Via cellulare, dieci anni fa precisi meno un giorno, ricevetti la notizia dell’inimmaginata e malaugurata scomparsa di Benito (Franco) Jacovitti da un amico romano.
Ero nel palazzo della Provincia di Lucca, con l’allora presidente Andrea Tagliasacchi, insieme all’ex assessore del Comune Rober-
ta Martinelli, alla Dott.ssa Baracchini (rappresentante del Governo centrale) e alcuni amici dell’Anonima Fumetti, l’associazione della quale allora facevo parte, con Gianfranco Goria e Alberto Arato, presenti sul posto.
La riunione riguardava l’ipotesi di creare il primo museo del Fu-
metto italiano, che sarebbe stato ospitato all’interno del Palazzo Guinigi, la cui torre è simbolo della città.
Non a caso, circa un anno prima, quando l’iniziativa era sorta (in seguito alla richiesta di convocare a Lucca Goria, fattami dal prof. Giancarlo Barsotti, allora presidente dell’Ente Max Massimino Garnier, del quale ero direttore culturale) avevo fatto uno schizzo per il poster di Lucca Comics con tutti i principali personaggi dei fumetti colti nell’atto di occupare Torre Guinigi, la torre con un albero sulla cima. Mirabilmente disegnato da Giorgio Cavazzano, l’immagine era già divenuta, dall’autunno ’97, il simbolo della “cosa fumetto” nel capolugo toscano. In rappresentanza di Jacovitti, fra i personaggi in procinto di “assalire” la torre, c’era il notorio Cocco Bill.
Di Pinocchio, Jacovitti, che dieci anni fa se ne andava, si era oc-
cupato con grande candore e dedizione, almeno quattro volte.
O, se vogliamo, tre volte più una, poiché la quarta era solo un ricordo, simpatico e a suo modo smitizzante, dei suoi tre Pinocchi precedenti. Oggi, questo beffardo osservatore della storia dello Stivale, gigante del cartooning, finalmente torna in libreria con una sua opera introvabile.
È (appunto) la versione integrale della sua interpretazione a fu-
metti del collodiano Pinocchio, uscita a puntate sul settimanale cattolico “Il Vittorioso”, dal n. 49 del 22 dicembre 1946 al n. 26 del 13 luglio 1947.
Realizzata circa tre anni prima, nel 1943, in pieno periodo fascista (e per questo, di fatto, priva dei balloons, che erano stati messi al bando dal Min. Cul. Pop), si tratta della seconda versione delle quattro in cui il fumettista di Termoli raffigura il bugiardo burat-
tino, ma anche l’unica vera in cui traduce in vignette di sequential art l’intero romanzo, poiché nelle altre due si occupa di illustrazioni e nella quarta (come accennavo sopra) rinnovella il suo personale rapporto artistico col personaggio di Collodi, su sollecitazione del giornalista Piero Zanotto.
La versione del Pinocchio debuttante nel 1946 è adesso proposta dalle Edizioni DI/Editori del Grifo, nel grande formato originale del “Vitto-
rioso”.
È un libro imperdibile anche per gli stessi appas-
sionati e collezionisti di Pinocchio; tra l’altro si avvale della cura e di un approfondito commen-
to del qui presente blogger e di una vasta docu-
mentazione iconografica e critica sugli altri “Pi-
nocchi” a fumetti (e non solo) realizzati nel mondo. Spazia dai sequel di Giorgio Scudellari e di Giancarlo Agnello, alle interpretazioni futuribili di Max Bunker e Giancarlo Tonna. Va da quello notissimo di Walt Disney a quello semisconosciuto di Nasica, realizzato per il “Corriere dei Piccoli” alle soglie della Prima Guerra Mondiale.
Chi ne vuole un’anteprima, batta un colpo.
Il pubblico potrà acquistare questo libro fra pochi giorni, con lancio a Roma (città jacovittesca per eccellenza) alla Fiera della Piccola Editoria, all’EUR.
Nella foto in basso sono a casa di Jacovitti, circa nel 1995, nella leggendaria Via Albornoz dove ha abitato a lungo, per decenni. Sono con me Andrea Sani, alle mie spalle, e un paio di amici francofoni con i quali preparavamo, coadiuvati da Leonardo Gori, una mostra personale di Jac al Salon International de la B.D. d’Angoulême immediatamente successivo.
A destra dell’immagine si intravede una parte della famosa collezione di armi di Benito, in parte ereditate. Di una di quelle pistole parla il grande Perogatt, in un suo divertentissimo post.