Chi a suo tempo ha letto il volume ormai storico I Disney Italiani, scritto con Leonardo Gori, Andrea Sani e Alberto Becattini alla fine degli anni Ottanta (del secolo scorso) ha ben presente la tavola sotto.
Nelle prime pagine di quel saggio, pubblicato da Granata Press, l’avevamo riprodotto.
Si tratta della storiella più conosciuta del breve ciclo che, secondo le nostre fonti, avrebbe debuttato nell’aprile del 1931 sul giornale Il popolo di Roma, costituendo una fra le prime vere e proprie storie italiane di Topolino.
Ne era autore il vulcanico umorista Guglielmo Guastaveglia, detto semplicemente Guasta, collaboratore del Corriere dei Piccoli, della Trincea, de Le Scimmie e lo Specchio, del Giornalino della Domenica, ma soprattutto direttore del foglio satirico Il Travaso delle idee, nella cui redazione, piuttosto strampalata, lo vediamo nella foto sotto, mentre brinda in pieno 1922 accanto a quel tipo con i baffoni che probabilmente era l’ideatore del motto del giornale, “Accidenti ai capezzatori!”: l'”anarchico dentro”, irriducibile bastiancontrario Tito Livio Cianchettini.
Oggi, il giovane collezionista e studioso di fumetti Massimo Bonura, già più volte ricordato in questo blog in quanto titolare di Disney’s Vintage (il suo personale blog di studio e ricerca), ha portato alla luce un gruppetto di altre tavole del Popolo di Roma.
Con Topolino c’è anche il Gatto Nip, un ribaldo prepotente visto con tutta probabilità nelle strisce originali americane e ancora non battezzato in questo modo dai traduttori di casa nostra: la controfigura per noi italici di Felix – Mio Mao, il personaggio di Pat Sullivan e Otto Messmer, e per gli americani di vari gatti neri dei cartoons precedenti all’introduzione del colore, come quello del fotogramma sotto, ubriacone come Nip, goloso del distillato di “nepeta cataria”.
La nepeta cataria (erba gatta) si distillava nella landa piuttosto desolata di Nip come la grappa ai tempi del Proibizionismo (e anche dopo).
Grazie a Massimo Bonura, mostriamo in anteprima “quasi” due vignette di una di queste tavole, dove vigevano, in linea con i parametri dell’epoca, delle didascalie in rima in sostituzione dei balloons.
La cosa andò avanti fino all’agosto di quello stesso 1931.
AFNews ha già dato notizia della scoperta. Molte notizie e qualche tavola tavola completa quasi sicuramente verrà inserita su uno dei prossimi numeri di Fumetto con un articolo dell’autore, e sicuramente anche su Notiziario Gaf.
L’umorista e autore di spettacolo Gianni Isidori (sua la copertina del Travaso sotto), così ricorda Guasta:
Era una persona eccezionale per vitalità e fantasia. (Per gli interessati, aggiungeremo che fu anche discriminato dal Fascismo.) Era sempre pronto a inventare cose nuove, a trovare nuovi spazi, nuove soluzioni. A questo punto va anche detto che la Satira del Travaso e del Candido teneva conto della sua destinazione borghese e popolare insieme e non cedeva mai alla volgarità; comportamento che oggi forse non è più ritenuto apprezzabile. Insomma questi due settimanali si potrebbero considerare una sorta di galateo critico della vita civile.
E ancora:
Come nasceva un numero del Travaso?
Una volta alla settimana Direttore e collaboratori si riunivano attorno ad un tavolo.
Ognuno dei partecipanti si presentava a questo conclave con un mazzetto di fogli sui quali era abbozzata una vignetta o una battuta ispirate agli avvenimenti del giorno. Era come una lotteria. Il Direttore raccoglieva il materiale, quindi ad alta voce leggeva i foglietti.
Se una idea divertiva, il Direttore la proclamava pubblicabile e la restituiva all’autore indicando il formato del disegno da realizzare, in bianco e nero o a colori. Conquistare una pagina a colori era una grande soddisfazione ed un vero impegno.