Gianfranco Goria e Paolo Gallinari ricordano oggi la scomparsa, avvenuta lo scorso 8 febbraio, di Florenzo Ivaldi, editore e mecenate di Hugo Pratt, una figura in assenza della quale, forse, la Storia del Fumetto italiano sarebbe stata diversa, quantomeno ritardando la nascita di Corto Malese, che cominciò a muovere i suoi passi proprio sulla sua indimenticata rivista, Sgt. Kirk.
Così parlo di lui, nel mio (ormai vecchio) libro Irripetibili (Coniglio Editore):
Prima di allora, in pieno ’68, era già sorta una rivista satirica del tutto eccezionale, indimenticabile e irripetibile, ispirata in modo scoperto all’americana “Mad”, edita da William M. Gaines. Battezzata “Tilt!”, per onorare la categoria dei flipper da bar, esce per i tipi dell’impresario edile genovese Florenzo Ivaldi, collezionista, amico e gran mecenate di Pratt.
Dal luglio dell’anno precedente, per e con il creatore di Corto Maltese, Ivaldi ha iniziato a investire nella pregevole rivistona “Sgt. Kirk”, che in qualche vignetta verrà citata beffardamente anche sulle pagine della stessa “Tilt!”.
È una travolgente passione quella che spinge Ivaldi a occuparsi di fumetti, affascinato soprattutto da quelli avventurosi, esotici, di ampio respiro. Per Pratt, Ivaldi nutre una vera idolatria, ma apprezza anche l’opera di altri autori dal forte temperamento stilistico. Come Stelio Fenzo, che prosegue la serie prattiana del giovane tarzanide Kiwi il figlio della Jungla, scritta prima da Giancarlo Ottani e poi dalla stessa moglie di Fenzo, Loredana D’Este.
A organizzare l’incontro tra Ivaldi e Pratt, che cambierà le vite di entrambi oltre a sbloccare vari percorsi nella storia del fumetto italiano, è proprio Fenzo, in un locale caratteristico del Lido di Venezia, il ristorante Da Ciccio.
Così ricorda quei momenti, vissuti in pieno 1967: “Lo rivedo ora, avvicinarsi al nostro tavolo. Eravamo noi soli in una veranda del ristorante. Un ciao a Loredana e a me. Uno sguardo a raggi X su Ivaldi che, quasi impietrito dalla gioia, dall’ammirazione, con aria da miracolato riuscì a tirar fuori la voce e balbettare un sommesso saluto. L’evento. Pratt. Il Mito! […] Ivaldi, ad un certo momento, accennò che desiderava tentare il rischio di un progetto editoriale. Hugo guardava con curiosità questo tipo che, con estrema ingenuità per lo meno apparente, sembrava votato al suicidio. In quei tempi il fumetto tirava, ma improvvisarsi editore provenendo da un altro mondo di attività economica era comunque un rischio che Hugo con la sua esperienza conosceva bene. E allora (e non è aneddotica di fantasia) Hugo cominciò a chiedere, con indiscreta impertinenza, quali fossero le sue possibilità finanziarie. Da buon genovese, Ivaldi si schermiva. Non voleva, all’inizio, per pudore o per reticenza assolutamente giustificabile, sbilanciarsi. Ma Hugo giocava come il gatto con il topo. Sapeva di averlo in pugno.
“”Quanti soldi ha da spendere per questa avventura?”
“”Beh!… Insomma… Qualcosa…”
“”Ma sa a cosa va incontro?”
“”Amici miei si mangiano fortune al Casinò o con donne… Io vorrei tentare di pubblicare un giornale con le cose che piacciono a me e dirette a un pubblico di intenditori. Se andrà male, pazienza.”
“”Ma lei ha… Diciamo, cinque milioni?” (Nota: allora potevano equivalere all’incirca a duecento milioni di adesso).
“”Beh! Insomma… Sì.”
“(Incalzante) “ E dieci milioni?”
“(Sottovoce) “… Direi di… sì.”
“”E venti?”
“”… Beh! … Si potrebbe vedere…”
“Mi sembra che, a questa cifra, l’indagine di Hugo si fermò. Continuammo il pranzo parlando del più e del meno, ma sempre di fumetti; anzi, parlarono loro due. Io e mia moglie, ormai, per Ivaldi (lo dico senza rimprovero) non esistevamo più. Avevamo partorito Hugo.”
(Nota: questa intervista è riportata su Fumetti d’Italia, indimenticabile rivista di Graziano Origa).
L’impresario edile è determinato a garantire lunga vita a “Sgt. Kirk”, il magazine prattiano che discende da questo incontro, ma molto meno gli importa di “Tilt!”, del quale tira appena diecimila copie: cifra anche accettabile nei tempi di magra di inizio terzo millennio, ma una vera inezia per chi pensa alla fine degli anni Sessanta di trarre un qualche ricavo dall’edicola.
Ivaldi si fida degli autori che gliela propongono, ma per tenerne sotto controllo le possibili intemperanze ne delega il coordinamento al consolidato “braccio destro” Claudio Bertieri. Per vendicarsi, nella lista dei credits di una storia il vivace gruppetto citerà beffardamente il critico ligure in qualità di censore.
Il resto… è dentro il libro!
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