GLI “STATI GENERALI” secondo Fabio Lai – ANDATEVENE!

Prosegue la serie di interventi (riflessioni, critiche, proposte) sulla Tavola Rotonda autunnale da tenersi presso il MUF di Lucca. Dopo Gianfranco Goria e Alessandro Bottero, sottopongo ai lettori di Nòva (soprattutto agli autori, editori e operatori del Fumetto che seguono il blog) il punto della situazione secondo Fabio Lai, autore umoristico italiano attivo (guarda caso) sul mercato francese (Vents D’Ouest, Delcourt, Soleil e Jungle).

Fabio ha già espresso queste valutazioni su Kinart e sul suo blog Comicaos, dal quale traggo anche un po’ d’immagini.

A Fabio la parola.

RitornoParigi

Da quando si è diffusa la notizia dell’incontro degli autori in quel di Lucca le reazioni sono state piuttosto omogenee:

– da una parte un certo numero di autori si lamenta e chiede pagamenti decenti
– dall’altra parte un certo numero di piccoli editori si lamenta delle critiche a loro rivolte e dice di star conducendo il proprio lavoro in maniera più o meno ineccepibile.

Credo che, in fin dei conti, la diatriba ‘autori vs piccoli editori’ lasci davvero il tempo che trovi, il problema non è il tipo di trattamento offerto dai piccoli, quanto piuttosto il fatto che sia diventato quasi impossibile, in Italia, rivolgersi ad un editore che non sia un piccolo.

Dal mio punto di vista, da autore, gran parte del mondo fumettistico italiano lo vedo come rovine fumanti regolarmente bombardate da canadair colmi di merda. La situazione è tragica, sempre meno lettori, bassissime tirature, pagamenti indecenti o inesistenti. I piccoli editori costituiscono ormai la maggior parte di questo panorama ma, a sentire chi di loro si pronuncia sulla questione, non si riconoscono alcuna responsabilità per la situazione attuale. Va be’, diciamo che non è importante capire e distribuire le colpe, o almeno non è centrale per il mio discorso; diciamo che è tutta colpa del mercato, della crisi, di una maledizione vudù, di un complotto dei servizi segreti americani volto a indebolire lo scacchiere mediterraneo del fumetto, onde favorire la penetrazione del comic d’oltreoceano. Ha poca importanza, prendiamo come dato di fatto che:

– la maggior parte degli editori italiani non è in grado di corrispondere una cifra onesta ai propri autori e nemmeno di diffondere degnamente il loro lavoro.

Sketchosity_14

Prendiamo il caso di un giovane autore intenzionato a far diventare la propria passione nello sceneggiare o nel disegnare un lavoro in ambito fumettistico, vuole che la sua arte sia riconosciuta, apprezzata, giustamente retribuita e valorizzata (e a lui è rivolto questo mio intervento, tutti quelli che fanno fumetto giusto per avere un albo da mostrare a mamma o per andare per forum a dire “sono un autore” possono tornare a Farmville, che poi non so cosa cazzo sia).

Farà le sue prime esperienze come tutti, presso la KittysinKula Comics, piccolo editore, pagato poco o niente, ma in fin dei conti vive ancora con mamma e papà e se lo può permettere. Farà un albo, due, poi probabilmente arriverà quella cosa chiamata vita a dirgli che dovrebbe fare un salto di qualità, dovrebbe cominciare a guadagnare cifre perlomeno decenti, collaborare con un editore migliore.

Ecco, oggi in Italia quasi nessuno può soddisfare queste sue basilari, legittime (se ci sono le capacità, ovvio) aspirazioni.

In Italia adesso, in campo fumettistico, rimangono pochissimi editori in grado di pagare un autore quanto merita: Bonelli, Astorina, Edizioni Paoline e poco altro (non me ne voglia chi ho dimenticato) perfino Disney sta attraversando un periodo atroce, ha mandato a casa molti collaboratori e le paghe si sono ridimensionate, insomma, quella porta per il momento è chiusa (il fatto che Disney, da molti, venga ancora indicato come un datore di lavoro al momento papabile mi mette una certa inquietudine e mi fa domandare la reale conoscenza della situazione da parte di queste persone).

È ovvio che questi pochi nomi non possono assorbire l’enorme offerta di autori, o aspiranti tali, che il nostro paese produce. Così come è ovvio che non tutti i futuri fumettisti italiani hanno uno stile adatto a questi editori, basta guardare questo forum per rendersi conto che la maggior parte degli aspiranti fumettisto italiani ha ben altre aspirazioni.

Quindi, questi autori che fanno? Mica possono continuare anni e anni a lavorare per quella grossa parte dell’editoria che paga dieci euro (sono ottimista) a tavola, dovranno pur campare; nella realtà che conosco io se uno a, che so, 25 anni ancora non riesce a racimolare un salario perlomeno pari al minimo sindacale di un bracciante agricolo rischia di fare un’esistenza veramente problematica.

Moto_03

Un consiglio dato di tutto cuore: andatevene.

Lo so, è triste, tutti vorremmo che qui in Italia le cose fossero diverse (oddio, tutti tutti no, forse a qualcuno sta bene così) ma bisogna fare i conti con la realtà prima o poi.

Esempio: pensate che gli Stati Uniti siano il vostro mercato di riferimento? Prendete contatto con qualche piccolo editore americano, fatela lì ‘sta benedetta gavetta. Se riuscirete a crescere come autori un giorno avrete del materiale già edito, con tutti i crismi della pubblicazione d’oltreoceano da mostrare alle grandi americane, e sperare così di entrare nelle loro fila.

Nel frattempo vi sarete già confrontati con la mentalità e i ritmi del mercato locale e, se siete stati fortunati, magari avrete racimolato qualche soldo in più di quanto avreste fatto a casa vostra. Pensate di essere già pronti per le grandi?

Bussate subito alla loro porta, non domani, adesso.

Idem per la Francia, lì piccoli editori come Carabas o Claire De Lune (i primi due che mi vengono in mente) pagano almeno 100€ per una tavola in b/n e basta dare un occhio al loro catalogo per capire che non è richiesta una qualità stratosferica. Certo, mica è il paradiso, anche lì rischiate di incontrare cialtroni, editori improvvisati, è la vita; ma se lì è un rischio, qui è quasi una certezza, e inoltre lì c’è la possibilità, se ci si sa fare, di costruirsi una carriera di tutto rispetto.

Sono convinto che lavorare unicamente in questo piccolo mondo dell’editoria italiana alla lunga non aiuti a crescere, ed è un discorso che va ben aldilà dei pessimi pagamenti o del fatto di venir seguiti da sedicenti editor di dubbie capacità. Innanzitutto questo sistema non premia la qualità, c’è un fattore nella selezione degli autori che pesa più di altro: la disponibilità a lavorare per condizioni miserevoli. Questo fa sì che gli artisti più dotati, o più sicuri del fatto proprio, semplicemente se ne vadano là dove le condizioni di lavoro sono migliori.

Anche se trovate in maniera continuativa “lavoro” per micro-editori italiani non è detto che così sia perché siete abbastanza bravi, quanto piuttosto perché siete abbastanza disperati. Così è difficile poter misurare le proprie chance di poter, un giorno, fare il fumettista di mestiere.

Spesso un piccolo editore italiano può assicurarvi una tiratura del vostro albo in cinquecento/mille copie; da un punto di vista editoriale mille copie sono una goccia nel mare, un nulla. Anche vendendole tutte non avreste mai la certezza che il vostro lavoro sia veramente apprezzato dal pubblico, che il vostro stile possa permettervi tirature e vendite maggiori, e anche se avete questo dubbio, non sarà certo qui che ne avrete conferma.

Blog_Zombibar

Ovviamente la mia è solo un’opinione avvalorata dalla mia storia personale. Conosco diverse persone che continuano a rimbalzare da un piccolo editore italiano ad un altro, nel mezzo ci ho visto di tutto, ovviamente i più fortunati sono quelli con una situazione familiare molto solida alle spalle, alcuni vivono miseramente, ai limiti dell’indigenza, incapaci di costruirsi una vita, farsi una pensione, tirar su dei figli, altri continuano a vivere in questo stato perché, sfiduciati dei propri mezzi, non provano nemmeno a fare quel salto di qualità, altri ancora quel salto, è evidente, non lo faranno mai, ma continuare a pubblicare per la KittysinKula Comics fa loro sperare che un giorno…

Alcuni a trent’anni suonati ancora vivono coi genitori perché altrimenti non avrebbero di che camparsi, nonostante lavorino da anni come fumettisti in Italia, altri provano a farsi una vita, ma dopo poco sono costretti a tornare da mammà perché non sanno come pagare l’affitto. Tutto ciò è molto triste.

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Il seguito (e gli eventuali commenti a seguire), nel blog di Fabio!

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LINK CORRELATI:

LA TAVOLA ROTONDA SUGLI AUTORI DI FUMETTI IN ITALIA… AL MUF DI LUCCA

GLI “STATI GENERALI” secondo Gianfranco Goria – LA COSCIENZA COLLETTIVA

GLI “STATI GENERALI” secondo Alessandro Bottero – SERVE UN CONVEGNO!

UNA FIRMA PER IL FUMETTO – IL PUNTO DELLA SITUAZIONE, di Ivo Milazzo

OSSERVAZIONI SUL DIRITTO D’AUTORE NEL FUMETTO, di Carlo Chendi

IL FUMETTO IN ITALIA: TUTELE E PROSPETTIVE, di Raffaella Pellegrino

  • Moerandia |

    Quote
    ho qualche perplessità su un nuovo “fumetti in TV”, oggi le televisioni ti calcolano solo se con il numero zero gli porti anche le sponsorizzazioni.
    Chiaramente non dovrebbe trattarsi necessariamente di pubblicità correlate ma nemmeno fuori target.
    Insomma, la vedo difficile.
    Endquote
    In effetti al giorno d’oggi tutto ha la strada sbarrata, comunque avevo citato Guido De Maria che tra le altre cose si occupa di pubblicità da sempre, e che saprebbe delineare meglio i contorni di un simile progetto …
    Quote
    Per l’esperienza formativa dei giovani autori la vedo sempre più difficile; una volta il mercato offriva delle opportunità per farsi le ossa e sperimentare ambientazioni e stili diversi.
    Rinchiudersi in casa a produrre il proprio graphic novel rischia di limitare la sperimentazione alle ambientazioni ed alle atmosfere che riescono meglio, quello che per gli scrittori si dice “girare intorno al proprio ombelico”.
    Affrontare una sceneggiatura scritta da altri è sicuramente più formativo (geni esclusi).
    Endquote
    Anche qui, quello che si trova in giro è poco o niente; quando si resta in casa a scrivere GN o strisce o farse è perchè non c’è altro da fare, piace inventare qualcosa ma rimane una cosa personale, un “aspiranti e basta”, non esiste proprio un ambiente di riferimento, se si esce di casa si incappa in discorsi del tipo “Nella tal città c’è un altro che si interessa di fumetti” “E che fumetti fa?” “No, non li fa, li legge”.
    Saluti 🙂
    G.Moeri

  • Claudia Chec |

    Premessa: tutte le volte che rileggo i miei messaggi mi pare di essere stata un po’ troppo diretta, le cose che scrivo le penso e sono pronta a sostenerle tutte ma alle volte manco un pelino di diplomazia, quindi mi scuso se qualcuno le trova troppo dure e mi scuso con la lingua italiana che offendo diverse volte in ogni post.
    Giuliano: Sì, poi non penso che siamo una “classe” magari è più una coscienza di categoria o un ancora più calzante spirito di categoria. Comunque a questa questione del termine errato do poco peso, era più una curiosità dato che mi aveva strappato un sorriso ricordandomi delle tante volte in cui con amici autori nominiamo la coscienza collettiva. In pratica hai presente tutte quelle volte in cui ti viene un idea magnifica per un fumetto e dopo poco vedi la stessa cosa fatta da un altro senza che esista la ben che minima possibilità di copia? Ecco in quei casi noi diciamo sempre: “Maledetta coscienza collettiva!” 😀
    Absol: Forse non mi sono spiegata bene io parlo del dossier che si presenta a un editore. Nel blog Shaolin cartoonists (http://shaolincartoonists.blogspot.com/) io e Fabio (Lai) abbiamo intervistato diversi editor e tutti chiedono un quantitativo di materiale di questo tipo. Questo serve a loro per capire se sono interessati. Più che altro serve all’autore per capire se c’è da correggere un po’ la rotta, se hai fatto tutte e 44 le pagine per un editore diventa forse anche più problematico adeguarlo alle sue esigenze. Poi ovviamente possono esserci dei passaggi e delle correzioni tra la presentazione e la firma del contratto però in base alla mia esperienza e da quello che mi dicono gli editor sconsiglierei dossier troppo voluminosi, indispongano solo chi li deve esaminare e possono essere un investimento eccessivo per gli autori. Io propenderei per diversificare gli obiettivi e magari iniziare più progetti, poi ovviamente non voglio criticare le scelte di nessuno. Un altro discorso viene poi per chi collabora in un progetto o per chi ha già lavorato nella stessa casa editrice, per questi la strada è ancora più facile.

  • Absol |

    @ Claudia Chec
    Editori francesi e americani con cui si collabora dopo aver inviato qualche tavola disegnata e qualche pagina di sceneggiatura?
    Penso non avrai nessun problema a nominarli, perchè a me non risulta proprio.
    Detto senza nessuna ironia, naturalmente, ma con “legittima” curiosità:

  • Giuliano |

    diciamo più che altro che non è il periodo delle rivendicazioni corporative; con questi chiari di luna proprio non mi riesce di vedere un editore come uno sfruttatore del lavoro altrui…

  • Claudia Chec |

    Sì, forse coscienza di classe richiama cose vecchie e lotte che appartengono prevalentemente ad un’area politica tutte cose delle quali in molti si vergognano, soprattutto certi dei protagonisti di quelle lotte :). ( Come siamo messi male…)

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