Il nostro long-time friend Fer-
ruccio Alessan-
dri è solito invare quotidianamente un’immagine umoristica realizzata da lui a un’ampia accolita di seguaci. Ma oggi no, e ne ha tutte le ragioni.
In realtà ci sarebbe da stare fermi e riflettere per molti, molti giorni sui drammi e le ferite inferte all’umanità da un regime totalitario, amorale e biecamente capitalistico (ma subdola-
mente spacciato per comunistico ai gonzi che la bevono) con il quale molti Paesi di cosiddetta democrazia trattano con spensieratezza, poiché i soldi, com’è noto, profumano di violette sempre e comunque.
Ma la vita deve andare avanti e i tumultuosi pensieri che ogni giorno ci ribollono nel cervello come il palin-
sesto di una rete generalista (pause pubblicitarie incluse) non si possono arrestare.
Almeno adesso, però, mi va di riflettere un attimo su quanto ci propone Ferruccio, che così si scusa:
Niente fumetti umoristici, oggi, mi spiace. Ma l’idea dei nostri atleti che alle prossime Olimpiadi rende-
ranno omaggio alle stesse autorità cinesi che oggi stanno ordinando massacri in Tibet mi fa vomitare.
Ringrazio Vigiak per la segnalazione.
Ferruccio
From: info@thelivingspirits.net
Per chi sa l’inglese segnalo il sito ufficiale del Dalai Lama, http://www.dalailama.com/news.htm, che contiene anche interessati note sul suo viaggio in Italia (Roma e Milano) nel dicembre scorso.
Ricordo sul sito l’articolo Il DALAI LAMA e il Tibet: www.thelivingspirits.net
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16/3/2008 – LA VOCE DEL TETTO DEL MONDO www.lastampa.it
Kelsang Gyaltsen, rappresentante europeo del Dalai Lama: se la Cina ci opprime, come può ospitare i giochi olimpici?
[http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/admin/immagine.asp?ID_blog=113&ID_file=353]
«I militari hanno mano libera in Tibet, e il nostro appello alla comunità interna-
zionale è preciso: non lasciateci alla mercè dei cinesi, mandate le vostre delegazioni ufficiali a vedere cosa sta succedendo e cercate di ripristinare il dialogo pacifico».
E’ grave il tono della voce di Kelsang Gyaltsen (…), rappresentante europeo del Dalai Lama, è «molto, molto preoccupato» per quanto accade nella sua terra. Ha cinquantacinque anni, vive in esilio in Svizzera dal 1959, già ventenne faceva parte del governo tibetano in esilio a fianco del Maestro, del quale è stato consigliere per sette anni; dal 1999 ne è ambasciatore in Europa. Segue come può i misfatti di queste ore. Ma le notizie, ammette, sono scarse.
«E’ difficile avere informazioni da Lhasa. Le linee sono interrotte e la gente ha paura di parlare. Quello che sappiamo che c’è una tremenda repressione delle forze di sicurezza e che stanno usando anche i carri armati. Secondo alcune fonti si conta già un centinaio di morti. E’ un’a-
zione brutale. Viviamo ore di angoscia perché il governo cinese ha chiuso il paese, nessuno entra, nessuno può uscire. I soldati fanno quello che vogliono»
Come mai la protesta è esplosa proprio ora?
«Il malcontento del Tibet si è costruito in un lungo periodo di tempo. In passato c’è stato qualche incidente, ma non sulla scale e le dimensioni attuali. Credo che sia dovuto alle Olimpiadi. Il mondo rivolge più attenzione ai nostri rapporti con la Cina».
Come reagirete, se la violenza continuerà?
«Non c’è praticamente nulla che possiamo fare. Tutto è nelle mani del governo cinese. Tocca a loro essere moderati nel comportamento con la popolazione e trovare una via per risolvere le tensioni attraverso il dialogo. Noi siamo pronti. Che altra possibilità abbiamo?».
Secondo lei, esiste una complicità fra India e Cina?
«Si, e non solo. E’ ovvio che Pechino ha esercitato pressioni su molti go-
verni occidentali. Lo si è visto anche in Italia, qualche mese fa, durante la visita del Lama. Si cerca di imporre a tutti i costi il modo di pensare cinese. I governi occidentali dovrebbero ascoltare la voce dei loro cittadini».
In che senso?
«C’è grande divario fra la immensa solidarietà del pubblico europeo nei confronti della causa tibetana e le attitudine dei governi. Proprio a causa di questo, i leader politici sono costretti a esprimere preoccupazione per quanto accade. Ma, oltre a questo, non si è vista alcuna azione concreta».
Cosa si attende dall’Occidente?
«Almeno due cose. La prima è inviare delegazioni ufficiali in Tibet e non affidarsi a quello che dice il governo. Vengano a vedere con i loro occhi in che condizioni sono i tibetani. Allo stesso tempo, devo-
no tentare di favorire una soluzione pacifica. La nostra posizione è chiara. Non siamo per la sepa-
razione dalla Cina o per l’indipendenza. Chiediamo una vera autonomia per dialogare con la Cina».
Volete il boicottaggio delle Olimpiadi?
«Il Lama non è contrario ai giochi, spera che aiutino il governo cinese a nuove aperture nei confronti del Tibet. Ora, però, tutto è diverso. Se Pechino affronterà il malcontento tibetano senza il pugno di ferro, non c’è motivo di cambiare idea. Se invece sarà brutale, imporrà la legge marziale e il coprifuoco, allora le cose cambiano. Come si potrebbero avere le Olimpiadi in un paese che, in una sua parte, opprime la popolazione civile?»
Capitò coi Giochi di Berlino nel 1936…
«E’ vero, ma oggi siamo nel 2008. L’umanità ha vissuto tante esperienze drammatiche da allora. La società è più matura. Nel 1936 numerosi parti del mondo non sapevano cosa accadeva in Germania. Oggi tutti sono consapevoli. Non si può restare fermi a guardare».
Tra le immagini di questo post: il lavoro minorile impiegato da grandi aziende internazionali per confezionare i gadget delle Olimpiadi cinesi, in barba a tutte le etiche possibili. Le fabbriche che li producono utilizzano bambini in turni di anche 15 ore al giorno, con paga ridotta.
Per esempio, a Le Kit Stationery, azienda che produce articoli di cartoleria con il logo di Pechino 2008, i bambini fsono impegnati con turni che vanno dalle 7,30 alle 22,30.
Tremila lavoratori alla Mainland Headwear sono pagati il 45% della paga minima, e obbligati ad ore di lavoro straordinario ricevendo istruzioni di mentire agli ispettori del lavoro sulla loro paga e il loro trattamento.
Sopra, bikini con loghi cinesi per gli occidentali scemi e i personaggini mascotte, dei quali abbondava il festival delle Bedé di Angoulême, con lussuosi libretti a fumetti patinati e rilegati con filo refe, probabilmente a mano da bambini anch’essi, per la gioia dei loro coetanei ricchi.
Infine, il cellulare per i giovani che raffigura Huanhuan, una delle cinque mascotte (le Fuwa), prodotto dalla cinese Cect e distribuito solo in Cina, e le micidiali angurie modificate (a forma di parallelepipedo o giù di lì), con gli emblemi olimpionici.