Se n’è andato anche Jeff Jones, essere umano dalla personalità controversa, grande illustratore e pittore, come si vede anche solo dalle immagini di questo post: alcune delle sue leggiadre e un po’ burrose donnine, che in Italia si sono viste poco, pubblicate saltuariamente su Linus, o meglio su qualche suo numero “strambo”, a cominciare da un vecchio Almanacco.
Jeff se n’è andato il 19, poche ore prima di comporre questo post.
Nel sito ufficiale dell’autore, poi divenuto (diciamolo) autrice, la dolentissima notizia non è ancora riportata.
Wikipedia, però, la registra.
Ecco l’inizio della sua autobiografia:
Born, January 10, 1944, Atlanta, Georgia.
I believe in Atlanta, Georgia in the year 1947. That was before I met my father. I was three and he seemed a myth. My dad, I was told, was somewhere in a place called Germany, busy dropping bombs on people. I didn’t believe in him.
In the mid-forties Atlanta was beginning to build itself into a place that I’d never again recognize. What I remember were ancient buildings, ancient trees, and a drumming sound that “the South Shall Rise again.”
I lived beneath the daily fragrance of impossible magnolias and a giant holly-tangle that shook with screaming, evening bats.
There remain impressions along with false memories with which I’ve been storied. I was born into the great southern house of my grandfather, resplendent with ivy-carpeted yards, privet taller than he and clay tennis courts, dry and powdery, spreading quietly behind gardens of Victorian wildness.
I remember garages of mystery: red painted wooden buildings with doors that never opened. Five cars wide, they spread across a gray cracked pavement where I learned, first with stroller, then with uncertain feet, to walk.
E così via.
Jones aveva fatto parte, negli anni Settanta, di quel rinomato gruppo di artisti che si era riunito sotto il nome The Studio. Un celebre libro di illustrazioni, giunto anche in Italia in lingua originale, aveva “spopolato” fra gli appassionati della “illustrazione nuova ma classica” (per così dire).
Tra i membri dello Studio c’erano anche altri giganti come Michael Kaluta, Bernie Wrightson e Barry Windsor-Smith.
Non si può evitare di dire che Jones soffriva di disturbi della personalitoà. Dopo un lungo trattamento psichico, aveva prese la decisione di cambiare sesso, nel corso degli anni Novanta. Dopo essere rimasto un po’ estraneo al business dei comics per un po’ di tempo, fece la sua prima apparizione pubblica come “she” nell’aprile 2004, in occasione della convention fumettistica Atlanta ComicCon.