Da quando questo blog è nato, mai post ha avuto più richieste di pubblicazione dell’intervista con Enrico Faccini, appassionato e geniale cartoonist disneyano (e ilustratore, e grafico di redazione) fra i più amati della sua generazione, sia per le idee spesso originalissime di cui nutre i suoi soggetti, sia per il suo sincero ossequio alla tradizione degli autori classici, da Floyd Gottfredson a Carl Barks, senza dimenticare i Maestri italiani del dopoguerra, da Romano Scarpa a Giovan Battista Carpi, che di Enrico è stato anche nei fatti maestro.
Ecco, quindi, una nuova tranche della lunga intervista che ci ha rilasciato, costellata di immagini inedite (per la gioa dei visitors di Cartoonist Globale), sia disneyane che non. Come per la prima parte, anche adesso abbiamo compattato e condensato la lunga serie di domande rivolte a Enrico dai visitatori, in particolare dai fedelissimi SuperSgriz e Doctor Einmug.
Questa volta, ciò che Enrico racconta ha quasi il sapore di un tutorial, e si incentra su STRUMENTI E MATERIALI. Imperdibile per i curiosi del “dietro le quinte” e gli apprendisti cartoonist.
BLOG: Enrico, a grande richiesta ci aspettiamo che ci riveli, sin nei minimi dettagli, di quali strumenti ti servi per realizzare le tue tavole.
ENRICO FACCINI: Come in qualsiasi attività professionale, la qualità dei materiali e degli strumenti è fondamentale per avere buoni risultati.
Non ha senso lesinare, in quanto ad esempio un pennello economico in fibra sintetica dopo poche ore di uso tende a sfaldare la punta o arricciarla, risultando ingovernabile (a meno che si cerchi volutamente l’effetto, o nel caso del fumetto realistico che può richiedere un segno più spezzato e sporco).
Un pennello di ottima qualità costa cinque, sei volte di più, ma con una corretta manutenzione dura mesi.
I materiali che uso rappresentano lo standard dei disegnatori Disney, con rare eccezioni. Chi si occupa di altri generi di fumetto probabilmente ha una gamma di scelta diversa o più varia.
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BLOG: Cominciamo dalla carta.
ENRICO FACCINI: Uso la Schoellershammer serie Durex 344 Glatt g/mq 200 liscia, dimensioni 25×35 cm., cui venni introdotto da Giovan Battista Carpi.
La griglia interna delle vignette è di 205 millimetri per 295.
Anni fa compravo i fogli standard da 100×70 cm che poi tagliavo in otto o nove fogli. In seguito sono comparsi sul mercato i blocchi BKM con i fogli già tagliati in varie misure.
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BLOG: Quali sono le caratteristiche di questo tipo di carta?
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ENRICO FACCINI: E’ una carta da disegno professionale piuttosto costosa, andiamo sui 60-70 centesimi a foglio, di grana molto fine e compatta.
Alternative economiche non ce ne sono: se si prende un foglio Fabriano, anche se di gamma “alta”, e lo si mette su un banco luminoso si constata che la “grana” è molto più grezza, filamentosa. Dopo un po’ di lavoro, varie sgommature e ripassi e a causa del sudore della mano, questa carta tende a sfibrarsi, a lasciare aloni e macchie non cancellabili. Tende anche a imbeversi di inchiostro, che quindi tende a spandersi oltre il voluto. So comunque che alcuni disegnatori (come Sergio Asteriti) usano la Fabriano, i gusti e la sensibilità almeno in parte giocano il loro ruolo.
Quando disegno o inchiostro, tengo un foglio di carta sotto la mano destra per evitare il contatto della pelle (più o meno sudata) con il foglio.
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BLOG: Le dimensioni del foglio di carta sono correlate alle abitudini di disegnare più o meno in grande dei singoli autori?
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ENRICO FACCINI: Le dimensioni della griglia delle vignette sono variabili, e producono effetti diversi sul risultato finale, sia per quanto riguarda la composizione e il disegno, sia per l’inchiostrazione.
Mi è capitato di esaminare tavole originali di Massimo De Vita, il quale a parità di foglio di carta disegna in una griglia più piccola. Il vantaggio di questa scelta è che si ha un risultato più vicino alle dimensioni effettive di stampa: lo svantaggio è che bisogna lavorare più “nel piccolo”.
Disegnare in una griglia di vignette più grande è più comodo, ma può dar luogo a sorprese quando si vede il risultato pubblicato: l’inchiostrazione può essere troppo sottile o troppo grassa, la composizione dei volumi sbilanciata.
Oltretutto, può indurre il disegnatore inesperto a riempire di troppi particolari le vignette, ed essendo Topolino una rivista di piccole dimensioni, molti di questi particolari spariranno. L’ideale per un esordiente o principiante sarebbe poter disporre di qualche fotocopia di tavole originali di vari autori per farsi un’idea. Altrimenti, ingrandire con una fotocopiatrice una storia pubblicata fino a farle raggiungere le dimensioni di un foglio da disegno.
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BLOG: Veniamo alle matite. Di cosa ti servi?
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ENRICO FACCINI: Uso un vecchissimo portamine Staedtler Mars che risale ai tempi del liceo, con mine HB passo standard da 2 millimetri, corpo in plastica azzurro e ditale in metallo zigrinato.
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BLOG: Che precisione descrittoria!
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ENRICO FACCINI: Un portamine che trovo interessante è prodotto dalla Caran d’Ache, usa le stesse mine dello Staedtler ma è in alluminio nero con ditale zigrinato per una presa migliore: è più leggero dello Staedtler (che però continuo a usare per abitudine).
Per sfizio personale, mi sono poi creato nel tempo un arsenale di matite e portamine, alcune veramente lussuose ed eleganti, come la serie completa di portamine Faber Castell con mine da 0.9 (quelle panciute in legno e acciaio), un portamine firmato Sergio Tacchini con mine da 6 millimetri (grosso, pesante ed inutilizzabile), un’elegantissimo portamine Delta serie Dolce Vita in ambra e anello d’argento con mine da 5,6 mm, in pratica inutilizzabile.
Sono divertenti da usare i portamine economici Croquis della Pilot con la mina da 3,8 millimetri, anche se non adatti al fumetto, tutt’al più vanno bene per disegni estemporanei non inchiostrati.
La durezza della mina HB è d’obbligo: essendo la matita del fumetto una matita “a perdere”, in quanto verrà coperta dall’inchiostro, ci vuole un segno nitido e non troppo scuro. Le mine più dure, da disegno tecnico, danno un segno rigido, freddo, chiarissimo e affaticano la mano; le mine da disegno artistico da 2B in su producono un bel tratto caldo, “grasso”, bello da vedere, ma tendono a sporcare il foglio.
Evito di fare la punta alla mina, che ha quindi una forma arrotondata e dà un segno più morbido. Una mina troppo appuntita, oppure mine sottili da 0.5 o anche da 0.9 danno un segno troppo freddo e sottile, più adatto al disegno tecnico.
BLOG: E le tue mine favorite quali sono?
ENRICO FACCINI: Staedtler, Faber Castell, Conté e altre.
BLOG: Veniamo a uno degli strumenti che suscita la più vasta disparità di valutazioni: i pennelli!
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ENRICO FACCINI: Esclusivamente Winsor & Newton serie 7 per acquerello, formato 00 e 0, pennello di alta qualità, costoso e professionale.
La scelta è obbligata a causa della peculiarità del segno disneyano, dolce e morbido, curvato, arrotondato. Il W&N è quello che meglio risponde a queste esigenze.
Nel fumetto realistico, invece, la scelta è più varia. So che ci sono disegnatori che usano i pennarelli giapponesi da ideogrammi, quelli con la punta flessibile simile a quella del pennello: strumenti inutilizzabili nel fumetto Disney, se non per effetti particolari.
BLOG: Alcuni fumettisti preferiscono usare dei pennini, come Silver. Tu li usi come complementari ai pennelli, non in alternativa…
ENRICO FACCINI: Certo, infatti la qualità del tratteggio e dei particolari con i pennini tradizionali è, a mio personale gusto, ineguagliata: una volta acquisita la padronanza, il pennino dà dei segni di un bel nero netto e definitivo, sono eleganti e precisi.
Il mio pennino preferito è il Perry extrafine 81, inglese, piuttosto piccolo e color bronzo, sempre più raro a trovarsi, come tutti i pennini tradizionali da scrittura e non.
Ricordo che anni fa, durante la Fiera di San Nicola, che si tiene nel centro direzionale di Genova sotto le feste di Natale, mi capitò di trovarne centinaia esposti in una bancarella di bric-à-brac, oltretutto in una bellissima scatola di legno con i divisori. Mi limitai a comprarne una decina, quando con un po’ di trattativa e 2-300.000 lire dell’epoca avrei potuto comprare tutta la scatola: rimpiango ancora adesso di non averlo fatto (un altro rimpianto è di aver avuto l’occasione di conoscere Hugo Pratt l’anno prima che morisse, e di averla mancata).
BLOG: Capisco. So che però l’uso del pennino può comportare qualche problema, come una maggiore lentezza di esecuzione rispetto al pennellino.
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ENRICO FACCINI: Il rovescio della medaglia dell’uso del pennino è che l’inchiostro di china tende ad asciugare lentamente, più che con il pennello. Il rischio, se non si sta attenti, è di provocare clamorose sbavature manovrando sul foglio.
Per questo motivo diventa anche più lenta la lavorazione: non si può lavorare continuamente sullo stesso foglio, bisogna alternare due o tre tavole contemporaneamente, lavorando su una mentre l’altra si asciuga.
Per questo motivo, negli ultimi tempi sono tornato ad utilizzare, almeno in parte, i pennarelli Staedtler, Faber Castell, Pilot eccetera, con punte da 0.1 mm fino a 0.8 mm. Il segno non è così nero e preciso come quello del pennello, ma la lavorazione diventa sensibilmente più rapida e si riduce molto il rischio di sbavature.
BLOG: A questo punto, è naturale passere all’inchiostro di china!
ENRICO FACCINI: Adopero il Koh-I-Noor Rotring 5915 per Rapidograph.
Molti usano il Winsor & Newton Black Indian Ink 951: trovo che sia un inchiostro dalle qualità coprenti eccellenti, ma che va continuamente diluito a causa della sua densità (probabilmente è addizionato a gomma arabica per “ancorare” meglio la china alla carta).
Oltretutto, richiede una pulizia scrupolosa e continua degli strumenti: un pennello o un pennino su cui si sia seccato il W&N è in pratica da buttare. Avevo fatto alcuni anni fa, dei disegni non Disney a Ecoline poi inchiostrati con il W&N con un pennino Gillot di dimensioni più grandi rispetto al Perry: il risultato è stato divertente, bello.
BLOG: Mi rendo conto che questa conversazione sta diventando molto tecnica, ma in un blog non abbiamo problemi di audience (Internet non ha Auditel) ed è giusto scendere in dettagli, come forse farebbe solo Scuola di Fumetto. Prosegui, please…
ENRICO FACCINI: L’inchiostro della Rotring è nato per le penne a china da disegno tecnico, è quindi più fluido del W&N anche se meno resistente alle cancellature energiche. E’ diventato più difficile da reperire negli ultimi anni, in quanto le penne da disegno tecnico tipo Rapidograph sono molto meno richieste e diffuse, soppiantate dal disegno tecnico a computer.
Un bell’inchiostro che avevo trovato è il Talens Drawing Ink 700, che però qui a Genova non ho mai trovato, però penso si possa ordinare via Internet.
BLOG: Anche a me capita di non trovare, spesso, gli strumenti che mi servono per lavorare, il mercato è “ballerino”, per i disegnatori sono tempi piuttosto duri anche da questo punto di vista…
Nel caso che tu abbia fatto delle sbavature e segni in eccesso sul foglio, come ti regoli?
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ENRICO FACCINI: Uso tempera bianca Winsor & Newton Designer Gouache, dalle ottime qualità coprenti.
Scarpa mi consigliava di usare una lametta per raschiare le piccole sbavature – peraltro la Schoellershammer è in grado di “reggere” la lametta senza sfaldarsi – ma comunque la superficie della carta non è più la stessa di prima, e successivi interventi a inchiostro potrebbero non essere efficaci: preferisco quindi la tempera.
BLOG: Veniamo alle gomme!
ENRICO FACCINI: Rotring B20 per cancellare il segno della matita quando ho finito l’inchiostrazione. Ha il vantaggio di non “portare via” anche la china – almeno non troppo. Ci sono gomme ottime come la Staedtler Mars Plastic, che però sono più “drastiche”, e quindi utili per cancellare i disegni fatti solo a matita, non ancora inchiostrati.
BLOG: Concludiamo con suggerimenti sul tavolo da disegno da usare, secondo la tua esperienza.
ENRICO FACCINI: Anche qui vale la regola che chi più spende meglio spende.
Tavolo da architetto Neolt regolabile in altezza e inclinazione.
Ho anche un banco luminoso Neolt, costato parecchio a suo tempo, ma pesante e solido come un Panzer. Lo uso saltuariamente per “aggiustare” la composizione di alcune vignette. Sgabello a gas Neolt regolabile in altezza con piano in legno.
La stanza in cui disegno non ha un’esposizione ottimale alla luce naturale (peraltro meglio evitare di disegnare sotto la luce diretta del sole), quindi la integro lavorando sotto il fuoco incrociato di due lampade azzurrate Philips da 60 watt.
Particolare da non sottovalutare: disegnare sotto una lampadina normale può affaticare la vista, le Philips citate sono specifiche per lampade da disegno tecnico.
BLOG: La tua si può considerare una vera lezione sul kit facciniano DOC, rispetto al quale stimolo a confrontarsi con te (e noi, e loro) anche i lettori del blog, magari aggiungendo informazioni sulla loro esperienza.
Manca ancora qualcosa da aggiungere, o hai esaurito l’elenco?
ENRICO FACCINI: Possiamo accennare alla documentazione di immagini necessaria per ogni professionista del fumetto. Ovviamente ho un discreto, anche se non immenso archivio iconografico, un po’ di tutti i generi, anche se di regola non copio da altri e tendo a fare a mio modo.
Naturalmente, è sempre opportuno tener d’occhio il lavoro degli altri disegnatori, e l’archivio serve anche a sapere come sono fatti i personaggi, specie quelli meno utilizzati.
Va da sé che disegnando Paperoga faccio di testa mia, nel bene e nel male.
BLOG: Grazie a nome di tutti, Enrico! E tienti pronto per il Terzo Tempo!
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Il © delle immagini dei Paperi e del Nano è Disney.
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