Fra le tristissime notizie di questo funesto periodo c’è anche questa.
Non ho conosciuto Ezio Ferraro, ma a suo tempo ho letto avidamente i suoi scritti pionieristici. Come dice Gianni Brunoro (che ringrazio molto, e che ha condiviso la notizia con un gruppo di amici, redigendo alche il ricordo che posto di seguito), fu Ezio Ferraro a cominciare a impostare il lavoro di ricerca su tanti editori italiani, compresi i minori, che avevano investito un po’ idealisticamente, sin dagli anni Trenta del XX secolo, in questa singolare forma di comunicazione con immagini abbinate al testo.
Di fatto, come precisa Gianni in una comunicazione privata, il collezionismo di fumetti lo ha praticamente “inventato” Ezio Ferraro (in un bell’articolo autobiografico su un vecchio IF edito da Gianni Bono e curato da Leonardo Gori, racconta il suo percorso), che subito dopo ha contagiato Sergio Trinchero e poi, a cascata, tutti gli altri: determinando, sulla spinta a monte della nostalgia, il graduale svilupparsi della critica fumettistica.
A Gianni Brunoro la parola.
Ricordando Ezio Ferraro
Come ben sa chiunque si sia preso la briga o abbia avuto la curiosità di ripercorrere a ritroso l’evoluzione e la storia della critica fumettistica – un ramo della cultura oggi senz’altro fiorente – sa che essa è nata ufficialmente a febbraio del 1965.
Allora, un gruppo di studiosi (fra i quali Umberto Eco, Romano Calisi, Claudio Bertieri, Rinaldo Traini, Oreste del Buono…) si riunì a Bordighera per una Tavola Rotonda nel conte-sto del locale e allora famoso Festival dell’Umorismo, creando le premesse sia per la nascita, nell’aprile 1965, della rivista Linus – autentica rivoluzione nel settore – sia di quello che dall’anno successivo sarebbe stato il primo festival del genere in Europa, ossia il Salone dei Comics di Lucca.
Ma i primi fermenti che portarono allo sbocciare della critica risalivano ad alcuni anni prima, quando nella posta dei lettori di varie pubblicazioni a fumetti dei Fratelli Spada si andavano moltiplicando le richieste di antiche pubblicazioni fumettistiche; e con esse la fame di notizie; e chi ne sapeva di più si dilungava anche in brandelli di storie su pubblicazioni, su editori, su testate, eccetera.
Uno dei più assidui fra questi corrispondenti – i quali poi si mettevano anche in fitta corrispondenza fra loro – fu Ezio Ferraro. Del quale si può dire che, insieme ad altri, fu in quei primi anni Sessanta un formidabile collezionista ma anche autore di articoli (e in seguito anche di saggi) che per emulazione stimolavano sia la ricerca di antiche pubblicazioni per farne la raccolta, sia quelle curiosità che avrebbero appunto portato alla critica fumettistica.
Tanto per dire: quando Carlo della Corte lavorava a mettere insieme gli appunti per quel suo libro intitolato I fumetti – uscito nel 1961 presso Mondadori e primo saggio di critica fumettistica in Europa – era Ferraro il suo collezionista di riferimento, sia per visionare materiali sia per avere da lui notizie su editori e pubblicazioni.
Nessuno era del resto più adatto di lui, padovano nato il 4 agosto 1925, che dei fumetti si occupava per passione fin dalla gioventù, finendo poi gradualmente per collaborare con articoli di vario genere a periodici locali.
Amava soprattutto la produzione inglese e fra gli americani preferiva Hal Foster, Clarence Gray, Alex Raymond. Per lunghi anni è stato considerato il più grande collezionista d’Italia, possedendo quasi tutti i giornalini pubblicati nel nostro paese dal 1932 al 1960, oltre a gran quantità di materiale francese e inglese.
Su questa sua passione, continuò sempre a scrivere, per esempio collaborando con la rivista Sgt. Kirk – pilastro della critica, probabilmente più di Linus, grazie al rigore e all’ampio spettro di orizzonti con cui la impostava Claudio Bertieri – ma anche con il Salone di Lucca, nel cui contesto uscirono per esempio due sue monografie: Lotario Vecchi editore, nel 1974 e Il giornalinismo italiano del dopoguerra, nel 1976.
Ironico, a volte al limite del sarcasmo, sapeva anche essere consapevolmente auto-critico. Di sé, per esempio, scrisse una volta: «La mia opera di testimone dell’avvento e dell’imporsi del fenomeno dei comics può oggi considerarsi conclusa. Persone più qualificate sono ormai scese in campo per commentarne e seguirne l’evoluzione. In pratica io rappresento la protostoria di un fenomeno di massa che oggi è assurto a costume».
Curiosamente, negli Ottanta, vendette in blocco tutta la sua preziosa “mercanzia”, per acquistarne col ricavato un appartamento. Dopo di che, riprese alacremente a collezionare, continuando a seguire questo settore editoriale con attenzione e competenza.
Praticamente fino a oggi, 16 gennaio 2013, quando si è spento dopo alcuni mesi di malattia in una clinica nei dintorni di Padova.