IN ATTESA DEL NUOVO BATMAN (il 23 luglio nelle sale italiane)…

…Ecco un trailer! Cha fa riferimento alla storica sigla qua sotto…

Anche questo, non era affatto male, no?

Per arrotondare, non guasta un po’ di bat-pubblicità…
Questa della batmobile giocattolo mi sembra degna di nota.
La qualità dei filmati è scarsa, ma vale la pena “registrarli” comunque!

E adesso… Vabbe’, capitolare necesse est. Ecco un vero trailer.

Il © di Batman (o Bat-Man) è Time/Warner

  • Veu |

    Batman, Batman, Batmaaaaaaaaaaaaaaaan, Batman!
    Troppo bello quel telefilm!!!! Chissà se mai uscirà in dvd in Italia!!!! Quanti ricordi!!!!

  • Moerandia |

    Bei ricordi; il vecchio telefilm “camp” di Batman era uno spasso, specie quando Batman e Robin, salendo un muro, si mettevano a dialogare con qualcuno affacciato ad una finestra; ricordo che in un episodio Batman per poco non dovette sposare una supercriminale. Il fumetto moderno (niente a che vedere) invece ho smesso di leggerlo dopo 3 numeri di “Batman Magazine” (Play).
    Notavo che nella bellissima sigla anni ’60 evitano, quando gli avversari volano pesti in aria, di far vedere Catwoman.
    Saluti.
    G.Moeri

  • Estrazioni del Lotto |

    SALVATORE ALOÏSE è il corrispondente della tv franco-tedesca Arte. Collabora con il quotidiano “Le Monde”, e si interroga sulla desolazione italian, così:
    “Oh no, not again!”. “Oh no, di nuovo!”, scrive il Financial Times commentando il ritorno delle leggi ad personam in Italia. Condivido a pieno l’umore del giornale britannico.
    Possibile che ci si debba tornare a occupare delle grandi manovre per sbarrare la strada ai “giudici rossi” e al loro minaccioso disegno di “rovesciare il governo per via giudiziaria”? Possibile che si debba restare inchiodati sull’ossessione giudiziaria del Cavaliere, come la definiscono molti osservatori?
    Ero tra quelli che, nel novembre 1993, hanno assistito alla famosa conferenza stampa di Silvio Berlusconi, nella sede della Stampa estera a Roma. Dopo aver detto che, da cittadino romano, avrebbe scelto Gianfranco Fini nel ballottaggio con Francesco Rutelli per il comune, si accalorò a spiegare che i comunisti avrebbero cancellato la democrazia dall’Italia, con la complicità dei giudici rossi.
    Nell’intervento davanti alla Confesercenti ha usato la stessa enfasi, gli stessi gesti e identico livore. Il Berlusconi di allora è simile al capo del governo di oggi, che attacca un’opposizione legata ancora a vecchi schemi “giustizialisti”. Peccato che siano passati quindici anni. In politica equivalgono a un’eternità. Allora Bill Clinton stava per completare il suo primo anno alla Casa Bianca.
    L’Unione Sovietica era finita da poco e in Russia Putin era ancora il vicesindaco di San Pietroburgo. Tony Blair era un giovane deputato laburista rampante. Per non parlare del resto. Internet era agli albori, le videocassette erano in splendida forma e i telefoni cellulari erano aggeggi pesanti e molto esclusivi.
    Possibile che tutto sia cambiato e che solo in Italia tutto sia rimasto fermo? Possibile che il dibattito politico debba concentrarsi su come ottenere l’immunità del premier, mentre il problema vero della giustizia italiana sta proprio nei tempi biblici delle sue sentenze?
    Possibile che la congiuntura sfavorevole dell’economia, il prezzo del petrolio, l’arrancare delle famiglie per arrivare a fine mese, la perdita di competitività delle industrie e l’arretratezza della scuola, debbano lasciare il passo a problemi prioritari per una sola persona e non per l’intero paese?
    Il resto, qui:
    http://www.internazionale.it/home/primopiano.php?id=19797

  • Gotham-Fannullonia |

    Gotham City ha o non ha i problemi che ha l’Italia?
    E’ chiamata anch’essa “Fannullonia” da un suo piccolo ministrino (anche più del premier, certo non è colpa loro, ma che rimettano a posto tutto questi due mi fa ridere, Brunetta sembra il partner di Batman nel promo di Cartoon Network)?
    Mi permetto di rendere pubblica la lettera al ministrino di una impiegata dell’INPDAP, che denuncia anche la situazione di molti suoi colleghi definiti anch’essi “fannulloni”.
    Gentile Ministro,
    perdoni se ho l’ardire di rivolgermi a Lei in questo momento così impegnativo per il governo in preda ad un parossismo decisionale che possa consegnarlo alla storia come merita, Le chiedo solo di leggere questa lettera che non sottrarrà più di cinque minuti al Suo indice di produttività. Le racconto in breve la mia storia: sono una dipendente di un istituto di previdenza da più di dieci anni in servizio effettivo, mamma di due bambine e vivo in una città del profondo Sud.
    Appartengo anch’io a quella schiera di impiegati da Lei etichettati “fannulloni” non perché intendesse offenderci, questo lo capisco bene, ma semplicemente per fare capire in maniera immediata quale era il problema (un po’ come dire se io ripetessi in questa sede quel che di Berlusconi ha detto Di Pietro, anche in quel caso non per offendere, questo è ovvio, ma per far capire dove sta il problema).
    Signor Ministro le scrivo per raccontarle, attraverso la mia vicenda, quella di milioni di altre mamme-impiegate affinché Lei, che per altri versi è così sensibile ai problemi della gente si renda conto della realtà in cui viviamo noi “fannulloni” (perdoni l’abuso del termine, il fine è sempre quello della comprensione). Io, come altre mie colleghe, da brava fannullona, mi alzo ogni mattina alla ore 6 a.m. e dopo aver fatto colazione e aver preparato le mie bambine di 4 e 6 anni esco di casa con le suddette bambine entro le 7.00, perché vede, io abito fuori città e per arrivare al lavoro devo uscire di casa molto presto. Dopo aver timbrato, solitamente alle 7.30, comincio la mia giornata lavorativa: il mio lavoro è ripetitivo ma l’utilità sociale che è insita nel predisporre le pensioni per chi (beato lui) ha maturato i requisiti e fare in modo che ne possa godere senza ritardi, pensi lei mi fa sentire utile.
    Da brava fannullona sforno decreti di pensione a tutto spiano affinché non debba sentire nessuno venir da me a dire “e iu comu mangiu”, affinché a fine mese possa percepire il mio stipendio pensando di essermelo più che guadagnato. Negli anni la sede in cui lavoro si è svuotata di personale che è andato in pensione e non è stato sostituito da nessuno, pertanto più e più volte ho visto il mio carico di lavoro aumentare, ma a fronte dell’acquisizione di nuove e complesse competenze mi si continua a dire che siamo in esubero, che bisogna ridurre l’organico e lavorare di più: ma com’è possibile? Me lo chiedo ma nessuno mi risponde.
    Intanto l’arretrato avanza e quando qualcuno di noi comunica che presto andrà in pensione tutti ci guardiamo in faccia e ci chiediamo di quanto la redistribuzione del lavoro che consegue a ciascun pensionamento inciderà sul nostro carico di lavoro. E poi nessuno si spiega perché mai ci sia tanto arretrato, sarà che la matematica è un’opinione. Malgrado tutte le suddette difficoltà continuo a lavorare con quel senso del dovere che mi ha trasmesso mio padre e dal quale non posso prescindere. Pensi lei, signor Ministro, ogni giorno mi illudo di aver lavorato bene, e nel mio piccolo, di essere stata utile a qualcuno compiendo il mio dovere con la serietà e la professionalità che negli anni ho acquisito.
    Questo mi consente di guardarmi allo specchio ogni mattina e di non vergognarmi di essere un impiegato pubblico, come lei ha di recente sostenuto che molti di noi fanno, ma anzi di essere orgogliosa. Ma ultimamente qualcosa è cambiato, sa Signor Ministro, comincio a sentirmi demotivata: a che serve che io lavori così tanto se poi comunque di me si dirà sempre che appartengo alla schiera dei “fannulloni”?: la tentazione di incrociare la braccia è forte, molto forte.
    L’opinione pubblica, adeguatamente manipolata da una campagna mediatica diffamatoria e parziale, non è con me, ma contro di me, e non è facile far capire alla gente. Quel che è facile, invece, è cavalcare l’onda del malcontento della gente e indirizzare la folla a puntare contro il “mostro” di turno, pubblico impiegato o rom o sinti che sia. Puntare sul malcontento porta sempre tanto consenso, questa non è una novità, è facile, infatti, dire che le cose non funzionano, su questo siamo tutti d’accordo e pronti a battere le mani, ma, ahimè, non è riducendo i salari che si rende più efficiente la PA (altrimenti lo avrebbero già fatto da tempo), né privatizzando quelli che oggi sono dei servizi che nascono da diritti per i quali si è a lungo lottato, così come non è riducendo la retribuzione di chi si ammala (non occorre che io Lei ricordi, con gli adeguati scongiuri, quanto sia diffuso il cancro) che disincentiviamo l’assenteismo ma è piuttosto intensificando i controlli che facilmente si distinguerà il “falso” malato da quello vero, perché purtroppo, nessuno sceglie di ammalarsi e non è giusto accanirsi con chi già non ha abbastanza soldi per curarsi. Tutto questo lede la dignità del malato, del pubblico impiegato, attualmente indicato a “dito”, ma soprattutto lede la dignità della persona in quanto tale. Le dirò signor Ministro, anziché carnefice come impiegato pubblico e vittima come cittadino, oggi mi sento più volte vittima: come cittadina, come lavoratrice, come mamma, come italiana.
    Però, quel che è giusto è giusto, bisogna riconoscere che questo governo ha alleggerito la pressione fiscale, si, infatti, sappiamo tutti cosa ha fatto: ha tolto l’ICI. Certo, nel mio caso, sarebbe stato meglio che anziché togliere l’ICI avesse evitato di toccare il mio salario. Infatti, io di ICI, io, che non ho una villa ma solo una casa di prima abitazione in un comune in periferia (con il mio stipendio, infatti, non potrò mai permettermi una casa in centro: è già tanto se mi riesce di finire di pagare questa) e dunque ho sempre usufruito di sgravi, non ho mai pagato più di € 60 euro all’anno.
    Grazie signor Ministro: quest’anno sul mio bilancio, a fronte di sessanta euro di risparmio fiscale avrò qualcosa come 5.000 euro di meno sull’importo di stipendio annuo. Non Le dico come sono contenta! Adesso Lei si chiederà perché non sono contenta, e perché mai sulla mia fronte si sia disegnata quella ruga, mah non so, sarà che i fannulloni di oggi sono un po’ più complicati di quelli del passato. L’autunno si preannuncia caldo ma pieno di nembi all’orizzonte, la lotta sarà dura ma, Le dirò,
    Signor Ministro, non demorderò facilmente se non altro perché mia figlia, interrogata sulla professione della madre, non abbia da vergognarsi a dire che è un’impiegata pubblica e non si debba vergognare una seconda volta a dire che in famiglia non si arriva alla fine del mese anche perché, in previsione del futuro, sto cercando di spiegarle che povertà non è vergogna ma, invece, corruzione, tangenti, peculato, immoralità (tutti termini che la classe politica ben conosce) queste sì che sono vergogne.
    Fannullona INPDAP, Catania

  • aLeX |

    ah.. che nostalgia canaglia!
    stupendi sia il cartone che il telefilm kitch!
    non vedo l’ora di vedere il film!
    saluti esoterici..
    aLeX

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