“Il tempo su questa terra è breve e siamo stati molto fortunati ad averne passato una parte con te che hai illuminato la nostra vita”.
Non avrei mai voluto scrivere queste parole. Purtroppo mi hanno chiesto il testo del manifesto funebre e l’ho dettato.
È stato praticamente l’unica cosa che abbia scritto la scorsa settimana.
Mia nonna, Lidia Domenica Vignolo, è morta martedì 3 luglio: in casa, circondata da figlie, generi e nipoti. Ho spesso parlato di lei in questo blog, e mi è sembrato giusto parlarvene un’ultima volta.
Ad agosto avrebbe compiuto 102 anni: sembrano tanti, ma sono pochi, la nostra vita è breve, avremmo tanto voluto che vivesse ancora qualche anno: le volevamo bene, e lei lo voleva a noi.
Quando aveva compiuto cento anni era uscito il primo volume della nuova saga della Lega dei Gentiluomini Straordinari, di Alan Moore e Kevin O’Neill, 1910, ambientato nell’anno in cui è nata (le anche avevo fatto una foto con il volume).
Curiosamente, anche la sua morte è stata legata al grande Moore (per storia personale e interessi ben diverso da lei): sia perché in questi giorni esce il terzo e conclusivo volume della Saga, 2009, sia perché dalle nostre parti, in Alessandria, la scorsa settimana due bravissime attrici, Elena Forlino e Monica Massone, hanno portato in scena (con la regia di Tobia Rossi), Lo specchio dell’amore, il poemetto sull’amore gay scritto da Moore negli anni Ottanta.
In questi giorni ho riletto La morte di Capitan Marvel, storica graphic novel di Jim Starlin. Bellissima riflessione sulla morte: non a caso, Capitan Marvel (che viveva nello stesso universo dell’Uomo Ragno e degli X-Men) a trent’anni dall’uscita del volume non è ancora stato riportato in vita (mentre nell’universo Marvel non muore davvero quasi nessuno).
Muore nel suo letto, non combattendo, circondato dagli altri eroi: è una storia davvero commovente e profonda, con il suo nemico (l’innamorato della Morte Thanos) che gli dice: “Come tutti io sono finito e lo accetto. Non avere paura di Lei. Essa è ciò che attende tutti noi.”
È evidente vede che Starlin ha realizzato la storia mentre il padre stava morendo di tumore, è palese il suo profondo coinvolgimento, che riesce a trasmettere al lettore.
D’altra parte è anche questa una delle funzioni dell’arte (e, aldilà di ogni disquisizione critica, fumetti come La morte di Capitan Marvel sono arte), dirti qualcosa di nuovo ad ogni lettura/visione. E a volte l’arte può essere consolatoria.
Io sono credente, spero che mia nonna sia in un bell’aldilà (durante il funerale il prete, che la conosceva bene, ha fatto una affermazione molto insolita: per lei non c’è stato giudizio, è andata direttamente in paradiso, segno di quanto la stimasse).
Ma c’è anche un’altra immortalità: quella che cerchiamo scrivendo. Le ho dedicato il mio primo libro (uscito dieci anni fa), ho spesso scritto di lei e lo faccio ancora adesso. E mentre scrivo (è banale, ma vero), la sento ancora con me, e non solo perché adesso (al posto delle mie amiche di Facebook in pose sexy) sul mio desktop c’è una mia foto con lei.
Chiudo citando ancora Thanos: “La Morte ci mostrerà che questa non è la fine ma solo l’inizio”.
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