Una mostra alla quale andrei volentieri, anche per rivedere l’amico Roberto, è questa qua.
Benché il suo esordio corrisponda a un racconto a colori (Alan Hassad, su testi di Daniele Brolli, 1982), la mano di Baldazzini si dimostra suggestivamente adatta al bianco e nero, come conferma il suo tratto a pennello (un pennellino dai peli di martora, usato alla maniera di alcuni autori americani classici) dai tratti corposi, sciolti, sicuri come fendenti, modulati con straordinaria varietà e morbidezza.
Altra nota distintiva delle sue immagini è la forte stilizzazione che le spinge, talvolta, alla deformazione pop.
Così, le figure si stagliano precise e piatte su sfondi altrettanto bidimensionali, rispetto ai quali si delineano in maniera netta. Al posto delle ombreggiature, tutt’al più, Baldazzini ricorre ad un mezzo classico come i retini adesivi, dei quali fa un uso esperto e smaliziato.
Il suo stile rimanda a fumettisti classici americani come il Wilson McCoy dell’Uomo Mascherato (The Phantom, vedi sopra), mentre la deformazione stilizzata, che giunge talora al grottesco, richiama in maniera indicativa il Chester Gould di Dick Tracy (tavola sotto).
D’altro canto, esistono invece in Baldazzini le parentele moderne: analogie con i lavori di Charles Burns Sotto, una sua donna codata), o slittamenti grafici verso la ligne claire del francese Yves Clhaland, o dello spagnolo Daniel Torres.
La fusione coerente di questi stilemi si rivela sin dai lavori dei primi anni baldazziniani, come il già citato racconto Alan Hassad (1982), Martin Trevor (su testi di Vandelli, 1983), Ronnie Fumoso (ancora di Brolli, 1984) e infine Stella Noris (in collaborazione con la sceneggiatrice Lorena Canossa, 1984).
Quest’ultimo fumetto ha un valore particolare: da una parte perché segna l’esordio di una collaborazione destinata a diventare fondamentale per il periodo in cui il disegnatore si afferma, dall’altra perché il personaggio stesso di Stella Noris si snoderà in una serie di episodi che lo configureranno come un character singolarmente complesso.
Infine, Stella Noris funge da trait-d’union fra la produzione tradizionale di Baldazzini e una sua successiva ramificazione che potremmo definire di soft bondage. Questa tendenza troverà ampi riscontri in alcune future produzioni a fumetti di Baldazzini, con illustrazioni, storie lunghe e brevi sketches.
Non è forse un caso che questo nuovo sentiero creativo corra parallelo alla scelta fatta analogamente da Franco Saudelli, che ancora con Luigi Bernardi (negli anni di Granata Press), premerà il pedale del bondage per il quale ha già mostrato interesse, creando la fuorilegge La Bionda sulle pagine di “Comic Art”.
Ma stiamo parlando del trentennale dell’artisto vignolese, non andiamo fuori tema, corpo di mille balene!
Baldazzini accoglie tra le mura di casa la piccola stampante offset che ha acquistato con Brolli e Igort, in compagnia della meteora Domenico D’Amico, per dare alla luce la loro fanzine collettiva di ricerca underground “Pinguino Guadalupa”.
È la prima fra le varie attività editoriali che, soprattutto Brolli e Igort, intraprenderanno nella loro carriera, una di quelle che peraltro ha il merito di andare in pari coi costi, distribuendo a mano “Pinguino Guadalupa” nelle edicole di Bologna e a qualche libraio alternativo.
Già che siamo in ballo, embeddiamo anche l’opera prima d’un prim’attore definibile una comune conoscenza, con Baldazzini e col sottoscritto: Antonio Vianovi, sapiente interprete de Le cose che ami non esistono, uno short scritto, diretto e montato da quel simpaticone di Gratta
Illuminato dall’oblungo Zoo Bee.
Le poesie sono di Giorgio Weber.
TUTTO DI ROBERTO:
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