LA CRISI DEI COMICS: MUORE LA UNITED MEDIA

Tarzan

Come cantava Bob Dylan, i tempi stanno cambiando.

Anche senza creare una rubrica vera e propria, un filo rossastro legherà vari post, che usciranno nelle settimane e nei mesi a venire, tutti legati a elementi di crisi, scricchiolamenti e svolte anche traumatiche nel nostro benamato medium.
Cominciamo da una notizia odierna, giunta dall’altro lato dell’oceano.

Il potente syndicate United Media, le cui radici datano un secolo o giù di lì, distributore di alcune fra le strisce più importanti della storia, fra le quali Peanuts, Garfield, Dilbert, Nancy (ne parlavamo pochi giorni fa), Pearls Before Swine, Frazz, Big Nate, Over the Hedge o Tarzan… ha tirato le cuoia.

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Nel sito ICV2 si fanno, con apprensione, le notazioni che sotto riporto. La tristezza si mesce alla desolazione, considerando anche che adesso sopravvivono negli Stati Uniti appena due syndicates: Universal e King Features.

It’s not that United Media ever failed to make a profit, it remained in the black to the very end, but the handwriting was on the wall last spring when Iconix acquired United Media Licensing, which handled the lucrative licensing of United Media properties such as Peanuts and Dilbert. As the Washington Post points out, United Media itself was born of consolidation some 33 years ago with the merger of the UFS and NEA syndicates.

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As United Media executive Lisa Klem Wilson told the Post: “Consolidation has been coming for a long time. The market can’t support as many syndicates as it used to. And now Universal is on the forefront of mobile delivery.”

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But will “mobile delivery” make up for the decline in newspaper circulation?
Will Webcomics eventually replace newspaper strips?
What does the future hold for the two remaining syndicates?

E chi lo sa?
Di fatto, la nostra amata carta ha subito una nuova ferita.

GARFIELD

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  • gcm |

    I quotidiani come mezzo di comunicazione é morto. Ma nemmeno gli altri stanno tanto bene.
    Se vuoi fare fumetti devi sapere che è un lavoro duro, pagato poco e male (a volta manco pagato) e con qualche soddisfazione. Lo era anche nei ’50 e nei ’60 quando le edicole era piene di pubblicazioni.
    L’amico Latella potrà confermare (o smentire) ma non credo che negli USA la situazione sia (e sia stata migliore). Nel passato c’era la “casta” dei fumettari da quotidiano e i paria dei comics books. A fronte di un Caniff o di un Raymond (175,000 dollari all’anno nel 1950 -ed eran parecchi soldi) molti vivacchiavano e spesso cambiavano mestiere. Comunque, sapendo che iniziare questa professione oggi si hanno due sole possibilità, farlo per soldi (difficile e duro) o per passione (duro e difficile).
    Quale media? La Graphic Novel oggi sarà di moda ma il denaro – se non vieni cercato appositamente perché sei famoso e piaci al pubblico – é un miraggio, la maggior parte paga a percentuale sul venduto e alla fine per 1000/2000 copie di vendita si racimola poco.
    Una buona strip che ha cadenza giornaliera + la domenicale fa portare a casa un piccolo salario fisso, poco ma sicuro (come dicevano i nostri nonni).
    Sarò l’ultimo dei romantici ma credo che se ami questo lavoro lo fai anche per poco, Hitchcock in una sua battuta che lo ha poi perseguitato per tutta la vita disse “gli attori non bestie”. Spiegando poi nella famosa conversazione che fece con François Truffaut spiegò che intendeva dire che se gli attori avessero avuto la sua stessa passione per il cinema avrebbero anche saltato un pasto per ripetere una scena fino a che questa fosse perfetta. Hitchcock è diventato Hitchcock gli attori di cui parlava (tutti quelli del periodo inglese, chi li ricorda?).
    La strip per quelli della nostra generazione è il “fumetto americano”. Intanto per poco che un quotidiano possa vendere, uno di provincia ad esempio, fa 25/30,000 copie. Con un comic book o graphic novel questi numeri non si raggiungono. I comics sono ancora la prima pagina che l’americano legge al mattino (e forse solo quella) e il “semino” del personaggio in testa glielo hai messo se poi sei bravo quanto Bill Watterson…
    Fossi in America (ragionando con il portafoglio) andrei in questa direzione. Anche con il cuore ma questa é un altra storia. Chi scrive ha pubblicato, con cadenza settimanale, una strip su un oscuro giornaletto della Virginia.
    Fortù tu stesso la mai sì tanto che ne disegni una
    http://shockdom.com/open/carl/

  • fortunato |

    Il problema è proprio il quotidiano come mezzo di comunicazione di massa.
    Certo i sopravvissuti vendono ancora bene, ma ieri c’erano parecchi giornali che vendevano bene per ogni grande centro urbano (con edizioni del mattino e della sera).
    Dei quotidiani che citi, se non ricordo male, i primi tre non hanno mai pubblicato fumetti e, come si vede bene, sono tutti di città diverse.
    La nascita del fumetto era conseguenza della concorrenza tra più quotidiani nella stessa area.
    Mi tocca citarmi dal mio blog:
    “Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, il giornale quotidiano era il principale mezzo di comunicazione di massa della società americana.
    Nei grandi centri urbani, si publicavano diversi quotidiani di gruppi editoriali concorrenti (pensiamo a New York, dove c’erano il World di Pulitzer contro il Journal di Hearst contro l’Herald Tribune di Gordon Bennett Jr. contro il News di Patterson, etc.).
    Era stata questa situazione di concorrenza a “creare” l’industria del Fumetto, linguaggio nato come evoluzione della vignetta umoristica (da cui il nome di “Comics”, ovvero di “Comiche”) per attirare acquirenti.
    E dopo aver acquisito lettori, il giornale aveva lanciato la striscia a puntate, perché il meccanismo del “continua…” fidelizzava questi lettori, spingendoli a comprare ogni giorno il quotidiano per seguire una vicenda infinita.
    E il linguaggio Fumetto si era evoluto ulteriormente, passando dalla breve battuta umoristica a complesse vicende avventurose (anche se non si scrollò di dosso il nome di “Comics”).”
    Per lo sproloquio completo qui:
    http://testanellenuvolette.blogspot.com/2010/12/dissertazione-logorroica-briglia.html

  • paolo |

    Suppongo che il webcomic richieda meno sforzo della strip su carta che va disegnata, inchiostrata, ecc. e richiede comunque un syndicate che la faccia pubblicare. Un webcomic puo’ essere invece pubblicato in rete dall’autore stesso.
    Suppongo inoltre che la graphic novel sia piu’ appagante: per prima cosa ha un bel nome (vuoi mettere con “fumetto” o “comic strip”?), non c’e’ la scadenza quotidiana e, invece che su una pagina di quotidiano destinata a finire nel cestino, finisce in un libro che verra’ venduto a 20-30 euro in una libreria.
    E’ forse anche per questi motivi che la comic strip e’ passata di moda?

  • gcm |

    E quella pagina è del 1989 (se vedo bene) oggi la situazione é anche peggiore, sia in dimensioni che qualità. Quello che mi chiedo da tempo, visto che la moria di strips – iniziando da quelle avventurose – non recente, le colpe (se si può parlare di colpe) di chi é? Dei giornali che non hanno interesse ali comics o degli autori che si dedicano ad altro, le graphic novels ad esempio.
    I quotidiani benché sempre in crisi vendono ancora (vedi sotto) questi sono i più grandi ma i piccoli sono in proporzione. La pubblicazione on-line non sembra aver sortito i risultati sperati quindi la stampa è ancora vincente. Potrei azzardare (salomonicamente) una colpa al 50%? I fumettari: non hanno più interesse economico nelle strips, ormai è stato scritto tutto, sono più scarsi di quelli delle generazioni precedenti? Ho le mie convinzioni ma lascio all’esperto Latella le prime dotte (e sagge) considerazioni. Nei giornali c’é gente che non ama i fumetti, non fanno vendere una copia in più, le strips costano troppo? Anni fa il giornale della mia città aveva una pagina settimanale sul fumetto, quando si dovette decidere di ridurre la foliazione tra la pagina comics e quella di caccia & pesca fu quest’ultima a vincere.
    I cinque più letti: Usa Today (2.113.725 copie vendute); Wall Street Journal (2.082.189 copie,), New York Times (1.039.031,); Los Angeles Times (723.181 copie,); Washington Post (665.383 copie).

  • Luca |

    Ottimo lavoro, Fortunato!
    Desolantemente chiaro, tristemente lampante!
    Alla prossima!
    L.

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