11 ANNI DI GOOGLE E L’ITALIA VISTA DALLA PRINCETON UNIVERSITY

11th_birthday

Oggi ne compie undici, auguri Google!
Chi lo usa distrattaente forse non se n’è accorto, ma oggi il più rinomato motore di ricerca ha inserito un “errore apparente” nella sua testata, raddoppiando la “l”, in modo che entrambe, vicine, alludano a “11”.

Tramite la rete, proprio per l’undicesimo compleanno di Google, ricevo dalla Princeton University una riflessione sul nostro Paese, redatta pochi giorni fa da Maurizio Viroli (suo è il ©), con il titolo La libertà dei servi. Grazie.
Il compleanno di Google e il contenuto della riflessione filosofica non c’entrano nulla fra loro, ma a unirli è questa grande rete che lancia anche messaggi, oltre che fili di bava alla maniera degli aracnidi, nell’universo mondo.

Barney Google

Di sicuro può essere oggetto di riflessione e di commento (e forse anche di rodimento per chi vede le cose in tutt’altra maniera). Una “prova cucchiaino” fatta da chi sta lontano dalla Penisola ma, traspare dalle sue parole, sotto sotto l’amerebbe. Se soltanto non…

L’Italia è un paese con libere istituzioni ma gli Italiani sono servi.
Ha libere istituzioni perché le regole democratiche e le libertà civili sono, con poche eccezioni, rispettate.
Gli italiani non sono liberi perché mancano, in generale, delle fondamentali qualità proprie di liberi cittadini: il rispetto delle leggi e della Costituzione, la volontà e la capacità di assolvere i doveri civici.
Il vero segno distintivo del potere è oggi mostrare disprezzo per le responsabilità e per le norme. L’Italia appare, a chi la guarda dall’esterno, una grande corte, con un nuovo tipo di principe al centro.

Nei secoli gli italiani hanno creato forme di governo e modi di agire politico che non avevano precedenti. Gli esempi più chiari sono le libere repubbliche della prima età moderna e il fascismo.

Le prime furono esempi di libertà, con tutti i loro limiti; il secondo un esempio di dominio totalitario, ma le une e l’altro furono creazioni originali.
L’Italia dei nostri tempi è un’altra creazione politica originale.
Nella storia ci sono stati e ci sono molti casi di cattivo governo, nel senso di governanti che fanno il proprio interesse anziché curare il bene comune e violano i fondamentali diritti di libertà dei cittadini.

Ci sono stati e ci sono anche casi di istituzioni oppressive e di popoli liberi, ovvero popoli oppressi da governi corrotti che hanno invece conservato lo spirito libero.
L’esempio che non si era ancora visto è quello di un popolo non libero con libere istituzioni: un paese democratico dove i cittadini sono diventati, con eccezioni, s’intende, una moltitudine di cortigiani anche se i governanti non hanno fatto nulla per violare le regole democratiche e i diritti civili.
Come si può capire tutto questo?

Per quanto possa sembrare strano, visto che il creatore del nuovo sistema politico italiano si proclama alfiere della libertà, il problema italiano è un problema di libertà, l’Italia non è un paese libero.

Per capire quest’affermazione bisogna intendere bene che cosa vuol dire libertà politica. La concezione prevalente, quella propugnata e diffusa dai governanti, afferma che noi siamo liberi nella misura che non siamo oppressi, ovvero fin quando nessuno ci impedisce di fare quello che vogliamo e possiamo fare, e nessuno ci impedisce di esercitare i nostri fondamentali diritti. La mancanza di libertà, sempre nella concezione oggi dominante, è la conseguenza di azioni, di quello che fa o non fa chi governa e in generale chi ha potere.

A proposito di questa concezione della libertà è bene sapere che il primo pensatore politico che l’ha teorizzata era Thomas Hobbes, un sostenitore della monarchia assoluta che non accettava neppure la distinzione fra monarchia e tirannide. Ed è bene soprattutto sapere che il capitolo della sua opera Leviatano in cui la spiega si intitola La libertà dei sudditi.
Non dovrebbe fare riflettere il fatto che l’idea di libertà che oggi domina in Italia è la libertà dei sudditi, non quella dei cittadini?

Qual è invece la libertà dei cittadini?

La risposta è facile visto che gli scrittori politici repubblicani che amavano la libertà hanno nei secoli ripetuto sempre il medesimo concetto: essere liberi non vuol dire avere un buon padrone; essere liberi vuol dire non avere un padrone.

Vuol dire non essere dominati da nessun uomo o da nessun gruppo di uomini, cioè vuol dire non essere sottoposti ad alcun potere arbitrario o enorme che può fare quello che vuole: violare le leggi o fare leggi per i propri comodi. Anche se il potere arbitrario o enorme di un uomo si è affermato con mezzi democratici, la semplice esistenza di tale potere rende non liberi, ma servi.

Esiste in Italia un potere enorme che ha prodotto gli effetti tipici di un sistema di dominio?

Barney Mentre sarebbe sbagliato sostenere che esiste in Italia un potere capace di controllare interamente lo Stato e la vita degli Italiani, si può invece affermare che esiste un potere enorme, di grandezza ed estensione sconosciute in qualsiasi altro stato liberale o democratico del passato o del nostro tempo, e che l’esistenza di tale potere ha già creato un popolo servo che si crede libero, un popolo che ha appunto la libertà dei servi.

Il capo del governo detiene un patrimonio personale che nessun altro leader di paesi democratici ha mai neppure sognato di possedere; controlla direttamente o indirettamente un impero mediatico, fatto anche questo che non ha precedenti storici; ha ai suoi ordini un partito, che egli stesso ha creato come ramificazione delle sue imprese, composto di uomini e donne che dipendono da lui per il loro status, i loro privilegi e la loro ricchezza (o parte della loro ricchezza).

La semplice presenza di un simile potere distrugge la libertà dei cittadini.
Li trasforma in persone con la mentalità servile e in cortigiani: cieca devozione agli uomini potenti, disponibilità alla menzogna, ossessione per le apparenze esteriori, simulazione, atteggiamenti buffoneschi, mancanza di rettitudine e di coraggio, acquiescenza, docilità, attitudine all’inganno e arroganza, quest’ultima particolarmente visibile nella classe politica ma anche nella vita ordinaria.

A questi caratteri propri di una società dominata da un potere enorme si aggiunge un altro tipico segno della società di corte, ovvero la presenza a palazzo delle cortigiane per soddisfare le brame del principe e perfino per servire in politici maneggi.

Il potere del denaro di comprare “amici”, il potere dei media di persuadere, e perfino il discusso carisma del capo del governo non spiegano tuttavia la nascita del sistema di potere.
Bisogna tenere presente la secolare propensità degli italiani ad essere servi felici e cortigiani.

BarneyGoogle

Già i Medici, nel XVI secolo, sapevano che gli italiani erano lieti di vivere alle dipendenze di un principe.

Arlecchino, la tipica maschera nazionale, è servo, ma è felice, e riesce, con l’astuzia, a fare più o meno quel che vuole.
Per questa ragione i nostri migliori pensatori politici hanno sempre sottolineato che il problema della libertà in Italia è sempre stato un problema in primo luogo morale.

Carlo Rosselli, in Socialismo liberale scriveva che problema italiano è ancora oggi [1928] il medesimo, vale a dire un problema di libertà, ma problema di libertà “nel suo significato integrale”, cioè “di autonomia spirituale, di emancipazione della coscienza”.

E aggiungeva che è ”triste cosa a dirsi, ma non per questo meno vera, che in Italia l’educazione dell’uomo, la formazione della cellula morale base – l’individuo -, è ancora in gran parte da fare.
Difetta nei più, per miseria, indifferenza, secolare rinuncia, il senso geloso e profondo dell’autonomia e della responsabilità. Un servaggio di secoli fa sí che l’italiano medio oscilli oggi ancora tra l’abito servile e la rivolta anarchica. Il concetto della vita come lotta e missione, la nozione della libertà come dovere morale, la consapevolezza dei limiti propri ed altrui, difettano”.

E invece l’Italia è forse il solo paese democratico in cui chiunque abbia l’ardire di parlare di integrità e di rettitudine viene bollato come un moralista e ridicolizzato, forse proprio perché solo i moralisti hanno capito davvero la natura del dominio che crea servi contenti.

Già che siamo in tema, sotto l’immagine simbolo per manifestazione sulla libertà di stampa (o meglio, di espressione) del prossimo 3 ottobre. Le iniziative in merito fioccano in tutt’Italia. Sostegno alla manifestazione è arrivato anche dal CINI, il Coordinamento Italiano Network Internzionali, di cui fanno parte ActionAid, l’Armef, Save The Children, Terres Des Hommes, Vis, il WWF e World Vision.
Ne riparleremo.
Il personaggio di Barney Google è di Billy DeBeck. © K.F.S.

W FNSIV

  • Eleuterio |

    Oggi, nel blog Genius Loci, viene riportato questo:
    http://mazzapegolo.blogspot.com/2010/07/la-liberta-dei-servi.html
    E’ il quattro luglio, giorno della tragica scomparsa di una persona cara, che non vedo da tanti anni che non vedrò più.
    Né mi vedrà, non vedrà più la mia città, non scenderà più nello stanzino dei suoi amati attrezzi, non andrà in bicicletta… Non vedrà le piazze affollate la sera.

  • Fleres (della Legge) |

    Soeriamo che stasera a Ballarò parlino del nuovo modo di derubarci.
    Derubarci come?
    Con lo scudo fiscale, regalo alla criminalità che goà ci ha derubato.
    SPERO vivamente che Napolitano non firmi.
    ROMA – Sono 99 gli emendamenti al decreto legge correttivo al pacchetto di misure anti-crisi, che contiene le misure sullo scudo fiscale, presentati per l’esame dell’Aula della Camera.
    Secondo il calendario si dovrebbe iniziare a votare da domani, ma è molto probabile che il governo decida di porre la questione di fiducia sul testo. Il provvedimento scade il 3 ottobre.
    Intanto è ancora polemica sulle misure predisposte dal governo “per l’emersione delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero da soggetti residenti in Italia”. Il leader dell’Idv Antonio Di Pietro definisce il provvedimento “una norma criminale voluta per fare gli interessi dei criminali” con cui in Parlamento si fa “riciclaggio di Stato”.
    Analoghe le critiche del Pd: ”Lo scudo fiscale è un’amnistia mascherata che premia furboni e furbetti. Dimostra, ancora una volta, quanto questo governo ha a cuore gli interessi degli evasori”, ha affermato Donatella Ferranti, capogruppo Pd in Commissione giustizia alla Camera, intervenendo alla discussione generale in Aula sulla sanatoria per i capitali detenuti all’estero.
    Tanto che i deputati del Pd hanno presentato una pregiudiziale di costituzionalità al decreto legge, primo firmatario il presidente Antonello Soro: “Il decreto prevedeva, – si legge in una nota del gruppo – secondo le iniziali intenzioni esposte dal governo, una serie limitata e puntuale di interventi correttivi del decreto-legge dello scorso luglio, ma l’introduzione dello scudo fiscale, teso a favorire il rientro di capitali dall’estero, è stato strumentalmente trasformato in mezzo per realizzare un vero e proprio condono tributario e un’amnistia mascherata”.

  • Johnny Mastercard |

    Ma, a parte tutto, qualcuno sa se il nome “Google” è stato scelto proprio in omaggio a “Barney Google”?

  • Gennaro Gennargentu |

    Libero scrive che “cresce la protesta dei lettori che non vogliono pagare l’abbonamento” e dà le istruzioni per disdire il canone.
    Il Giornale titola “Non paghiamo più la tassa Santoro”: “Le porcherie di Annozero – si legge – sono la goccia che fa traboccare il vaso: Travaglio e compagni vadano pure in onda, ma non sovvenzionati con i nostri soldi”.
    Davvero singolare questa sintonia di vedute, da parte di due giornali dei quali il proprietario è il premier, proprietario anche dell’azienda televisiva concorrenziale alla Rai.
    I suoi interessi (come sempre) in tutto e per tutto contro i cittadini italiani, sudditi come dice il correttissimo articolo riportato. Perfino illuminante, per chi non vuol stare al buio.
    Franceschini, intervistato da SkyTg24, asserisce la decisione di aprire questa campagna contro la Rai è stata presa direttamente dal premier (“perché quelli che gli stanno incontro non hanno margini di manovra”).
    Ha visto giusto.
    “L’idea del presidente del Consiglio è: siccome ho vinto le elezioni non è che devo governare per 5 anni, ma sono padrone dello Stato. E siccome sono il padrone, mi dà fastidio la stampa libera, i magistrati, il Parlamento e gli organi di garanzia”.
    Perfetto,
    Qusto è ciò che ha in testa il premier, in attesa di sentenze che lo riguardano.
    Quanto alla campagna contro il canone Rai, (che trova appoggi sia dalla destra di Storace sia da Di Pietro), il segretario del Pd replica: “Non hanno la minima idea di cosa sia il servizio pubblico, il prossimo passo è che diranno di non pagare le tasse se vince il centrosinistra. Direi che anche questo è un’altra parte della battaglia di intimidazione”.
    Speriamo che il 3 ottobre aderisca anche lui alla manifestazione contro il neofascismo mediatico di Berlu, Bonaiu, Maro, Felt, Belpie, lo sputazzatore, il Piccolo Bluff (sembra il titolo di un fumetto) e tanti altri.

  • Satrapo |

    Elisabetta Ambrosi intervista in merito Barbara Spinelli, scrittrice e autorevole voce del giornalismo italiano.
    Dice:
    «Più che di disincanto, parlerei di incantamento, di narcosi. E dalle bolle dell’ultimo ventennio – non solo finanziarie ma soprattutto mentali, compresa quella di Berlusconi e della politica spettacolo – solo il disincanto ci salverà, solo se la bolla scoppia apriremo gli occhi a quel che succede. La fedeltà alla Costituzione non produce incanto. È qualcosa di asciutto, di secco, ed è anche una passione, che tanti servitori dello Stato hanno pagato con la vita».
    .
    Come usciamo, allora, dal sortilegio in cui siamo caduti?
    .
    «Ricordando Montesquieu: il potere necessariamente tende a dilatarsi abusivamente e per questo sono necessari contropoteri forti, autonomi, che lo frenino. Tende a dilatarsi abusivamente anche il potere della maggioranza e dell’opinione pubblica maggioritaria, che pure fondano la democrazia. Quando Berlusconi denuncia i poteri forti, denuncia in realtà la forza dei contropoteri».
    «La stampa oggi è in pericolo non solo a causa di Berlusconi; è in pericolo se non fa il suo mestiere, se vive nel sentimento del pericolo. Spesso si ha l’impressione che i giornali italiani si censurino in anticipo, temendo chissà quali ritorsioni. I tedeschi chiamano questo atteggiamento, fortissimo durante il periodo nazista, vorauseilende Gehorsamkeit: l’obbedienza che corre con la fretta di arrivare prima ancora che giunga l’ordine. I giornali tuttavia sono in pericolo comunque, con o senza Berlusconi: ovunque siamo in crisi e perdiamo lettori perché non sappiamo più dare un’informazione diversa qualitativamente da internet e televisione. Non opponendoci ci rendiamo non solo vulnerabili, ma alla lunga anche poco credibili verso i lettori»

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