Glauco Coretti, fumet-
tista appartato, estrema-
mente dotato e versatile, abile schivatore delle mostre del Fumetto e delle conventions, se n’è andato domenica 30 marzo.
Ha seguito di poche setti-
mane il collega Franco Paludetti, con il quale condivideva il compito di disegnare Diabolik, il criminale in calzamaglia delle sorelle Angela e Luciana Giussani.
Parlavamo non troppo tempo fa di Coretti con Paolo Telloli, che gli aveva dedicato un ampio servizio sul penultimo numero della bella e informata rivistina Ink, la cui principale missione (non del tutto impossibile, e anzi coronata spesso dal successo) consiste nel riportare all’attenzione degli appassionati l’opera e la personalità, anche dal punto di vista umano, di fumettisti e illustratori italiani spesso trascurati. Ma con alle spalle decenni di intensa attività produttiva.
Coretti, noto a tutti per la sua attività di disegnatore realistico, a cominciare dalle matite del celebrato volumetto Diabolik, chi sei?, del quale prendo in prestito la vignetta selezionata da una pagina del blog Fumetti di Carta di ieri, non è invece altrettanto conosciuto per la sua produzione umoristica. O forse dovrei dire “per nulla”.
Non è, la sua, una cronologia molto folta, ma anche le sue rare storie di taglio umoristico e comico sono state condotte dal fumettista con singolare diligenza e risultati finali indubbiamente superiori alla media di molti suoi colleghi in forza negli anni Cinquanta nel maremagno dei tascabili a fumetti made in Italy.
Sapevamo che Coretti si era fatto le ossa con personaggi dalle forme tondeggianti e ispirati ai modelli dominanti statunitensi quando nell’im-
mediato dopoguerra aveva partecipato al lungome-
traggio prodotto da Anton Gino Domeneghini La Rosa di Bagdad, lavorando indefessamente insieme a un numero incredibile di colleghi fumettisti e animatori.
Poi, Coretti aveva proseguito con il cinema di animazione presso lo studio dei fratelli Nino e Toni Pagot, i quali anche prima del boom di Carosello realizzavano ambiziosi cortometraggi pubblicitari a colori per il grande schermo.
Ritroviamo la linea morbida di questi cartoons anche nelle tavole umoristiche con le quali ci piace ricordarlo adesso. Pagine che il giorno stesso della sua scomparsa avevamo trovato, presso uno stand alla Fiera di Milano, con molta sorpresa. Nessuno, fra quanti ho interpellato per mostrare loro questo singolare “tesoro”, conosceva, o aveva mai sentito parlare di questa remota produzione di Coretti, uscita su albi a diffusione limitata e sottovalutati da sempre dal giro dei collezionisti.
Coretti deve aver prodotto appena un pugno di storie con i personaggi di Muffi, Tapi e Liolà, ideati come soggetto dalla prolifica (e dal lessico inconfondibile) Renata Gelardini De Barba, qui autosiglantesi “Reny”, con pizzico di vaga esoticità. Coretti firma le tavole con lei sotto il titolo, in questo episodio (forse il secondo della serie) realizzato per conto dello studio romano di Sergio Rosi, che firma anche come direttore responsabile della testata sulla quale la la storia compare: Lulù, pocket per bambine della Casa Editrice Ulpia, con sede nella capitale in via C. Ottobono n. 36.
In particolare, si tratta del secondo numero della testata, uscito in data del 15 settembre 1957.
Lo stile di Coretti, forse responsabile delle sole matite della storia Caccia al vestito!, è piuttosto simile a quello dello stesso Rosi, che con tutta probabilità si occupa dell’inchiostrazione delle tavole. Sostituirà il personaggio di Muffi con il suo Volpetto, quasi identico, quando Coretti avrà abbandonato lo studio, deluso dall’esperienza romana. Lo stesso faranno, circa un anno, ognuno con proprie ragioni, dopo anche i suoi colleghi Gibba e Perogatt.