Tomaso Turchi ha scritto un commento a mio avviso interessantissimo sul saggio in questione, benché circoscritto a uno degli argomenti che ci stanno a cuore.
Mette conto dare maggior evidenza alla sua dissertazione, che rischia di perdersi fra i commenti assortiti.
Per questo, la ripropongo qua, per il momento così com’è.
Peraltro, tira anche in ballo il sottoscritto e colleghi.
Strada facendo, nel corso della giornata, l’editerò un po’.
Buona lettura.
A proposito di storici e critici del fumetto e dintorni, vi sottopongo una mia disamina di quanto il prof.Preziosi ha avuto l’opportunità di scrivere sul “Vittorioso” e di rimando sul Nostro Jacovitti.
Sono perplesso: ho letto il saggio del prof. Ernesto Preziosi su “Il Vittorioso, storia per un settimanale per ragazzi”, Ed. Il Mulino, 2012.
Vi risparmio la prima parte e anche più del saggio qui sotto la lente di ingrandimento ( non ho competenze sufficienti per entrare nei meandri della storia dell’Azione Cattolica). Parto da pagina 213 del libro, citato nell’intitolazione, dove si parla di Jacovitti e delle sue storie del secondo dopoguerra, a partire cioè dal 1945.
Che ci dice il Prof. Preziosi a proposito??
Beh, soprattutto cita con le adeguate e doverose note di riferimento quanto scritto dalla signora Anna Saleppichi e Goffredo Fofi nell’ambito di vari capitoli, “Jacovitti e la pace armata” e “Jacovitti e il turbolento dopoguerra”, che fanno parte e compongono il saggio edito da Stampa alternativa “Jacovitti, Eia, eia baccalà”, soprattutto pagine 29 e 103. Anno di grazia 2010.
L’autore, Prof. Preziosi, ripete meccanicamente, ( forse per una totale concomitanza di vedute ed opinioni??) quanto Saleppichi riprende da varie interviste, soprattutto da quella ospitata sulla pubblicazione “Segni e Disegni, 90 ma non li dimostra”, editore Pichierri, 1987: un metodo che spesso diventa consuetudine quando l’ estensore/i di un qualsiasi lavoro scritto basato sulla ricerca è/ sono – in questo caso sui fumetti – dei neofiti (suppongo). Va beh, pazienza. Però io non posso essere d’accordo con questo sistema di procedere.
Sono un bacchettone moralista?? Forse, però non solo occorre dare a Cesare quel che è di Cesare (cosa in effetti correttamente fatta), ma sarebbe auspicabile trarne conclusioni autonome.
L’intervista prima citata …….. Jacovitti in un lontano 1986 conversò con Gori, Boschi, Sani e, mi pare, Bruni. Inventò delle situazioni, quindi una operazione fantastica sul nonsenso delle cose. Dissertò sull’esecuzione delle storie di “Pippo e il Dittatore”,“Pippo e le guerra e la pace”, dichiarazioni poi trascritte tali e quali dai perplessi e forse intimiditi intervistatori: i quali, penso io, non osarono emettere un solo suono, o una nota, critica. Ormai a decenni di distanza, con il senno di poi è facile dire che, in quel caso, sarebbe stato indispensabile inserire tale nota.
Queste notizie fantastiche ma di fatto (involontariamente?) fuorvianti, furono nel tempo utilizzate alla lettera più volte e da diversi giornalisti, storici del comic ecc, ecc. Penultima a rifriggere la frittata, Anna Salepicchi, ultimo della serie, il prof. Preziosi.
Questa ultima cosa mi ha inquietato parecchio. Nel 2010 oltre che scrivere alla signora Salepicchi (insegnante di lettere) – mai ricevuto risposta – ne scrissi pure su Vitt & Dintorni e sul sito degli Amici del Vittorioso nell’ambito di un lungo intervento imperniato sul rapporto Jacovitti/ Maner Lualdi (1959).
Va beh, devo lasciar perdere? tanto una goccia nel mare non ne fa certo salire il livello.
In tutti i casi desidero precisare che: Jacovitti, finita la guerra, lavora praticamente esclusivamente per l’editrice cattolica AVE, sul “Vittorioso” (e su alcuni albi quasi tutti con storie già uscite in precedenza a puntate sul Vitt).
Nel 1945 ci fu l’eccezione di “Intervallo”, settimanale studentesco cattolico sul quale il Nostro sul n° 2 approda con la storia di “Pippo e il dittatore” disegnata a tutta pagina, in grande formato e in quella veste originaria mai più riproposta ai lettori.
Neppure la casa editrice “Stampa Alternativa“ ha avuto voglia ed interesse per condurre un’operazione filologica nel ristampare nell’anno di grazia 2010 integralmente questa storia nel contesto del prima citato volume “Jacovitti – Eia, Eia, baccalà, la guerra è finita”. Il medesimo trattamento hanno avuto, sullo stesso volume, le due storie consecutive “Pippo e la guerra” e “Pippo e la pace”, apparse originariamente su “Il Vittorioso” e disegnate dal Nostro fra il 1946 e l’anno successivo. Poi pubblicate in due albi della “serie Pippo”.
Che scrive Goffredo Fofi di queste storie (nella veste di curatore del volume prima citato di Stampa Alternativa) nel suo prologo intitolato “Jacovitti e l’interregno….” ??
Mah, insomma, a me non dà l’impressione che affondi il coltello nello specifico fumettistico con cognizione di causa, ma piuttosto che porti avanti un’analisi di tipo generale legata alla sua conoscenza della Storia e del Cinema di quel periodo. Io scrissi a Fofi chiedendogli: ma perché mai ha accettato di scrivere su Jacovitti senza averne una reale ed approfondita conoscenza??
La risposta: “perché mi andava, per sfizio, anche se avevo in cuor mio il timore/presentimento che qualcuno me lo avrebbe poi fatto notare”.
Ancora mah??
Comunque non credo che nessuno con certezza possa discettare sulle motivazioni che spinsero Jacovitti fra il 1945 e il 1947 a disegnare quelle storie che parlano di dittatura, di guerra e di pace. Lo stesso Jacovitti ha rilasciato a proposito, in tempi diversi, interviste contradditore, poi acriticamente riportate (mi ripeto. Ma ripetere aiuta) alla lettera in contesti diversi, compreso il prima citato volume nella parte curata dalla signora Anna Saleppichi (Lisca di pesce e la pace armata, pagina 29). Mah?’
Torniamo allo specifico del saggio del prof.Preziosi. Mancano parecchie cose fondamentali ( si lo so, bisogna guardare quello che c’è, ma, insomma, anche quello che manca). Ho cercato invano un cenno alla metamorfosi de “Il Giornalino” avvenuta nel 1969, con cambio di formato e distribuzione in edicola.
Perché poi questo interesse per quello specifico avvenimento ?? perché di fatto “Il Giornalino” raccolse l’eredità del nostro “Il Vittorioso” attraverso l’operato di scrittori e disegnatori ereditati da “Il sempre più bello”, Basari, De Barba , Roudolph, Jacovitti, Landolfi, Giovannini, Gianni De Luca ecc .
Pubblicazione questa, Il Giornalino, ancora validamente sulla breccia.
Sono veramente perplesso….
Va beh. Si… Il prof. Preziosi è fondamentalmente uno storico dell’Azione Cattolica e il suo saggio qui in disamina rispecchia questo lato della faccenda; però, insomma, un poco più di leggerezza, per evitare la pesantezza del tutto. E poi il titolo del libro… ma Il Vittorioso non era soprattutto molte storie a fumetti di differenti autori?’ Non è limitante parlare praticamente solo di Jacovitti e per di più non in modo nuovo e personale, ma attingendo senza riserve e senza – lo ripeto- pudore alcuno, da quanto scritto da altri.
Insomma, se una persona è uno studioso, studia ed elabora una sua visione degli avvenimenti, non ripete quanto prodotto da altri, anche se le visioni sono combacianti.
Oppure sono io ad essere fuori strada e i fumetti c’entrano poco. Perché è questo il lato che emerge da quanto scritto da Preziosi: la matrice storica è prevalente, “il Vittorioso” come parte del movimento associativo, la valenza pedagogica implicita nell’associazionismo e nelle storie scritte e disegnate e in tutti gli interventi parte di rubriche varie; certo è così, ma senza un’ analisi sistematica ed accurata del fumetto il nostro giornale perde di identità, non ha senso. Almeno, a me sembra così. Mi sbaglio?
Un’altra cosa solamente, importante anche se da un certo punto di vista marginale nei confronti del nocciolo intorno al quale si sviluppa il saggio di Preziosi.
Portiamoci al fatidico anno di grazia 1959: ho già raccontato con molti “se” e con tanti “ma” sia nell’ambito del “Notiziario” degli Amici del Vitt n°21 del Novembre 2009 (Il Vola Hop sulle ambe etiopiche) poi su “Vitt & Dintorni” n°17 del Luglio 2011 (Alla ricerca dell’intervista perduta) e già ne avevo accennato su “Informavitt” n° 25 del settembre 1997 nell’ambito del mio intervento “La lisca di pesce censurata”, quello che so e che penso sulle varie motivazioni che portarono Jacovitti a decidere di interrompere la collaborazione con Maner Lualdi, lasciando interrotta alla 8° puntata la storia del “Vola-Hop”: fondamentalmente di ordine economico ma con risvolti legati al carattere dei due protagonisti e al loro modo di rapportarsi con la Storia.
L’aviazione nella carneficina della prima guerra mondiale, La guerra d’Etiopia del 1935/36, con l’aviazione dell’italico regno e sotto l’egida del littorio fascista che mitraglia turbe di etiopi inermi in fuga e sgancia su di loro il gas all’iprite (proibito dalla convenzione di Ginevra). Il giornalista e scrittore Angelo del Boca iniziò a denunciare questi fatti – fino ad allora prima occultati e poi rimossi- all’inizio degli anni ’60, con una serie di reportages su di un quotidiano torinese, poi in un paio di libri che suscitarono scandalo ( mai pestare i piedi alle forze armate).
Comunque per quanto concerne prove documentali concrete e reali sui rapporti personali Jacovitti/Lualdi, non ne esistono, a parte i miei ricordi, che prove non possono essere considerati. Jacovitti dal 1960 passa in pianta stabile al “Giorno dei ragazzi”, Lualdi assunse la gestione del teatro S. Erasmo di Milano. La sua direzione durò sino al 1967, anno in cui per problemi economici, fu costretto a lasciare.
Ecco, cose come queste, non sono state assolutamente percepite dal Prof. Preziosi, eppure questi rapporti di un autore de “Il Vittorioso” come Jacovitti con altri editori è significativo, fa capire come si muovevano le cose nel campo dell’editoria che utilizzava anche fumetti.
L’estensore del saggio qui in disamina scrive (se ho ben capito il concetto, ma ho dei dubbi) che Jacovitti, passando nel 1957 a “Il Giorno dei Ragazzi”, lasciò il lavoro fino allora in esclusiva per l’AVE.
Questo momento non è mai stato di fatto, e nemmeno ha mai rappresentato, una sorta di spartiacque nell’evoluzione del “Vittorioso”, che comunque andò avanti senza scossoni. Poiché il nostro giornale era fatto di tante altre cose, c’erano altri disegnatori da anni all’opera.
Jacovitti, poi, non svanì nel nulla.
Basti pensare al Diario Vitt. Non ci fu dicotomia, “Il Vittorioso” continuò ad ospitare storie del Nostro, anche se irregolarmente.
Ci fu, è vero, un travaso di ingegni dal “Vittorioso” al “Giornalino”, ma anche verso altri lidi editoriali, come l’Inghilterra: esempio eclatante Franco Caprioli.
Insomma, ci vorrebbe un seguito al libro qui in disamina; a me pare che le cose siano state lasciate a metà, a spizzichi e a bocconi. Manca tutto il periodo della prima metà degli anni cinquanta, ad esempio. Il Prof. Preziosi, se mi legge, ( ma ne dubito assai) che pensa di tutto questo?