CAPITAN MIKI, IL PICCOLO EROE, di Marco Pugacioff

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“Ciao Luca,

in questi giorni Francisco Tadeo Juan mi ha chiesto un articolo per Miki. L’ho appena finito e mi sono accorto che è oggi il suo compleanno. Te lo giro per vedere se ti può interessare.”

“Certo che interessa!”, rispondo io.
E “Festeggiamo insieme!” aggiungo.

Quindi

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La seconda guerra mondiale era conclusa da pochi anni e in Italia si stava drammaticamente cercando di tornare a una vita normale. Benché ci fossero davvero pochi soldi, il bisogno di evadere era prepotente, inarrestabile. Il cinema era un buon mezzo, ma costava ancora troppo; era molto meglio sfogare la fantasia con il fumetto. Piccole strisce di carta (gli albi meno costosi) con copertina di colore e l’interno in bianco e nero.

È in questo periodo che si incontrano dei disegnatori di fumetti di Torino. Uomini che pochi mesi prima si avrebbero potuto spararsi addosso, visto che uno lottò nelle file partigiane e gli altri nel fronte opposto.

Tex e Miki di Civitelli

Dario Guzzon, l’ex-partigiano e maestro elementare, iniziò timidamente. Tra le cose che fece ci fu perfino una sua versione di Cucciolo & Beppe, due bambini poveri che, cresciuti e divenuti ragazzi, assistettero alla nascita del loro futuro grande amico Tiramolla. Amico loro e di tutti i bambini del mondo, oltre che del bambino che vive, perenne, in noi. Guzzon li definì infelicemente «la versione (brutta) italiana di Topolino e Pippo».
CuccioloGuzzon
Presso una casa editrice di Torino, la Taurinia, nel ’48 Guzzon conobbe Pietro Sartoris, della sua stessa età, che fu in gioventù un piccolo balilla (i soldatini con cui Mussolini voleva addestrare alle virtù militari le piccole leve italiane). Anch’egli era un maestro elementare, che aveva pubblicato alcuni brevi fumetti d’avventura.

Guzzon ne divenne entro breve amico, e collaborò con lui subito artisticamente. Sartoris, in quel periodo, aveva illustrato una serie di stampo salgariano intitolata Darman su testi di Leonello Martini: un ciclo di albi durato dall’aprile all’ottobre del ’49.

Guzzon

Poi, un loro amico medico parlò loro di un certo suo cugino, anch’egli torinese, anch’egli disegnatore di fumetti, ammiratore di Alex Raymond. Era Giovanni Sinchetto, un ex-dipendente dell’allora azienda telefonica italiana, che aveva militato nelle file repubblichine (la repubblica fascista di Salò), in aereonautica. L’amicizia tra i tre nacque subito, anzi, dopo pochi giorni Sinchetto si presentò ai due amici e disse loro: «Sentite, io penso che si potrebbe fare il fumetto in modo industriale, in modo che renda veramente. Però bisogna lavorare in gruppo. Se ci state, uniamoci assieme». L’esseGesse era nata!

Olenwald, il nibelungo L’idea del nome dello studio che fece sognare generazioni di ragazzi, fu creata da Sartoris, che aveva la passione per le sigle.

Il primo lavoro che lo studio sfornò fu Olenwald, il nibelungo ispirato al Principe Valentino (Prince Valiant) di Foster. Poi passarono al violento Kinowa creato da Andrea Lavezzolo: una serie che diede il successo al trio. Ma i tre amici non amavano tutta quella violenza e abbandonarono Kinowa per lasciarlo proseguire dal bravo Pietro Gamba, il cugino di Francesco.

Lavezzolo si infuriò molto di questo distacco, ma i tre volevano tentare la carta degli autori completi e il 1 luglio del ’51 uscì Capitan Miki. Un ragazzino sui 15 anni, esperto nell’uso della colt e del pugnale, abile nella lotta, che parla male lo spagnolo. Un giovane allevato da un simpatico vecchietto del west con un probabile passato da trapper (almeno stando al vestito), ed ubriacone.

Nella prima avventura, i due amici assistono alla morte di un loro caro amico, Clem Bretton, un ranger del Nevada e Miki decide di entrare nelle file dei poliziotti dalla casacca verde, stanziati a Forte Coulver.

La meravigliosa ingenuità della prima avventura in cui Miki diventa da subito sergente (e entro breve tempo capitano); il primo innamoramento di una ragazzina lentigginosa, che è anche figlia del colonnello Brown, il comandante del forte; il suo sprezzo del pericolo (sul punto di svenire, riesce ad allontanare una torcia da un deposito di munizioni); e la pietà per la tragica fine di un traditore che perdona in punto di morte; ma soprattutto gli splendidi disegni… fanno della serie a fumetti un successo letteralmente esplosivo.

Pietà x un traditore

Sergio Bonelli ricordava di aver pronosticato l’insuccesso dell’ennesimo eroe per ragazzi che ricalcava la moda narrativa di allora. Invece, rispetto al Piccolo Sceriffo, od a Sciuscià, Miki arrivò a vendere la bellezza di 150 mila copie alla settimana, rispetto alle 70 mila del possente e granitico Tex.

Miki e Susy

In più subentrò subito un altro grande amico per Miki, il Dottor Salasso, vecchio compagno di sbornie di Doppio Rhum. La ricorrenza di tre amici nelle loro creature è tipico della loro opera. È evidente che i tre si identificavano nei personaggi da loro creati: tre in Miki (Miki, Doppio Rhum, Dottor Salasso), tre in Blek (Blek, Roddy, il professor Occultis), tre in Alan Mistero (Alan, il Conte e Polpetta), tre in Mark (Mark, Mister Bluff e Gufo Triste).

Certo, subentrarono anche altri personaggi; in Blek, l’avvocato Connoly, in Mark il pirata El Gancio, un vecchio compagno d’avventure di Mister Bluff e in Miki, il simpatico Gennaro Esposito: un napoletano che ho immaginato essere uno degli uomini che aiutò Garibaldi nella difesa della Repubblica Romana del 1849, che però non lo seguì nella sua tragica marcia verso Venezia.

Gennaro

Gennaro, per fuggire agli austriaci, ai francesi e agli spagnoli che venivano da Napoli, nell’invasione del territorio della Repubblica Romana, emigrò in America, ed entrò nei ranger. Del resto, il colore delle camicie dei ranger del Nevada, quando fu pubblicato in Spagna non era verde, ma rosso. Una cosa realizzata anche in Francia nell’ultima ristampa di Miki nel 2005: camicie rosse da garibaldino.

Ma il punto forte della esseGesse era la loro vis comica, ovvero l’arte di far ridere. Un solo esempio: Miki ha un splendido cavallo nero chiamato Napoleone. In un’avventura i tre amici vengono catturati da un pazzoide che crede di essere appunto Napoleone. Doppio Rhum, ignorante come pochi, esclama “ma quello là è proprio matto. Si crede un cavallo!”. Battute così sono micidiali, e ve ne si trovano anche in Blek e in Mark.

Miki e PazzoNapoleone

Nel 1958, però, Lavezzolo, ancora infuriato con il trio, creò insieme ad Francesco Gamba Il piccolo ranger e questo portò i quattro autori ad accese discussioni, fino a una definitiva rottura dei rapporti. Bisogna anche dire che Kit Teller, il piccolo ranger (anche lui orfano e senza una casa, anche lui innamorato di una ragazza, Claretta, figlia della vivandiera del forte) era stato scritto con più verosimiglianza. Non per niente Kit acquista il titolo di capitano solo alla quarantaquattresima avventura.

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I tre dell’esseGesse, dopo che l’editore Casarotti aveva comprato «per un piatto di lenticchie» i loro personaggi (come si espresse una volta Guzzon), e poiché gli amici torinesi non avevano più alcun diritto su Miki e su Blek (che da solo arrivò a vendere fino a 400 mila copie alla settimana), alla scadenza del loro contratto decisero di abbandonare le loro creature.

Blek e Miki, in mano ad altri bravi disegnatori come il francese Bertrand Charlars, e gli italiani Franco Bignotti e Eugenio Benni (che disegnò anche Alan Mistero), non ressero il confronto. Le vendite crollarono e la casa editrice Dardo perse la sua miniera d’oro.

Ciò che ci rimane è l’esempio meraviglioso di tre uomini che in guerra furono nemici e che in tempo di pace divennero fraterni amici; artisti con la loro arte fecero sognare generazioni di ragazzi in Italia e all’estero.

Guzzon & Napoleone

Il © dei personaggi è degli aventi diritto (ovvio!). Il Miki disegnato in compagnia di Tex si deve a Fabio Civitelli.

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