Sotto l’occupazione, preso atto che il Belgio era sparito, Hergé si era trovato molto bene nell’Europa nazista, realizzando storie che davano per scontato il nuovo ordine e attaccando il nemico immaginario dei nazisti: il “potere internazionale ebraico”.
Nei fumetti avrebbe potuto destreggiarsi per rimanere neutrale, nessuno lo avrebbe licenziato, ma non lo ha fatto. Da clerical-reazionario era diventato nazista, almeno nei fatti.
Questo è un piccolissimo passaggio, scritto da Sauro Pennacchioli, della lunga e articolata discussione che si sta dipanando a cavallo tra gli sgoccioli del 2013 e gli albori del 2014 in coda a questo post su Calvo.
Il rischio è perdersela, perché n0n è indicata nel titolo.
Invece, vale proprio la pena di darci un’occhiata (eventualmente, il tutto può proseguire in coda a questo post.
Riguarda la creatività del padre di Tintin, gigante del Fumetto internazionale, e le sue scelte ideologiche durante il nazismo.
Ho aggiunto anche queste due foto (il © è di chi le ha scattate) segnalate da Gianfranco Goria nel dodicesimo commento, sotto.
Aggiunge: Guardate le misure! Persino Milton Caniff (che a ragione lamentava la dimensione microscopica con cui venivano pubblicate le sue strisce negli USA) avrebbe ammesso che era peggio di quel che si poteva pensare. Reggevano giusto per l’uso della “linea chiara”: con un po’ di tratteggi e chiaroscuri si sarebbe impastato tutto!
Grazie, Gianfranco!