UN “PINOCHO” MADRILENO

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Madrid, capitale ispanica in cui sono di transito e da dove invio questo post, riserva cimeli degni di studio e di nota, utili per il lavoro che sto completando per conto degli Editori del Grifo/Edizioni DI.

Si tratta di una riedizione in formato gigante del primo “Pinocchio” di Benito Jacovitti, il primo dei suoi tre, che il giovane “Lisca di Pesce” realizzò ancora in epoca fascista (da cui l’assenza di balloons, sostituiti da “minculpoppiane” didascalie) con splendide tavole che poi furono pubblicate, a puntate, sul settimanale cattolico “Il Vittorioso”.

A quest’opera, breve ma introvabile, che Mauro Paganelli sta restaurando in modo da rendere splendida, sarà abbinato un saggetto del sottoscritto su Pinocchio, soprattutto a fumetti. Verrà pubblicato con dovizia di illustrazioni e immagini che rendano il volume indispensabile anche per tutti i “pinocchisti” che non hanno accesso (cosa peraltro logica, data la rarità e la “trasversalità” dei materiali) a tutte le fonti alle quali ho la fortuna di attingere.

A Madrid, tra le altre cose, mi sono imbattuto in un giornale d’epoca piuttosto misterioso, dedicato alla marionetta collodiana. Il titolo della sua testata è “Pinocho”, sottotitolato “semanario infantil”. Ne posto una copertina in formato grande, poicché è bene godersela, data la sua rarità esemplare. Si tratta di quella del n. 94 del 5 dicembre 1926.

Responsabile del personaggio, e disegnatore della stessa, è Salvador Bartolozzi (1882-1950), il cui nome di chiara provenienza italica (e forse toscana: a Pistoia c’era un vignettista, recentemente scomparso, con quello stesso cognome) è decisamente misterioso anche per gli appassionati e studiosi di comics più assatanati.

Lo stile risente in modo diretto dei comics americani del’inizio del secolo scorso, come si può vedere chiaramente dal personaggino che in copertina porge a Pinocchio gli occhiali “bianchi” per leggere di giorno e quelli neri per leggere la notte. La sua somatica rimanda senza appello a Frederick Burr Opper, operativo presso i quotidiani del gruppo americano del magnate W. R. Hearst. Il look del suo volto è “sputato” quello di Happy Hooligan, il nostro Fortunello.

Cosa intendo per “trasversalità” dei materiali?
Mica posso dire tutto in un post solo, caramba y poi manàja!

  • luca Boschi |

    Ciao, Alino! Anzi, “ciao, alino” (con la “a” minuscola, come “art spiegelman”)…
    Salutoni a Vlad e ovviamente anche ad Alina! Prima di ottobre ci saremo incontrati, si suppone. Per dormire chiedo lumi alla mia amica residente in pieno centro, è comunque piuttosto facile… Mentre di fumetterie se ne trovano un paio di decenti (ma insomma… la rivista “El Jueves” *pare* che stia chiudendo, per anni vi abbiamo attinto materiali per “Totem” in traduzione, grandi novità non mi pare che ce ne siano).
    Per togliersi qualche sfizio, conviene sempre fare un salto alla locale FNAC, dove fra dvd di film per noi misteriosi e libri di ogni genere c’è da sbizzarrirsi.
    Sull’antiquariato, invece, trovo che ci sia una certa “carenza” diffusa.
    Ciao, o Mise e anche Vivyji, per giunta!
    Quel Pinocho direi che in Spagna fa circa quello che fa un Pinocchio italiano. L’inquietanza è propria anche di molti Pinocchi a fumetti italiani, in ogni caso. Pochissimi autori, anche nei primi decenni del secolo scorso centravano lo spirito originale di Carlo Lorenzini…
    Vedrai, ne ho rintracciato uno del caricaturista bolognese Nasica, e spero che Paganelli sia d’accordo a pubblicarne almeno due tavole autoconclusive, nel libro di Jacovitti, per dare il senso della sua stravagantissima interpretazione, che è praticamente ignota anche agli studiosi; è un “Pinocchione” grasso del 1914… Che addirittura si arruola per la Grande Guerra. Direi che potrebbe essere il secondo Pinocchio in “sequential art” made in Italy (e del mondo).
    Credo che Disney abbia ambientato il suo “Pinocchio” in Tirolo, o nella Svizzera italiana, solo perché la location gli sembrava più caratteristica e mitteleuropea. Probabilmente, nessuno dei suoi artisti, all’epoca, era in grado di distinguere lo specifico toscano, rispetto a quello di un’altra regione del (per loro troppo) minuscolo Stivale.
    Il fatto determinante per questa scelta strana fu il “dover giustificare” il mestiere di Geppetto. Per costruire un ligneo burattino avrebbe dovuto possedere una certa abilità con le sgorbie. Quindi, ecco l’associazione con gli artigiani intagliatori del norditalia (Vigo di Fassa, Fiera di Primiero, e via di questo passo), dati i fregi intagliati che gli americani conoscono per averli visto sugli orologi a cucù esportati in quel lato dell’Oceano. Quindi, ecco l’ulteriore associazione orologi-Svizzera, da cui quell’abbigliamento tirolesoide (penna nel cappello di feltro e così via) dei personaggi. I monti, per gli uomini di Disney erano piuttosto le Alpi, e non gli Appennini della Toscana, o le sue colline.
    Forse molta responsabilità di questa deformazione prospettica si deve al grande illustratore Gustav Tenggren (lo conosci?), che realizzà gli acquerelli ispiratori.
    Mi chiedo se fosse mai stato in Italia… Vicino sì, certo, perché abitava in “Benelux”.
    Vabbe’, ho blaterato anche troppo.
    Buonanotte a tuttiiiiii!
    L.

  • alino |

    sei in terra ispanica! e sempre alla ricerca di chicche…!
    noi alini andremo li’ in ottobre.. segnati posti interessanti che poi ci andiamo.. (anche per dormire..)
    un saluto da Vlad

  • Moise |

    Caramba y Carambita! Come direbbe Cico Cayetano Lopez (che vedrei bene come squattrinato gourmet all’Osteria del Gambero Rosso’ di Collodiana memoria) Il Pinocho che hai scovato è assai rimarchevole 🙂 Oltre agli elementi che hai segnalato, mi colpiscono il gonnellino ‘geometrico’ dalla stramba prospettiva che contrasta assai con lo stile ‘fortunelliano’ dell’altro personaggio… e poi, il cappello duro che funge, bucato, da portaombrelli… è una semplice ‘gag’ 0 cela qualche significato comico attinente all’interpretazione spagnola del personaggio? Ti confesso che – pare strano, lo so – ma il primo aggettivo che mi viene in mente di fronte a questa immagine è ‘inquietante’… Forse sono solo abituato al Pinocchio disneyano, con tutta la sua assurda ambientazione tirolese…
    E già che ci siamo, o Nume dei Fumettisti, sai spiegarmi PERCHE’ lo zio Walt ha voluto ambientare la sua trasosizione di Pinocchio in un ambiennte così ‘germanico’? la campagna toscana di Collodi non era abbastanza caratteristica?
    Saludos ! Moise
    P.S.
    Viviana non vede l’ora di leggere qualcosa sul ‘Michelino’ e anche sul giramondo Giovenale, personaggio che, a sua memoria, ‘presentava’ articoletti di argomento geografico… Orsù caro Boskovyjtz all’opra! :-)))

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