Avevo inten-zione da tempo di dedicare un post all’amico Carlo Peroni, alias Perogatt, un fumet-tista al cui stile ho molto guardato negli anni della sua colla-borazio-ne prima a “Tilt!” e poi al “Corriere dei Ragazzi”. Ciò sia per l’umo-rismo semplice e demen-ziale delle sue tavole, i cui meriti narrativi sono da ripartire in quelle occasioni con Alfredo Castelli, Mario Gomboli e Marco Baratelli, sia per la sua pennellata corposa, degna dei Maestri americani Jack Davis e Walt Kelly.
Infine (non ultima cosa), ho studiato le “scale cromatiche” di Perogatt ammirandone l’uso atipico e “molto americano” dei retini, sia adesivi che trasferibili, anni luce prima che il problema delle “texture” fosse risolto dal computer: un impiego dei retini e della “carta double tone” che, con tutta probabilità, ha influenzato in quello stesso periodo anche Franco Bonvicini-Bonvi, tacendo del suo stuolo di collaboratori che sarebbero ben presto divenuti a loro volta grandi fumettisti.
Di Perogatt, il cui blog viene recentemente associato al mio (si veda soprattutto il suo sito, a cui fa capo la sua tentacolare presenza nella rete: www.perogatt.com; ma il suo è assolutamente più ricco di dati e aneddoti, lavorandovi Carlo da anni), cade a fagiolo in questi mesi felini una tavola di un remoto fumetto datato 1953. Si tratta di quella che chiude la sua prima storia (Perogatt mi corregga se sbaglio) realizzata in coppia con l’amico “Albe”, del quale parla lui stesso più sotto.
So che questa strana avventura, dal titolo “Gnocco il gatto sciocco”, dove sia Peroni che Albe compaiono (come si vede) in veste di responsabili, all’epoca fece molto arrabbiare il Redattore Capo delle testate a fumetti delle Edizioni AVE, il leggendario Domenico (Menico) Volpi, perché intrisa di un umorismo troppo demenziale e troppo “avanti”, per i pacati lettori della stampa cattolica del ’53. Inviata in tipografia a insaputa di Volpi, che in quel periodo era in vacanza, ne provocò le ire al suo ritorno, giudicando quella storia troppo… “sciocca”! Valutazione sulla quale i candidi Perogatt e Albe non trovarono niente da eccepire, dato che nel titolo stesso lo avevano espressamente dichiarato.
L’episodio di Gnocco è uscito sul n. 41 del tascabile “Capitan Walter” (“Albo Vitt settimanale”) del 4 ottobre 1953, che dedicava la sua copertina all’episodio (appunto) di Walter Ala dal titolo “Sotto il ponte di Brooklin”, disegnato dal versatile Mario Fantoni. La retrocopertina, con l’inserimento di una minuscola pubblicità del numero successivo, era invece di Benito Jacovitti, e dedicata a Renato, tifoso sfortunato (la posto, anch’essa, perché assai poco nota). Naturalmente, è a Jac che si riferisce la gag della “lisca di pesce” in chiusura di storia ideata da Perogatt e Albe.
La domanda che ho fatto a Perogatt, in questo stralcio inedito di una lunga intervista raccolta con lui qualche anno fa, è un excursus sugli autori di fumetti con i quali ha lavorato, e che ama ricordare più volentieri.
A Perogatt la parola!
PERONI: Ho avuto modo di conoscere moltissimi disegnatori milanesi e romani (nei primi anni Cinquanta mi ero trasferito da Milano a Roma e, nel ’63, feci ritorno a Milano). Qualche nome degno di nota? Ce ne sono molti. Ti dirò quelli che mi hanno impressionato di più: sia per il loro carattere che per la loro bravura.
Il primo in assoluto che ho conosciuto a Roma è stato Jacovitti. Nonostante quello che molti pensano, era timido ed introverso. Io ero uno dei pochi con i quali si confidava.
Eravamo diventati quasi parenti, dato che aveva fatto da padrino di battesimo per uno dei miei figli; a questo proposito ti spiattello un aneddoto: all’anagrafe, quando bisognava firmare, Jacovitti ha firmato con la sua classica firma con la lisca! Gli impiegati dell’anagrafe, quando se ne sono accorti, sono accorsi per conoscerlo di persona.
Avrei una montagna di aneddoti su di lui: se per caso ti interessano, prepara un centinaio di pagine…
Quindi, Lino Landolfi, un disegnatore che molti ricordano, ma che pochi sanno che in effetti non era “disegnatore nato”: lo era diventato per testardaggine. Molto preciso, puntiglioso. Anche lui era stato padrino di battesimo di un’altro dei miei figli.
Poi, Ruggero Giovannini, grandissimo disegnatore con un carattere stranissimo: non era mai soddisfatto dei suoi disegni e molto spesso li gettava via. Anche su di lui avrei diversi aneddoti: li scrivo ora o aspetto che tu me li chieda?).
Aggiungo anche Nevio Zeccara, che era un grandissimo amante della fantascienza, e ogni volta che ci incontravamo in gruppo faceva in modo che il discorso si spostasse sulla fantascienza. Per Landolfi aveva creato un modellino di aereo, che lui stesso aveva inventato, servito per realizzare uno storia di Procopio. Abitavamo tutti nella stessa zona di Roma, e questo ci permetteva di frequentarci di più.
Poi, seguono i vari collaboratori del “Vittorioso” come Gianni De Luca (per me il “grande” del Fumetto), Sciotti, Sebastiano Craveri (che incontravo di rado perché abitava in provincia di Torino), Renato Polese (ho pochi aneddoti su di lui, ma significativi), Franco Caprioli (il “puntinaro” amante del mare e grande genio).
Voglio ricordare anche “Alfre” (Alfredo Brasioli: si firmava così). Era specializzato nel realizzare i titoli dei “cineromanzi”, come erano chiamate allora le storie a puntate del “Vittorioso”. Tipo molto preciso, pignolissimo, studioso della storia antica. Ha poi realizzato diversi fumetti molto belli per “Il Giornalino”).
E poi, “Albe”, alias Alberto Catalani; quando lo avevo conosciuto era un ragazzo che frequentava la redazione, e con lui ho realizzato alcuni fumetti; Sergio De Simone (il grafico del “Vittorioso”) e molti altri: se vuoi faccio degli… scavi archeologici e ti farò sapere i nomi. Sai, essendo in quel periodo dipendente, i collaboratori del “Vittorioso” e dei suoi albi li avevo conosciuti quasi tutti.
I disegnatori milanesi li ho conosciuti specialmente in occasione delle mitiche cene organizzate da Nessim Vaturi, il proprietario della libreria Borsa del Fumetto di Milano. Avevamo iniziato in una decina e siamo arrivati a un centinaio. In queste occasioni, ebbi modo di conoscere personalmente molti disegnatori famosi, come ad esempio il grande Tabet e il grandissimo Karel Thole. Ho conosciuto Giuseppe Festino (illustratore e copertinista di libri di fantascienza), Ferruccio Alessandri (cosa dire di lui? È tutto!), Angelo Scariolo (specializzato in disegni per bambini), Paolo Telloli (oggi curatore della fanzine “Ink”), Roberto Anghinoni (oggi Editore).
Con questo gruppo di autori ebbi l’idea di creare una rivista completamente diversa da tutte le altre: “6-96”. Io ero l’ideatore e il direttore, ma eravamo in società con la ditta Pubblinord di Verona. Facemmo il numero zero (uno in lingua italiana ed un’altro in inglese) e le copertine per i numeri seguenti. La caratteristica di questa rivista era che, contrariamente a tutte le altre, era per tutta la famiglia, per tutte le età. Era divisa in fascicoli (per uomini, per donne, per giovani, per ragazzi, per bambini) raccolti da una copertina-poster. Lo scopo ambizioso era quello di diffonderla contemporaneamente in vari Paesi. Prendemmo accordi con grosse case Editrici europee ed asiatiche. Tutto ormai era pronto, e avremmo dovuto cominciare la grande avventura. Purtroppo, ci è capitato che la ditta con la quale eravamo soci, la Pubblinord, fallì e questo ci tolse la possibilità di andare avanti con quell’impresa per evitare di finire anche noi nel loro fallimento. È stato un vero peccato, anche perché quella rivista l’avevamo preparata veramente bene ed avrebbe potuto essere un successo mondiale.