La notizia del giorno, peraltro prevista benché l’ammontare della richiesta dei Giudici della Corte d’Appello non fosse prevedebile, è che la Fininvest dovrà pagare. Il Biscione dovrà risarcire Cir per la nota vicenda del Lodo Mondadori, alla quale Cartoonist Globale ha dedicato in questi anni un po’ di attemnzione, per circa 540 milioni di euro alla data della sentenza di primo grado dell’ottobre 2009, più gli interessi e le spese decorsi da allora. Il tot quindi arriverebbe quindi intorno ai 560 milioni: un quarto in meno dei 750 stabiliti in primo grado.
Il “bello” (si fa per dire, naturalmente) è che la sentenza è immediatamente esecutiva, in assenza della famosa norma, o codicillo, inserito di soppiatto da una manina misteriosa in una legge che avrebbe potuto, se i tempi fossero “quagliati” prima dell’emanazione di questo verdetto.
Questa sentenza è la conseguenza di quanto era iniziato nell’aprile 2004, con la richiesta di un miliardo di risarcimento da parte di Cir (sotto, un piccolo riassunto su quanto scrivevamo un paio di anni or sono).
Il procedimento civile il 3 ottobre 2009 ha visto la sentenza di primo grado: il giudice dal calzino violaceo Raimondo Mesiano aveva stabilito che la holding di Carlo De Benedetti avesse “diritto” al risarcimento da parte di Fininvest “del danno patrimoniale da perdita di chance” per “un giudizio imparziale’.
L’azienda editoriale di Arnoldo Mondadori ha un posto molto particolare nel cuore (o nel cervello, se preferite) dei lettori di Fumetti italiani.
Olklahoma, Pecos Bill, gli Albi del Falco con Nembo Kid e Batman, gli Albi della Rosa, quelli D’Argento con Davy Crockett e altre storie western, i leggendari Albi d’Oro con le loro varie collane che precedono e seguono la II guerra mondiale, senza contare i giornali antologici a fumetti dell’anteguerra e il settimanale per tutte le tasche lanciato nell’aprile 1949. responsabile del boom improvviso e sorprendente dei pocket a fumetti.
Proseguendo nel campo dell’editoria libraria, si possono mettere all’attivo i volumi della Collana Carosello, i Piccoli Libri d’Oro e i loro “colleghi” di minor prestigio D’Argento. E i microscopici Minilibri, la collana L’Intrepida, con Zorro, i fumetti di Hugo Pratt e i racconti con Braccobaldo Bau, peraltro lanciato in Italia proprio dalla “casa di Arnoldo” in libri e albi fumetti insieme a tutti i suoi colleghi di Hanna-Barbera.
Nella foto sopra, vediamo Alberto e Arnoldo Mondadori, tanti anni fa, quando la casa editrice era quella che tutti ricordiamo con piacere.
Nell’altra foto sotto, da sinistra: Alberto Mondadori, Nini Bompiani, Arnoldo Mondadori, Valentino Bompiani.
© Aventi diritto per queste e le altre immagini.
L’elenco, sterminato, può estendersi ai quasi sconosciuti Dyno o Strippy e alla riproposta dei classici francesi in albi a basso prezzo, al lancio di Mafalda e Momma su Il Mago, alla riproposta di Braccio di Ferro, Blondie, Dick Tracy, Charlie Brown e B.C. nella fortunatissima collana de Gli Oscar Cartoon.
Per le ragioni affettive sopra esposte, a me e ad altri colleghi del mondo dei comics sono sempre sembrati assurdi, inconcepibili, gli accadimenti che hanno circondato la parabola di questa casa editrice (alla quale personalmente devo l’esordio professionale nel settore Fumetti, proprio sul mensile Il Mago) in relazione al Lodo Mondadori, detto anche (confidenzialmente) Guerra di Segrate.
Come la fonte Wikipedia enuncia senza mezzi termini, questa disgustosa questione del Lodo è stata il frutto di “un acerrimo scontro finanziario tra due dei più grandi imprenditori italiani dell’epoca, Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti“. Il Lodo (chiamato più tardi anche “Lodo Previti”) “è inoltre ricordato come uno dei principali processi che gettano ombre e vedono tra gli imputati il noto imprenditore e presidente del consiglio Silvio Berlusconi e i suoi più stretti collaboratori, tra cui Cesare Previti”.
Adesso, dopo un sacco di tempo, e una cortina di nebbia omertosa per me inaccettabile (e incompresibile) qualche nodo è venuto al pettine.
In merito, mette conto soffermarci su quanto ha raccontato a suo tempo il giornalista Rinaldo Gianola in un articolo riportato anche dal sito Dagospia: http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/articolo-7840.htm
Ne sintetizzo alcune parti, rimandando chi lo desidera all’originale. E sperando anche di non fare confusione o non sbagliare dei passaggi.
Naturalmente, ogni correzione o integrazione è ben accetta, questo blog (nel caso venissero inviate) sarà lieto di pubblicarle sia per portare nuovi elementi di conoscenza, sia per rettificare eventuali inesattezze che per rimediare a involontarie omissioni.
Il caso «è a sentenza», dicono gli avvocati (questo scrivevamo nell’ormai lontano 2009, riprendendolo dalle fonti giornalistiche sopra citate). Il giudice monocratico Raimondo Mesiano della decima sezione civile del Tribunale di Milano ha raccolto tutte le infomazioni necessarie per pronunciarsi, pare in tempi ormai ravvicinati (salvo sorprese), sulla richiesta di risarcimento danni avanzata dalla Cir, finanziaria della famiglia De Benedetti nei confronti della Fininvest, holding della famiglia Berlusconi, in merito al caso Mondadori.
Circa quattro anni fa la Corte di Cassazione aveva stabilito definitivamente la colpevolezza degli avvocati Cesare Previti, Attilio Pacifico, Giovanni Acampora (che assistevano la Fininvest nella guerra di Segrate) e del giudice Vittorio Metta.
La sentenza del 1991 sul Lodo Mondadori, che aveva tolto indebitamente la proprietà della storica casa editrice a De Benedetti a favore di Berlusconi era stata comprata.
I soldi della Fininvest avevano corrotto il giudice Metta.
Il proprietario della Fininvest, Silvio (non ancora il “Papi” di tutte), era uscito però “pulito” dal procedimento già nel 2001, salvato da una miracolosa prescrizione, la quale, com’è noto, non implica che il fatto non sia stato commesso.
La Cassazione, nelle motivazioni della sentenza divulgate nel luglio 2007, aveva riconosciuto alla Cir della famiglia De Benedetti il diritto a ottenere un risarcimento per i danni morali e patrimoniali patiti nella vicenda Mondadori (chiaro, no?).
Le parole della Cassazione aprivano la strada alla causa civile, sottolineando «tanto il danno emergente quanto il lucro cessante, sotto una molteplicità di profili relativi non solo ai costi di cessione della Mondadori, ma anche ai riflessi della vicenda sul mercato dei titoli azionari».
Come quantificare il danno subito da De Benedetti?
Difficile trovare una strada che possa essere per tutti quella giusta nello stabilire l’ammontare del risarcimento. La Mondadori era una grande casa editrice vent’anni fa, lo è a maggior ragione oggi, dopo aver assorbito gruppi un tempo autonomi e indipendenti, spesso svuotandoli di contenuto e sostituendo i loro staff.
Dal canto suo, la Fininvest era una holding di partecipazioni importante negli anni Novanta. E sarebbe diventata enormemente più ricca grazie anche allo sviluppo della Mondadori che ha affiancato le altre partecipazioni come Mediaset, Mediolanum, il Milan (GULP!) e di recente persino Mediobanca.
Per non parlare dell’effetto indotto dal Berlusconi politico, che ha favorito le società sue (anche se intestate a parenti e amici, questo mi sembra sufficientemente chiaro, no?).
La Cir, invece, negli scontri con Mister B. e i suoi consociati e collaboratori ha perso almeno due grandi opportunità imprenditoriali, come la Sme (l’ex holding agroalimentare dell’Iri per la quale l’Ingegnere aveva già definito l’acquisto prima del niet di Bettino Craxi e amici più o meno socialisteggianti) e appunto la Mondadori.
Gli avvocati della Cir, Elisabetta Rubini e Vincenzo Roppo, hanno quantificato il danno in un numero preciso: 468.882.841,02 euro.
Già non è poco, ma non basta affatto: tale cifra deve essere adeguata agli interessi maturati e a una normale rivalutazione monetaria, come si usa in questi casi.
La somma finale, dunque, arriva a un miliardo di euro, circa 2000 miliardi delle vecchie lire. I legali di De Benedetti hanno avanzato la richiesta di risarcimento solo nei confronti della Fininvest, la persona giuridica che ha certamente beneficiato della sentenza che sfilò la Mondadori alla Cir, ma hanno deciso di non citare Previti, Pacifico, Acampora e Metta, cioè i responsabili materiali del reato sanzionato fino all’ultimo giudizio della Cassazione.
Semplice: i condannati risultano pressoché nullatenenti, sono proprietari di poco o niente e pare che gli avvocati della Cir non siano riusciti a ottenere nemmeno il pagamento delle spese processuali (tra parentesi, quali riflessioni suscita nei nostri lettori questa constatazione? L’attuale condono mascherato che il Governo sta varando in questi giorni, per caso, ha qualche relazione con questi fatti? Lo dico così, tanto per dire… Ogni precisazione su questo e altri punti della presente ricostruzione è ben accetta e sarà pubblicata, integrazioni e rettifiche incluse).
Intanto, siamo sempre più determinati a sottoscrivere una colletta fra i visitors di questo e degli altri blog che vorranno aderire, in favore di questi ex miliardari attualmente sul lastrico.
Ma torniamo all’articolo in questione, forse il solo che riporta valutazioni che a suo tempo non mi sembra proprio siano state troppo approfondite dai TG censurati o autocensurantisi per ragioni ben note.
La sentenza riconosce alla famiglia De Benedetti un pieno riconoscimento delle sue ragioni (la Mondadori è andata alla Fininvest con una sentenza comprata, grazie a un giudice corrotto), vorrebbe ottenere un risultato sul piano economico.
Le reazioni alla notizia.
“E’ indiscutibile – afferma in un comunicato stampa prontamente diramato Marina Berlusconi – che questo attacco abbia come principali protagonisti una parte della magistratura (e della magistratura milanese in particolare) e il gruppo editoriale che fa capo a Carlo De Benedetti”.
E aggiunge, è un verdetto “che nega l’evidenza” e che condanna la Fininvest a “versare una somma addirittura doppia rispetto al valore della nostra partecipazione in Mondadori”.
Inoltre, Marina Berlusconi spiega che in Fininvest “siamo certi di essere assolutamente nel giusto, dobbiamo credere che le nostre ragioni verranno alla fine riconosciute”.
Il legale più televisivamente attivo del Presidente del Consiglio, Niccolò Ghedini, ha parlato di sentenza “contro ogni logica processuale e fattuale, addirittura ampiamente al di là delle stesse risultanze contabili”.
Qui il documento integrale depositato dai magistrati.
Su La repubblica di oggi, 10 luglio, Giuseppe D’Avanzo spiega nell’articolo “Berlusconi è il corruttore” – Illegalità per creare un impero come l’imprenditore, divenuto in seguito Presidente del Consiglio (carica che attualmente detiene, il che è quantomeno bizzarro oltre che incomprensibile in un Paese sedicente civile) abbia “voluto, organizzato, finanziato la corruzione di Vittorio Metta che gli consegna la più grande casa editrice del Paese”.
L’articolo è oltremodo istruttivo e consiglio di leggerlo per intero.
Certo, queste cose sono ben note a molti di noi.
Ma alcuni, molti milioni di italiani, si sono ampiamente disinteressati di questi fatti legati a “capitali oscuri, costanti prassi corruttive, liaisons piduistiche” (cito D’Avanzo).
Poi, mi piacerebbe sapere se chi ha avuto il fegato di passare sopra a questa scandalosa vicenda nel corso degli ultimi vent’anni sostenendo il “grande acquirente” (così giudicato in appello) ha ancora il coraggio di guardarsi in faccia al mattino o se sia per lui più opportuno eliminare dalla casa ogni spicchio di specchio per evitarsi questa vergogna.
In omaggio a Nunziante Valoroso, che l’ha ricordata nei commenti, aggiungo la copertina di una genmma tratta dalla leggendaria collana mondadoriana Le pietre preziose: libri cartonati di grande formato (infatti questa cover, forse di Giancarlo Gatti, è tagliata sulla destra perché non entrava nello scanner a disposizione) dai contenuti vari. Oltre ai soggetti disneyani vi si potevano trovare riduzioni di film, storie (per così dire) “d’autore” e testi originali, come quelli sul clown Scaramacai scritti da Guglielmo Zucconi e illustrati da Manlio Amodeo (immagine a destra, nella retrocopertina del libro Scaramacai del 1960, e illustrazione sotto tratta dallo stesso) e Grazia Nidasio.