“Parla un distributore indipendente”, ho scritto in modo generico nel titolo, per tagliare corto. In realtà si tratta della prima distribuzione “specializzata” in editoria di qualità, la NdA.
Ci fa conoscere il pensiero del suo Fondatore, Massimo Roccaforte, l’assiduo contributor di questo nostro piccolo blog Claudio Calia, che ringrazio.
Andiamo per ordine, cominciando dai credits.
Per chi non si occupa di editoria, e men che meno sa delle cose delle distribuzione, vale la pena di rammentare che l’impresa fondata da Massimo Roccaforte, ubicata a Rimini, è definibile “l’ unica realtà organizzata sul territorio nazionale dedicata principalmente a librai indipendenti, centri sociali, associazioni e gruppi di base. Fanno parte del gruppo NdA anche i marchi editoriali ShaKe Edizioni, XL Edizioni e La Biblioteca del Cigno, quest’ultimo gestito in collaborazione con Legambiente. Dal 2003 NdA è casa editrice con il marchio NdA Press.”
Per Massimo, la Mondadori è una cosa seria (e per chi non lo è?). Vanno trattati con severo e preoccupato rispetto sia lei, sia il suo ultimo affaire del quale si parla in questi giorni: l’emorragia, piuttosto lieve in verità, di suoi autori che, scossi da dubbi di coscienza, hanno scelto di andarsene, a causa dello scandalo che la coinvolge, uno dei tanti derivati dal “conflitto d’interessi fattosi verbo”, il sedicente laureato alla Sorbona che organizza pagliacciate per Gheddafi.
Ne abbiamo parlato qui, lo sapete bene.
La Mondadori pubblica, senza ombra di dubbio, libri importanti (questo è il secondo dato) anche nel settore dei fumetti.
Ne è un esempio di questi giorni l’ultimo, tosto lavoro di Igort (Igor Tuveri), Quaderni ucraini – Memorie dai tempi dell’URSS, un “repoprtage disegnato” incluso nella collana Strade Blu della casa editrice di Segrate. E’ il primo volume di un dittico sublime dedicato ai Paesi dell’ex Unione Sovietica.
Sotto, la copertina (e retro) dell’edizione francese del tomo.
Lo stesso Igort racconta la sua esperienza letteraria e prima ancora umana nell’ottimo blog Conversazioni sul Fumetto, che ha raccolto una lunga intervista con l’autore:
Un’esplorazione sul campo per capire cosa è stato e come è stato vissuto il sogno comunista dalla rivoluzione ai giorni nostri. Mi domandavo cosa fosse rimasto di tutto questo oggi, nel ventennale della caduta del muro. Sono dunque storie vere, frutto di interviste e incontri che ho disegnato con l’aiuto della documentazione e dei filmati realizzati in loco queste storie sono accompagnate dalla voce di chi mi ha raccontato, in text off.
A questa si alterna una narrazione parallela che attraversa il libro: è la parte storica, vale a dire i rapporti della polizia segreta, da pochissimo resi pubblici, che ho tradotto e disegnato. Come autore lavoro ormai da trent’anni, e nel corso della mia carriera ho affrontato diversi temi, legati perlopiù alla memoria e al mito.
(…)
Mentre lavoravo, mi facevano compagnia alcune cose che ho amato di Gianni Celati (“Narratori delle pianure” tra tutti, ma anche il “Reportage africano”), Truman Capote che va nella scena della tragedia e poi scrive “A sangue freddo”, Pasolini de “L’odore dell’India” e molte altre cose.
(…)
Mi interessava che le storie mi venissero incontro. Stanarle significava, mettersi in viaggio appunto. All’ascolto. Sono venute fuori cronache terribili, incredibilmente intense e piene di dolore, ironia, tragedia e commedia. Ho cercato di disegnarle. Per me era importante portare “en plain air” il lavoro, fuori dallo studio, per trovare una scrittura mia che si misurasse con il tema della “realtà”.
Per scrivere e disegnare questi diari, Igort ha trascorso quasi due anni in Ucraina e in Russia, raccogliendo le parole dei testimoni e dei sopravvissuti di un passato terribile, come aveva fatto Joe Sacco in Palestina e prima ancora Riccardo Mannelli in Nicaragua (ma oggi nessuno se lo ricorda più). Persone, quelle raccontate da Igort, che oggi sono gli smarriti protagonisti di un presente inquietante sostituitosi alla terribile eredità staliniana, dove gli omicidi hanno preso il posto dei gulag e la corruzione dilaga.
Un libro eccezionale dal punto di vista del suo messaggio, bello da vedere e da leggere, informativo quanto un saggio o un romanzo tutto scritto (dico una banalità, lo so), ma dal mio punto di vista “migliore” di un saggio o di un romanzo tutto scritto, perché le pagine di Igort possono suscitare, nel lettore che è capace di coglierle, sensazioni che mai la pagina “tutta scritta” sarà in grado di esprimere. La lettura di Quaderni ucraini – Memorie dai tempi dell’URSS è un’esperienza alternativa e a suo modo anche integrativa della lettura eventuale (sullo stesso tema) di righe di testo, nere, su fondo bianco.
Un libro importante, forse il migliore, a fumetti, dell’ultimo semestre.
Torniamo, però, al dilemma iniziale, rilanciato da Vito Mancuso e da Don Gallo: meglio sarebbe stato se Igort avesse scelto, per pubblicarlo, un editore diverso da Mondadori?
Ecco come risponderebbe Massimo Roccaforte: no.
Perché?
Perché, afferma: (…) trovo auto censoria, sbagliata e forse pericolosa una campagna di autoesclusione dal principale gruppo editoriale italiano incentrata e proposta solamente degli autori.
(…)
Non è che l’aria sta diventando talmente irrespirabile che alla fine si sia, o si sarà, costretti a “lasciare nelle mani” di chi ha sempre fatto del disprezzo della cultura con la C maiuscola una sua bandiera, la maggiore e più importante casa editrice che abbiamo in Italia?
Di conseguenza non si rischierebbe di ridurre, con questa scelta, il grado di autonomia del mercato e dunque la possibilità di vendita e scelta per librai e lettori?
Non si sta cadendo in una trappola ponendo la questione nei termini in cui è stata posta in questi giorni?
Il silenzio o i freddi comunicati, dei dipendenti e dei collaboratori della casa editrice, in tal senso sono il segnale più preoccupante e secondo me indicativo di un’aria che forse sta davvero cambiando, in un ambiente che a certi livelli non credo abbia grandi problemi a “privarsi” di certi autori per dirottare sempre di più la propria produzione su autori più consenzienti o commerciali.
In un mercato come quello editoriale dove tutta la filiera è controllata e dove spesso è il mercato stesso a creare la domanda, ritirarsi dal catalogo di un grande editore non mi sembra la politica più giusta o quantomeno salutare all’ambiente culturale.
Io credo che in editoria, come nel resto della società, il problema principale in questa fase sia resistere con la propria identità e le proprie istanze là dove ci si trova, senza cedere un passo all’arroganza e alle scorrettezze di un potere che si sta facendo sempre più cupo.
Il ragionamento completo del principale distributore indipendente italiano si può leggere qui, su Global Project.
LINK MERITEVOLI DI PERLUSTRAZIONE
IL “CONDONO” MONDADORI E L’INDIFFERENZA DEGLI INTELLETTUALI
MONDADORI: HA RAGIONE VITO MANCUSO, di Gad Lerner
GLI SCRITTORI, I LIBRI E IL CONFLITTO D’INTERESSE, di Eugenio Scalfari
LODO MONDADORI: IL TRIBUNALE CHIEDE 749.955.611,93 EURO
QUELLI CHE A SEGRATE NON RINUNCEREBBERO MAI MA NON VOGLIONO DIRLO, di Alessandro Gnocchi