Ho appena avuto la triste notizia che all’inizio di gennaio se n’è andato Massimo Liorni, l’animatore e factotum del Braccio di Ferro e del Johnny Azzardo dell’Editore Vita di Roma, a lungo collaboratore di Gabriele Gioggi, impiegato per decenni presso i Fratelli Spada.
Sotto, la copertina del primo numero di quel Braccio di Ferro, datato dicembre 1962.
Liorni aveva ricalcato su fogli di carta da ingegnere, le tavole americane di Sagendorf, a cominciare dalla copertina che vediamo.
Molti lettori del Dopoguerra hanno conosciuto su quelle pagine i fumetti del marinaio guercio, compreso un esilarante ciclo di strisce di Segar, unica cosa a essere stata pubblicata in versione originale, poiché agli uffici milanesi del KFS erano a disposizione le patinate in questione.
Persona simpatica e affabile, cattolicissimo, Liorni era attivissimo e positivamente pragmatico, vulcanico.
Anche uno sceneggiatore capace, benché questa sua attività l’avesse abbandonata presto. Aveva sceneggiato, per esempio, alcune storie per il giovane Raoul Buzzelli, che faceva parte del suo staff. Era stato agente di vari autori spagnoli, le cui storie adattava e traduceva per Italia e Francia. Fra questi, anche Jèsus Blasco.
Sopra, la copertina del suo libro autobiografico, pubblicato nel 2008, introvabile, imprestatomi da un caro amico (al quale la restituirò brevi manu, tranquillo…)
Le sentite condoglianze di Cartoonist Globale alla famiglia.
Lo ricordo con un post di quattro anni fa, che sicuramente lo stesso Massimo aveva letto.
Massimo Liorni mi ha scritto più volte su Facebook e i solerti amici del Fan Club che seguono quelle pagine che mi riguardano mi hanno girato il suo ultimo messaggio.
Liorni è intervenuto più volte, parla anche di sé, suggerisce la visione delle repliche della prima edizione de Il Grande Fratello, quella storica con la “Gatta Morta”, il lancio di Pietro Taricone e la vincita di Cristina Plevani, condotta da Daria Bignardi con (ai collegamenti esterni) Marco Liorni, che di Massimo è figlio.
I fumetti di Liorni sono fra i primissimi che ho (diciamo) letto, quando ancora non avevo gli strumenti per farlo, insieme ai Corrieri dei Piccoli e gli albi della Editrice Flaminia di Gabriele Gioggi, più o meno in contemporanea con un primo Topolino tascabile e le storie di Giorgio Rebuffi, Umberto Manfrin e colleghi su Cucciolo delle Edizioni Alpe.
Una delle prime pubblicazioni di Liorni, competamente “autocostruite” che ho avuto fra le mani era Bang!, della quale l’editor tuttofare parla nel suo messaggio, che in parte riporto in questo post. Liorni la seguiva con il suo piccolo Studio (ma in pratica credo che facesse tutto da solo cambiando firme alle storie realizzate con stili diversi), lo stesso che poi avrebbe realizzato, colle e forbici in mano, le testate dell’Uomo Mascherato, di Mandrake, di X-9, di Bat-Star e così via per la Fratelli Spada.
Nel web trovo Massimo Liorni citato in un excursus che ben conosco, presente da qualche anno su afNews.
E’ il capitolo Viaggio in cronosfera, che Giuliano Cerofolini e Leonardo Gori hanno dedicato alla Storia del Fumetto Amatoriale italiano.
“Nel 1957 arriva una bella sorpresa: la Casa Editrice Nerbini di Firenze, ritenuta da tutti scomparsa (e in effetti da tempo il suo titolare, Mario Nerbini, l’ha abbandonata), si rifà viva e lancia nelle edicole, a 200 lire, la ristampa dei primi 21 albi a colori del Gordon di Alex Raymond, già pubblicati nel 1947.
“A differenza dell’edizione dell’immediato dopoguerra, questa ristampa viene ‘depurata’ dei 9 albi finali, apocrifi, disegnati da Guido Fantoni. In un certo senso, si tratta della prima ristampa fatta con criteri filologici, per quanto assai grossolani.
“La ristampa di Gordon costituisce una sorta di segnale convenuto: Mario Nerbini, trasferitosi a Roma dopo il fallimento della sua Casa Editrice, alla fine degli anni Cinquanta vara alcune collane formato comic book (per noi ‘albo d’oro’) con ristampe, quasi sempre malamente lucidate, di classici dei grandi eroi americani. Gli albi di Nerbini hanno un buon successo, mentre a Milano la Corno lancia una nuova collana di albi di Gordon, con la produzione più recente del personaggio.
“La pubblicazione milanese, per la prima volta, ospita brevi articoli sul Fumetto: si comincia a parlare di strisce giornaliere, di tavole domenicali, di date con il mese davanti al giorno (secondo l’uso anglosassone), di strani salti a fine settimana (si lascia il posto, ovviamente, alla tavola domenicale). Appaiono i primi annunci di cerco/vendo, si pubblicano i primissimi ‘prezziari’.
“Poi, all’inizio degli anni Sessanta, Mario Nerbini cede le sue collane ai Fratelli Spada, che in breve tempo, grazie alla competenza e all’iniziativa di Massimo Liorni, danno inizio ad un organico piano di ristampe cronologiche e integrali dei classici degli anni Trenta.
“Si comincia con Mandrake, L’Uomo Mascherato, Cino e Franco. Nel 1964 è la volta – dopo un’intensa campagna pubblicitaria – del Gordon di Raymond.
“Sulle pubblicazioni Spada c’è una ricca rubrica delle lettere (In risposta alla pregiata vostra del…) in cui appare una gran messe di notizie, e dove si precisano i desiderata dei lettori, si ricostruiscono “cronologie”, si fanno progetti per il futuro.”
Questa (sopra) è una copertina di Bang!, firmata Liorni, come lo era quella di Carioca pubblicata in apertura di post.
Nulla mi toglie dalla testa che sia stato questo personaggio, ricavato da uno show di pupazzi animati americano, a fare da ispirazione e modello al Woody di Toy Story.
John Lasseter e i suoi uomini della Pixar, volendo rievocare lo spirito dei giocattoli del passato, guardavano a cosa “passava il convento” negli anni Cinquanta, a cosa trasmetteva la tv americana.
Howdy Doody era presente in molti giocattoli, fatti di materiali ancora arcaici: celluloidi più o meno fragili, legno, stoffa, metallo.
In Italia nessuno ne sapeva niente. Gli show americani con questi personaggi (come i pupazzi del mimo “disneyano” Edgar Bergen o la serie altrettanto famosa di Rootie Kazootie, del quale vediamo una foto e, sotto, la copertina di un Little Golden Book; lo aveva creato Steve Carlin) non erano tradotti da questo lato dell’Oceano, e probabilmente era anche un bene.
Quindi, gli eventuali fumetti made in Italy ispirati ai comic books non avevano il retroterra che i lettori americani ben conoscevano, e che stimolava all’acquisto degli albi, dei libri, dei vari altri materiali anche cartacei collegati ai pionieristici programmi per ragazzi irradiati dai tubi catodici degli States.
Per avere un’idea di cosa Howdy Doody fosse, ecco un estratto da una puntata andata in onda nel remoto 1949 (quando in Italia, come è noto, della televisione non c’era ancora l’ombra). Questo tipo di show, con presentatori esuberanti, canzoni intonate in studio e torme di ragazzini parlanti come pubblico e mini-star, fece da modello al più celebrato Mickey Mouse Club (Il club di Topolino).
Segue una puntata speciale, di taglio cinematografico, creata per il Natale 1957.