava gli Intrepidi e gli altri fumetti popolari osannando (i pur geniali) Crepax, Druillet, Siò, persino Beppe Madaudo e così via. E che al massimo tollerava, non amandoli, Jacovitti e Buzzelli.

E’ ormai domenica, i banbini sono sulla spiaggia, i minori sono in sala giochi a spappolarsi il cervello.
Alla chetichella, mentre i maggiorenni votano (speriamo in modo ponderato e lungimirante), infliamo mel post un po’ di bozzetti sexy. Non offenderanno alcun visitor, ritengo.

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Nymphette

Cuvelier - voorbereidende potloodtekening vrouw Epoxy

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Cuvelier - Les cuissardes (naakte vrouw met laarzen)

Il bozzetto a lapis e china qua sopra, in effetti, potrebbe essere apparentato con altrettanti bozzetti di Paul Gillon, egualmente accademici ma non freddi come potrebbero essere altri disegni fatti di corsa per onorare delle scadenze di consegna di un fumetto “popolre”, destinato a lettori disattenti che vanno poco per il sottile. Per una lettura da treno, insomma, o da toilette.

“Da stazione”, direbbero i francesi, con la loro locuzione dispregiativa che descriveva questa stampa a fumetti: “illustrées de gare”.

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Sopra, due delle illustrazioni del Portfolio che Cuvelier mostrò a Hergé nel 1945, e che valse la sua assunzione a Tintin.

Cuvelier - origineel Onder moeders paraplu

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Le ultime tre immagini non sono illustrazioni, ma è pittura. Sono dipimti erotici. Ma… c’è molta differenza fra un’arte e l’altra? Io non ne vedo, francamente.

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Cuvelier

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