La questione è antica, è stata più volte dibattuta e ha suscitato un sacco di polemiche e di schieramenti a favore dell’una o dell’altra parte.
Anche in ambito italico, in questo periodo, si discute sulla questione e non soltanto riguardo al rapporto intercorrente fra sceneggiatori e disegnatori statunitensi. I “disegnatori di fumetti” (o alcuni di loro particolarmente creativi) hanno davvero ricevuto il pieno riconoscimento per il loro operato, sia dal punto di vista di “diritti morali” che da quello economico?
I dubbi fioccano. In questo post (e in altri, a ben perlustrare il blog) si commenta ciò.
Sull’annosa questione della diatriba sulla collaborazione fra Stan Lee e Jack Kirby oggi torna il critico James Romberger in qusto interessante saggetto: The Crisis of the Collaborative Cartoonist.
Se interessati, leggetelo per intero. I rapporti fa Stan e il Re sono solo un passaggio dell’analisi. Ve cito uno stralcio a mo’ di teaser.
Another version of the Bullpen was introduced with what became known as the “Marvel method” in the 1960s. Editor Stan Lee enlisted artists such as Jack Kirby, Steve Ditko and Gene Colan to draw their stories from brief plots outlined by Lee in a short note or phone call, or to invent the stories from whole cloth themselves and make notes that described the narrative and suggested dialogue in the page margins.
After the fact, Lee added captions and balloons based on those notes, in his words a job often “like filling in a crossword puzzle.” Lee was able to do this because on their own, these experienced storytelling artists could initiate and motivate characters, construct their environments and produce complete comic book page sets. For what often amounted to copy-writing, Lee claimed full writer credit and pay. In this arrangement, the pencillers were also uncredited plotters and co-writers.
Come didascalia per questa immagine e per quella sopra, Romberger scrive: “Jack Kirby writes continuity, which Stan Lee ignores, from the original art for Fantastic Four Annual #3, 1963.
In particular, Kirby was the single greatest driving force in the foundation of Marvel’s popular multimedia empire; his creative input on “The Fantastic Four” alone encompassed a multitude of imaginative characters and settings. To be fair, Lee helped make the books successful with his unifying voice; in the letters pages and in his “Bullpen Bulletins” he created an illusion of family that resonated with young readers.
He did plot and write some of the stories and he credited his artists (for their art) prominently. But Lee also failed to defend his collaborators’ interests to management. According to Kirby biographer Mark Evanier, promises were made to Kirby about royalties that were not kept and Kirby found no one to address his concerns to but Lee, who said, “I have nothing to do with that.”
Kirby subsequently left the company rather than be further exploited. Kirby’s children still struggle to gain any portion of the multibillions Marvel makes from the comics, films and merchandising derived from their father’s work.
Il resto potete seguirlo nell’articolo, dove si cita anche Alex Toth e la sua collaborazione a Torpedo (vignette in chiusura, con lettering a lapis). E dove non manca una serie di link referenziali particolarmente interessanti.
Il primo dei video sotto è di Tom Kraft, che ha composto un interessante slideshow realitivo a una mostra personale su Kirby tenutasi al Fumetto International Comix Festival, tenutosi a Lucerna (in Svizzera) lo scorso maggio.
Ci piacerebbe poterla vedere o ospitare anche nell’italico Stivale. E portarci stuoli di studenti e studiosi di comics: imparerebbero moltissimo, sia graficamente che narrativamente.
Seguono altri contributi video sul tema, sminuzzati sulla destra a causa della grafica mai troppo vituperata di queste pagine.
Ma è meglio lasciarli per intero che ridurli di dimensione: così. quel che si vede si vede un po’ più in grande, no?
TI FARANNO SBIGOTTIRE ANCHE QUESTI LINK:
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THE CRISIS OF THE COLLABORATIVE CARTOONIST, di James Romberger