Eccoci qua di nuovo con l’argomento di ieri.
Per chi ne ha parlato nei post scorsi sul tema, ecco qualche riferimento a libri di Al Capp usciti in Italia a suo tempo, per i tipi di Milano Libri e Rizzoli.
A parte questo, Al Capp non fu mai abbastanza soddisfatto del suo successo. Chiedeva sempre di più, si diceva, e con noi lo ribadiva Harvey.
Even so, Capp was never content with his success. “He was highly competitive and hated hearing that another artist had a greater circulation or was read by more than he was,” Schumacher says. Kitchen adds, “He was absolutely cutthroat with his competition.
Other than Milton Caniff, his best friend, he’d do anything to get publicity and gain advantage over other cartoonists.” When his rival and nemesis Ham Fisher committed suicide, “Capp was thoroughly elated and didn’t hide it. Striving to stay on top was what drove him.”
Vele a dire, quando il suo nemico Ham Fisher (del quale era stato assistente, per Joe Palooka) si suicidò, Capp non si fermò. Mannaggia a lui.
The sex scandals, however, led to many newspapers canceling their subscriptions to the strip. That, along with Capp’s belief, the authors assert, that “Li’l Abner” wasn’t as funny as it had been at one time, led him to put an end to a strip in 1977.
Capp began his political life on the liberal left and turned radically to the right.
But Schumacher (coautore del libro, NdR) makes a distinction between social liberalism and political conservatism: “I believe that he was unchanged over the years, in terms of what he felt about, say, social injustice, and that what had once bothered him about the politics of the right later bothered him about the politics of the left.
Keep in mind that he was still liberal-left enough to campaign for Johnson in 1964.
He started to change shortly afterward, when he saw and was angered by the activism on the college campuses across the United States.
He had no patience for what he felt were privileged kids attending college on their parents’ money, raising hell and showing disrespect toward all authority figures, talking like know-it-alls when they actually were very limited in experience, and so on.”
Capp, Kitchen notes, had a low regard for the human race in general “and probably saw in new friends like Richard Nixon and Spiro Agnew a pragmatic political realism that he no longer saw in the ‘bleeding heart’ liberal crowd.”
Aggressivamente satirico e beffardo verso il potere da giovane, Al Capp si ritrovò alla fine dei suoi giorni allineato su posizioni decisamente reazionarie, dopo aver sfruttato non poco i suoi collaboratori della striscia che gli aveva dato fama e denari.
Disegnatori altrettanto dotati come Andy Amato, Harvey Curtis, Walter Johnson e (tra gli altri) l’illustratore e fumettista Frank Frazetta (del quale abbiamo già parlato marginalmente qui) o Bob Lubbers, principale disegnatore delle strisce slobboviane pubblicate anche in Italia da Linus e supplementi negli anni Sessanta e Settanta.
Con Lubbers, niente affatto risentito per aver visto il suo nome oscurato per anni da quello di Capp, chiacchierammo a lungo di questo e di altri particolari della scena fumettista delle strisce USA nel corso della sua unica visita in Italia a una fiera di fumetti.
Nello specifico, si trattava di una indimenticabile Expocartoon di fine anni Novanta organizzata da Rinaldo Traini e dal gruppo di Immagine: una occasione in cui si lasciava del tempo anche alle opportune visite turistiche degli ospiti agli splendori della Capitale; con Lubbers ne facemmo un ripasso veloce insieme ad Aberto Becattini e a un compagno di viaggio americano anziano quasi quanto lo stesso cartoonist che non sapeva assolutamente nulla di comics.
In seguito, Alberto avrebbe dedicato a Lubbers un eccezionale volume della collana Glamour International Magazine, bilingue: forse l’unico saggio attuamente disponibile sul grande autore dal tratto insospettabilmente versatile.
Forse, su Amazon o su eBay ne sono ancora acquistabili alcune copie.
Su Li’l Abner (amabilmente tradotto in Italiano da Ranieri Carano con un fantasioso crogiuolo di idioletti norditalici) non scrivo, però, questa volta, un pezzo di approfondimento.
Mi limito a proporre un po’ di immagini rare, sicuramente ignote per il grosso dei suoi fans italiani.
Ecco qualche impiego pubblicitario dei vari personaggi della serie: da Li’l alla seducente biondona Daisy Mae, sua moglie; da Sam l’offiziante ai genitori di lui, fra i quali spicca l’inossidabile Pansy Yokum, ispiratrice alla lontana della nostrana Nonna Abelarda.
I lettori di data più vecchia ricorderanno nei fumetti il SADIE HAWKINS DAY, il giorno in cui le zitelle di Dogpatch correvano in una preoccupante competizione sportiva per afferrare i loro futuri possibili mariti; la cerimonia di nozze sarebbe stata offiziata seduta stante, previo un ampio guiderdone ammannito al venale Sam.
La corsa e le sue conseguenze sono raccontate in un raro (e strano) cartoon di Li’l Abner che però, nella sua migliore qualità è sparito dal web recentemente. Ve ne scodello uno decisamente poor seguito da un altro, diretto (pensate un po’) da Bob Wickersham.
Già, proprio l’artista del quale abbiamo parlato qui pochi giorni fa.
Pur non rendendo giustizia a Capp e ai suoi collaboratori, mette conto vedere questa roba, distribuita dalla Columbia negli anni Quaranta. Lo spazio per discuterne come si dovrebbe (e soprattutto il tempo) mancano del tutto. Tutte le osservazioni in merito sono benvenutissime.
Un altro, in bianco e nero, è già vedibili qualche decimetro più sopra, mentre qui ecco una delle versioni dal vero della serie, un trailer del 1940.
Di seguito, altri cimeli: copertine di antiche e paludate riviste USA, foto della commedia musicale recente e così via.
Vi compare anche il micidiale generale Bullmoose, il tizio con i baffoni, una sorta di Rockerduck della situazione.
Grazie a Eta Beta per le dritte!
(Tra parentesi, a scanso di equivoci, il copyright sui personaggi e sull’opera sono © Capp Enterprises, Inc. All rights reserved.)
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