La rinnovata “formattazione generale degli spazi dei post, con la recente linea grafica di Nòva, continua a deformare le immagini e a saltare gli spazi fra le righe, per cui bisogna sopportare queste stranezze, con risultati che forse non si visionano nello stesso modo attraverso tutti i device.
Mi spiego? Ci sono dei puntoli, per esempio, fra un video e l’altro.
Purtroppo, chi vede tutto ottimamente non avrà la possibilità di comunicarlo alla collettività, non essendo possibile ospitare i commenti (e lo si sa).
Ma veniamo a noi, al personaggio di Clint Clobber, per esempio, che Massimo Liorni riprese, nell’anno 1959, in un tascabile della collana Bang!, della Casa Editrice Adriana di Via Bettolo, a Roma.
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Il disegnatore Gene Deitch, famoso soprattutto per una strana serie di cartoons di Tom & Jerry dal budget molto ridotto, è il vero autore di Clint Clobber, da lui disegnato per i New Terrytoons animati e poi trasportato nei fumetti.
Deitch (padre di un altro famoso cartoonist underground, amico di Crumb e Shelton), incontrò la ragazza (cantante) che ho indicato nel titolo di questo post, suscitando indifferenza mista a stupore, ad una festa, nel 1955.
“Cosa ce ne frega!?” potreste riflettere voi, miei undici lettori.
Un attimo, è una scusa per ascoltare del jazz molto personale e difficilmente riconoscibile, buono e strano, sottotraccia, un po’ lagnoso.
In questo post, che totalizzerà millantadue visualizzazioni, sono inseriti alcuni cartoons esemplificativi dello spessore del buon Gene.
Munro è chiamante basato su disegni del famoso vignettista satirico Jules Feiffer, che mi piacerebbe incontrare di nuovo, dopo oltre venti anni.
In una sua antica intervista Deitch la ricorda vestita severamente: “Quando la vidi ebbi da subito l’impressione che potesse essere una suora”. Ma quando la sentì esibirsi rimase scioccato dalla sua bravura: “Non cantava jazz o blues, cantava le sue canzoni, che stava componendo proprio in quel periodo. La maggior parte erano canzoni sulla solitudine, il sentirsi rifiutati, il tradimento, spesso raccontati con ironia. Erano tutte d’autore, bellissime melodie con testi che apparivano come metaforici. Ci ipnotizzarono completamente”.
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Deitch era un appassionato di musica, possedeva un registratore e ogni tanto si dilettava a registrare gli amici “per il gusto di farlo”. Diede appuntamento a Connie Converse e qualche giorno dopo, nella sua cucina, registrarono una manciata di pezzi. “Suonò i brani uno in fila all’altro […] Parlare con lei metteva quasi paura. […] Era così intelligente che non si poteva parlarle senza sembrare idioti”.
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In seguito si persero di vista. Converse non firmò mai nessun contratto né trovo un manager disposto a promuovere qualche concerto. Chi la conosceva apprezzava il suo stile e provava ad aiutarla a sfondare (l’amica Sarah Reed suonò canzoni di Connie durante i propri concerti), ma non servì a molto. Nel 1961 lasciò la Grande Mela per il Michigan, dove sarebbe stata più vicina alla famiglia.
Ci aspetteremo di visionare un bel The Connie Converse Documentary, ma qualcuno deve scucire il malloppo per produrlo. E quel qualcuno, perdonate, non sarò io.
Grazie a chi (e anonimo resti!) mi ha fornito queste informazioni.