Ma guarda un po’ se mentre tutti sono a divertirsi e a farsi premiare a Reggio Emilia (complimenti ad Antonio Faeti per il suo avvincente saggio con Pecos Bill in copertina, a proposito!) si deve stare qua a embeddare le divagazioni fatte da Makkox su Matteo Renzi che ricalca paro paro le gesta di Tintin, pantalomni alla zuava a parte!
Non bastava la copertina del numero di Internazionale in edicola a febbraio che apre il post, dove Makkox mostra Renzi in uniforme scout con Milù che lo segue in perfetto stile Hergé (a proposito, e tutti quei bei interventi sulla fede politica di Hergé, nei commenti di qualche mese fa, dove sono finiti? Spariti nel web a causa di questa decisione sibillina calata dall’alto, come un abbaglio di Sole, rintoccate 24 Ore su 24, di eliminare d’un tratto, senza avvertire, tutto il lavoro fatto in sette anni in questo blog alla faccia dell’interattività che dovrebbe contraddistinguere Nòva, nel silenzio toate)?
Cercheremo di ripristinarne alcuni.
Ecco il proseguimento del lavoro di Makkox, esternato in un Tweeeeeeeeeeet di Loris Cantarelli, che ringrazio.
Sotto, la copertina di Tintin di riferimento a questa avventura renziana, nella versione pubblicata a suo tempo in Italia dalla Comic Art.
Sotto l’occupazione, preso atto che il Belgio era sparito, Hergé si era trovato molto bene nell’Europa nazista, realizzando storie che davano per scontato il nuovo ordine e attaccando il nemico immaginario dei nazisti: il “potere internazionale ebraico”.
Nei fumetti avrebbe potuto destreggiarsi per rimanere neutrale, nessuno lo avrebbe licenziato, ma non lo ha fatto. Da clerical-reazionario era diventato nazista, almeno nei fatti.
Questo è un piccolissimo passaggio, scritto da Sauro Pennacchioli, della lunga e articolata discussione che si sta dipanando a cavallo tra gli sgoccioli del 2013 e gli albori del 2014 in coda a questo post su Calvo.
Il rischio è perdersela, perché n0n è indicata nel titolo.
Invece, vale proprio la pena di darci un’occhiata (eventualmente, il tutto può proseguire in coda a questo post.
Riguarda la creatività del padre di Tintin, gigante del Fumetto internazionale, e le sue scelte ideologiche durante il nazismo.
Ho aggiunto anche queste due foto (il © è di chi le ha scattate) segnalate da Gianfranco Goria nel dodicesimo commento, sotto.
Aggiunge: Guardate le misure! Persino Milton Caniff (che a ragione lamentava la dimensione microscopica con cui venivano pubblicate le sue strisce negli USA) avrebbe ammesso che era peggio di quel che si poteva pensare. Reggevano giusto per l’uso della “linea chiara”: con un po’ di tratteggi e chiaroscuri si sarebbe impastato tutto!
Grazie, Gianfranco!
Gianfranco così risponde a Sebastiano:
Sebastiano: beccato per caso, perché non sono sempre qui a leggere i commenti… Se vuoi chiedermi qualcosa su Hergé e Tintin, nei miei limiti, è meglio se mi cerchi su afNews o sul mio blog personale. Comunque, l’uso di quel tipo di lettering era piuttosto diffuso nella francofonia, tutto qui. E in quegli anni in Europa il fumetto era inteso per i bambini (anche se lo leggevano pure gli adulti): stiamo parlando del secolo scorso!
Spennacchiotto: beccato per caso di nuovo pure te. Io non so se tu hai dei pregiudizi nei confronti di Hergé e/o della sua opera. Sarebbe un problema tuo, ovviamente. Se hai deciso che l’uomo o la sua opera sono “poco raccomandabili”, ok. E’ la tua opinione. La mia è leggermente diversa. Giustificazioni o spiegazioni, poco importa. La lettura delle opere (nelle loro diverse versioni) consente di farsi la propria opinione sulle opere. Sapendo che le persone cambiano, col tempo, se non si mummificano, e così le loro idee, e così le loro opere.
Non è strano che uno sia antieuropeista e poi diventi europeista, che uno sia omofobo e poi cambi e non lo sia più, che uno sia stato allegramente razzista e poi si renda conto che era una brutta cosa ecc. ecc. ecc. Su Tintin e il suo Autore non si può tirare giù un giudizio manicheo, ovviamente: è vissuto abbastanza a lungo da avere avuto periodi molto diversi fra loro, come (quasi) tutti noi (se non ci siamo mummificati prima). A valle di questo c’è il personaggio Tintin, che ha avuto la propria evoluzione (strettamente legata a Hergé, ai suoi collaboratori, alle sue frequentazioni, alle epoche che ha attraversato), fino a standardizzarsi nell’immaginario collettivo francofono, rappresentando, in quell’ambito, un valore positivo a se stante. Se anche Hergé fosse stato brutto sporco e cattivo (come purtroppo tanti dei nostri genitori e nonni, alcuni riscattatisi in seguito coi fatti, altri no), il suo personaggio ha comunque sviluppato, nell’immaginario collettivo francofono, una propria personalità e una propria scala di valori, che vanno sicuramente oltre quelli dell’uomo Hergé. E’ in genere così per qualunque autore. Una merda d’uomo può anche scrivere un capolavoro. Succede, è successo e succederà ancora. Persone squisite possono non aver mai scritto nulla. Ma queste potrebbero essere banali ovvietà, da ricordare oggi solo perché è il primo dell’anno. Resta il fatto che la valutazione sull’opera va fatta valutando l’intera opera e le sue fasi, nonché la mummificazione del personaggio (cioè il suo “congelamento finale” recepito dall’immaginario collettivo).
Nella mia analisi non vedo fasi naziste in Tintin, non ne vedo nemmeno di comuniste e quanto al fascismo (siccome siamo nella sua Patria), dovremmo prima intenderci bene su cosa intendiamo in Italia per “fascismo”. Mettere come finanziatore di una spedizione artica un ricco ebreo americano è “fascismo”? E’ automaticamente antisemitismo? Mostrare come gangster mafioso un italo-americano è “fascismo”? E’ automaticamente razzismo? Ecc.ecc.ecc. esaminando storia per storia, versione per versione. Mostrare personaggi afro-americani con i labbroni è “fascismo”? E’ automaticamente razzismo? O dovremmo parlare di “politicamente scorretto”?
Probabilmente (dovrei controllare) il termine non esisteva nemmeno… La gente d’Europa (e pure d’America e magari pure altrove) usava fare quotidianamente battute sugli ebrei taccagni (e gli scozzesi e i liguri), sugli africani tontoloni ma tanto bravi a ballare, sugli americani del nord gnoccoloni e boccaloni, sugli italiani ladri e mafiosi, sugli omosessuali, sugli zingari, su… Su tutto quello che era diverso da sé. E lo si faceva con estrema naturalezza, senza minimamente rendersi conto dell’orrore che si nasconde(va) dietro queste cose, in prospettiva. E, come dicevo, lo si fa ancora, persino oggi nei benestanti paesi occidentali e dopo due guerre mondiali e i campi di sterminio. Per lo meno, però, ora si sa che si sta facendo (o dicendo) qualcosa di “politicamente scorretto”. Quanti si rendono veramente conto dell’orrore che c’è dietro, nel desiderare la morte altrui, per giunta solo perché “diverso da sé”?
Non lo so e posso solo sperare che siano sempre di più, per il bene della specie umana. A quei tempi invece nemmeno si poneva il problema, la maggior parte dei nostri recenti antenati. E’ orribile, a pensarci (e infatti ha generato mostri e mostruosità, e ancora lo fa), ma era così. A lato di tutto ciò sta la persona umana Hergé, individuo dalla psicologia complessa (come molti di noi), non riassumibile con una banale e comoda etichetta (come ciascuno di noi). Anche Hergé, se proprio si deve farlo, va analizzato in dettaglio, scoprendone le “epoche”: non era una personalità banale, sempre uguale a se stessa. Se volete farlo, si può agevolmente farlo, oggidì: i testi che vi ho indicato dovrebbero essere ampiamente bastanti per una analisi storica della personalità pubblica (e, in parte, privata) dell’uomo Hergé.
Potrete poi tranquillamente discuterne con i relativi autori, a partire da Peeters che è facilissimo da contattare in rete. Quanto all’opera, come dicevo, va trattata in modo analitico e cronologico, nonché per versioni.
Più facile, ovviamente, è partire dalle ultime storie, perché hanno una sola versione. I Gioielli della Castafiore, per dire, per capire cosa pensa Tintin degli zingari e cosa ne pensava schiettamente il capitano Haddock prima di conoscerli di persona. I Picaros, per vedere quale opinione ha Tintin dei vari regimi sudamericani dell’epoca, delle rivoluzioni, delle multinazionali ecc. Tintin in Tibet, per capire quanto profondo sia il senso dell’amicizia per Tintin (e quali tremendi traumi psicologici stesse affrontando Hergé in quel periodo, coi suoi “sogni bianchi”). E via così, all’inverso fino all’insulsa storia dei Soviet, zeppa di luoghi comuni ma anche di drammatiche verità che avremmo conosciuto solo molto più tardi, ma nella quale l’ancora embrionale Tintin (molto più simile al primissimo Topolino che al se stesso di qualche tempo dopo) mostra comunque un’attitudine a contrastare la mancanza di libertà, sia pure in modo ingenuo.
Insomma, analizzare Tintin e Hergé è cosa complessa, da non liquidare in due parole. Ma temo sia poco divertente per gli italiani, che non ci sono cresciuti insieme. Altri sono i riferimenti nostrani: Jacovitti, per dire e tanti altri che, pure loro manco a dirlo, si sono “sporcati le mani” nel periodo in cui i nostri predecessori le mani pulite le avevano di rado, dal punto di vista del comportamento “politicamente corretto” e il rispetto della diversità era prerogativa di pochi, pochi davvero. Almeno ci servisse di lezione! Ma a sentire il sono dei TG e della Rete sembra che siano ancora in molti, a voler ripercorre le stesse strade. Quanti, non so. Posso sperare non diventino di nuovo troppi, com’è stato nel non troppo lontano passato. Non sono ottimista, ma sperare posso sempre.
Dice Francesco Conte:
Non vorrei sembrare inopportuno con il mio intervento, visto che è il primo che faccio in questo blog, ma l’argomento è molto interessante da diversi punti di vista.
Quello che mi sorprende è che, mentre con giusta motivazione e civile dibattito si disquisisce sulla reazionarietà filo fascista o moralità personale di Hergè, a Bruxelles sta per partire il BRAFA Art Fair 2014, ennesima e accattivante manifestazione del fumetto che valorizza anche Tintin fra le altre cose. E che dire dell’ ultimo film animato in 3D di Spielberg, regista dello Schindler’s list che tutti abbiamo ammirato. Forse il regista statunitense non aveva una buona ed erudita conoscenza delle opere e della biografia di Hergè?
A parer mio esiste un limite “valicabile” oltre il quale si può andare e ammirare l’opera di un autore che può aver fatto anche delle scelte sbagliate ma che sono di secondo piano rispetto a ciò che ha prodotto.
E aggiunge Tomaso Turchi:
In Italia Tintin non ha mai avuto un successo- non dico plebiscitario- ma nemmeno accettabile riguardo al numero degli estimatori.
Ricordo che nel 1965 quando Gandus fece uscire una serie di albi in brossura, poi dovette fermarsi al numero 8.
La resa era alta e l’editore cercò di utilizzare il rimasto in più di un modo.Rammento con precisione che gli albi ricopertinati in lucidi venivano dati in omaggio ai consumatori del supermercato Standa.
Gandus poi cercò di proseguire, ma per vedere “Nel paese dell’oro nero” fu necessario attendere il 1974.
POi anche questa iniziativa fallì.