Uno dei temi che Cartoonist Globale vorrebbe trattare, con il solito modo “smozzicato”, “a tocchetti” che si addice a un blog, con i discorsi continuamente interrotti e raramente ripresi (ma non si può mai dire, in futuro, chissà…) è il rapporto tra i Comics e la Religione.
O almeno con la Religiosità, magari laica o supposta tale, che talvolta spunta a sorpresa (SPRING! POP!) nelle trame più insospettabili.
Come avveniva anche nel Cinema, e forse avviene ancora, non tanto nelle opere del prevedibile Ermanno Olmi (tanto di cappello!), ma anche, a sorpresa (per alcuni, non per me e per molti altri) in quelle del “divin poeta” Pier Paolo Pasolini.
Ben poche tracce di questo vibrante rintocco della fede, invece, trovo neli pur perfetti e leccatissimi, baroccamente ricchi lavori di Franco Zeffirelli, che di fede cattolica fa professione aperta.
Ma questo è un altro discorso.
Così, siamo felici che il solerte ufficio stampa del Giornalino (e Periodici San Paolo in generale) ci mette al corrente di una riflessione sulla “religione in Dylan Dog” (diciamola così, all’ingrosso): indagine servita di fresco, sull’ultimo numero del mensile Jesus. Riproduciamo le pagine su questo tema in toto, sotto.
Con possenti “gomitate” di mouse sui jpg si può leggere agevolmente il loro contenuto.
“A ben vedere, la chiave del suo successo è proprio la scelta di mettere in scena – fra mostri, zombie e fate morgane – l’autentico tabù della nostra società, l’ultimo rimastoci, la morte: l a sua auto, per dire, è un vecchio maggiolone decappottabile targato DYD 666, cifra della Bestia anticristiana nel linguaggio simbolico dell’Apocalisse”.
E’ una “lettura” trasversale di Dylan Dog, tra i più noti personaggi a fumetti della scuderia di Sergio Bonelli Editore, quella che il mensile Jesus pubblica nel numero di ottobre.
A raccontarla, Brunetto Salvarani, teologo laico e critico letterario, che celebra i venticinque anni del personaggio nato dalla fantasia di Tiziano Sclavi offrendo un approfondimento storico-letterario di ampio respiro. Per spiegarne il valore e la ragione di un successo editoriale senza soluzione di continuità. Partendo, dunque, dalla dichiarazione di Umberto Eco ” P osso leggere la Bibbia, Omero e Dylan Dog per giorni e giorni senza annoiarmi”, Salvarani analizza le tematiche che emergono da un excursus sugli albi (numeri speciali) più significativi dal 1986 a oggi.
Oltre a quello sulla morte, di cui la costellazione di zombie rappresenta un topos strutturale, il teologo rivela elementi di psicologia sociale ” il fumetto di Sclavi, nell’aiutare i ragazzi a morire simbolicamente, contribuisce a un’impresa che la società degli adulti riesce sempre meno realizzare: ne favorisce la crescita, il diventare a loro volta adulti”.
E ancora: ” la consuetudine al confronto con l’altro cui ci ha abituati la fantasia di Sclavi finisce per essere un prezioso antidoto contro qualsiasi tentazione razzista o chiusura xenofoba. L’altro – il mostro, il freak, l’emarginato, il capro espiatorio di turno – è il migliore dei maestri possibili, perché ci mette in discussione in modo radicale, facendoci toccare con mano i nostri limiti e la nostra finitezza”.
Senza escludere caratteristiche puramente stilistico-narrative ” è frequente la sovrapposizione tra la fabula e l’intreccio, l’uso del taglio cinematografico, del flashback e dell’anticipazione di eventi futuri e/o possibili, in una sorta di straniamento continuo dovuto a un sapiente mélange di cultura classica e pop, di contaminazioni fra elementi horror, realistici e ironici “, comunque funzionali ad una poetica che ragiona sull’uomo e sulla visione della vita: “perché il problema più drammatico che ci riguarda è che ben di rado riusciamo a convertire i nostri sguardi sul mondo, irrimediabilmente annegati come siamo in un grigiore piccino incapace di aprirsi al sogno, all’inedito, ai miracoli sottesi nel quotidiano…”
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