Ho ho appena letto il commento freschissimo del grande fumettista romano Massimo Fecchi in coda a un vecchio post su Sergio Rosi:
Oggi avevo appena disegnato un personaggio e ho rigirato la pagina per vedere in trasparenza il disegno al contrario alla ricerca di eventuali errori (un gesto che per me è diventato un’abitudine).
Allora ho ripensato a Sergio Rosi, che mi insegnò questa tecnica nel periodo che lavorai con lui alla fine degli anni Sessanta. Ho cercato in Internet sue notizie e ho visto che è morto da quasi tre anni…
Mi dispiace molto.
Massimo Fecchi
Su Rosi e il suo studio abbiamo reperito in questi anni, con amici studiosi del settore alcune interessanti informazioni che poi non abbiamo ancora avuto modo di rendere pubbliche, anche se ci ripromettiamo da tempo di farlo.
Con l’occasione del messaggio di Massimo Fecchi, ripropongo, con qualche nuova immagine d’epoca, il post in questione, che risale all’ormai lontano 26 novembre 2008 e che sarà sicuramente sfuggito ai molti nuovi lettori di Cartoonist Globale.
La tavola di apertura presenta una rara autocaricatura del Rosi giovane, di spalle mentre disegna, mentre la persona raffigurata alla scrivania davanti alla macchina da scrivere è lo sceneggiatore di alcune sue storie degli anni Cinquanta (e non solo): le più folli come questa ambientata in Messico. Si tratta del fratello della moglie di Rosi, che si firmava Gi. Ca. (che sta per Gianni Capuani, anche se di questo autore non c’è traccia nei testi su comicdom italiano; ho cercato mail d’archivio e memorie del figlio di Sergio, Sandro Rosi, ma per il momento senza succeso, sto andando a memoria).
Negli anni Sessanta, Rosi collabora con una miriade di pubblicazioni, gestendo un ampio numero di collaboratori, crescendo nuove leve e fornendo occasioni a navigati professionisti. Fra gli editori di questo periodo si ricordano i milanesi Fratelli Fabbri e la Universo con Intrepido e Il Monello.
Sotto, una tavola della fiaba rumene Marinza voce d’oro, sceneggiata in questo periodo, per i disegni di Rosi, da G. Scaramella.
Ma i fumetti per ragazzi, e specialmente quelli per ragazzine come le fiabe di vari Paesi del mondo, rendono economicamente sino a un certo punto; così, alla fine del 1967, Rosi inizia una delle collaborazioni più significative: quella con le edizioni Erregi di Renzo Barbieri e Giorgio Cavedon, grazie alle quali Rosi si specializza nel campo del fumetto per adulti. Riprende il personaggio di Messalina affidandolo a “Nerone” (pseudonimo della coppia Gaspare De Fiore e Santo D’Amico) e, tra le altre testate horror o sexy segue Jacula, Lucrezia, Terror, Hessa, De Sade…
Di fatto, in quel periodo, tutto il mercato dei disegnatori romani che lavorano per Barbieri e Cavedon passa per lo Studio Rosi, in seguito a un accordo di ferro tra il suo titolare e la coppa di editori milanesi.
Ma su questo torneremo.
Per il momento, il vecchio post sulla scomparsa di Rosi al quale ha replicato Fecchi.
Paolo Gallinari, Presidente dell’Anafi, ci ha appena comunicato che il 25 novembre scorso se n’è andato Sergio Rosi, autentico pioniere dei comics del Dopoguerra in Italia.
Chiunque si occupi in qualche modo di fumetto, anche da lettore distratto, ha perso qualcosa… grande consolazione è l’affetto che tutti stanno dimostrando.
Le manifestazioni di stima di tutti quelli che lo hanno amato durante la sua vita professionale e privata si fa sentire in questi giorni.
A destra, una copertina dei suoi tanti albi, disegnati, ma soprattutto progettati da lui, quando anche non editati sotto varie forme e denominazioni: un numero speciale del gennaio 1961 La mia Lulù, tascabile per ragazzine. I personaggi sono quelli della “banda” di Volpetto (presente anche nel titolo), ispirati alle tavole di Uncle Remus con Brer Rabbit, tratte dai racconti antirazzisti e educational di J. Chandler Harris.
La casa editrice si chiamava S.E.I.C., per la quale Rosi firmava anche come direttore responsabile, oltre che come produttore dei vari contenuti del tascabile.
L’indirizzo della redazione era, come sempre (almeno in questo periodo), quello di casa sua.
A lato, un tascabile francese, pubblicato a Toulouse dalle Editions de la S.E.P.: il n. 23, dell’aprile 1963, di Bambolina (il titolo suona stranamente come italiano), identico nella confezione agli albi romani della Editrice Flaminia. Non c’è da stupirsene, perché lo stampatore è lo stesso: i (leggendari) Fratelli Spada di Roma, con il packaging di Massimo Liorni.
Fra tutti gli amici di Sergio Rosi, Tonino Risuleo, uno dei tanti suoi collaboratori, ha scritto:
È quasi buio, fra i ruderi di Torre Argentina
quattro gatti se ne stanno mosci mosci.
S’è risaputo che un vecchio amico se n’è andato,
come l’ultimo sole di quest’autunno che diventa più freddo.
E noi, come i personaggi di una storia di Sergio,
fatichiamo a voltare la pagina che abbiamo appena letto.
Un padre grosso così, tanti di noi l’avevano sognato!
Un vuoto grosso così, si farà fatica a riempirlo come si deve.
Fine?
Mai, le storie come questa sono sempre belle da continuare a leggere.
La famiglia e in particolare il figlio Sandro, che ha seguito le sue orme, ringraziano tutti.
I funerali si terranno domani a Roma, giovedì 27 alle 14.30, nella chiesa Santa Maria in Monte Santo (conosciuta come la Chiesa degli Artisti a Piazza del Popolo).