La scomparsa di Carlos Trillo lascia un vuoto agghiacciante nel mondo del Fumetto, in particolare in quello della cosiddetta linea latina, nell’ambito del quale, con Robin Wood (ma con caratteristiche sensibilmente differenti) era il massimo portabandiera.
Per ricordare Carlos, Gian Carlo Malagutti (GCM) fa dono ai lettori di Cartoonist Globale di un’intervista inedita, l’ultima rilasciata dal papà di Chiara di notte. La traduzione dall’argentino è di Gianni Brunoro.
Grazie di cuore a tutti e due, l’intervista è davvero profonda ed evocatrice di molte suggestioni.
Gian Carlo Malagutti: Che età hai e quali studi hai fatto?
Carlos Trillo: Sono nato il 1° maggio 1943 a Buenos Aires. Ho iniziato le elementari nel 1949. A quel tempo, l’Argentina era un paese ricco e modesto, che
viveva un periodo di grandi cambiamenti sociali, sospinti dal governo di Juan Peron, un generale che aveva attentamente osservato lo sviluppo del fascismo in Italia e che, nel dopoguerra, cominciò ad applicare nel nostro paese riforme importanti che elevavano la partecipazione della classe operaia unita in un’unica centrale sindacale.
Il peronismo contava troppi nemici fra gli intellettuali, i liberali, la Chiesa (soprattutto per il suo ferreo controllo delle comunicazioni e la persecuzione di ogni genere di opposizione politica). Senza dubbio, nel corso dei suoi dieci anni di potere, raccolse troppi nemici fra gli intellettuali, la sinistra, i liberali e la chiesa.
Ciò provocò un colpo di stato militare che, a partire dal 1955, comportò molti anni di instabilità politica, di brutali repressioni, di odi ideologici.
In quel 1955 io terminai le inferiori e fino al 1960 frequentai le superiori.
Nel 1961, piuttosto in crisi fra ciò che intendevo fare e gli studi, entrai alla facoltà di Legge. Che però abbandonai alla soglia della laurea, per dedicarmi a tempo pieno al giornalismo, alla pubblicità, ai comics, all’umorismo. In Argentina, durante il XX
secolo, fumetti e umorismo avevano raggiunto una diffusione enorme ed erano generi assai popolari, che continuavano ad avere centinaia di migliaia di lettori.
Gian Carlo Malagutti: Quali erano i fumetti e i personaggi di quegli anni?
Carlos Trillo: Coi fumetti, io ho imparato a leggere. La curiosità per le avventuredi Paperino, pubblicate in Argentina dal 1946 dall’italiano Cesare Civita, mi spinse alla lettura prima di iniziare la scuola.
Paperino, Topolino e l’intero universo disneyano di allora mi affascinarono. Per moltissimo tempo lessi Pato Donald (che era una rivista settimanale), cercandovi le storie disegnate da colui che,
come dicevamo noi fra amici, era il vero Walt Disney. Sì, attribuivamo
al “padrone” dei personaggi le storie di Carl Barks. Perché erano le
migliori, le più creative, quelle che ci facevano volare più in alto con la fantasia.
Qualche anno fa, in un’intervistina, Luca Raffaelli mi chiese se mi sentivo influenzato da Barks, perché lui tale influenza la notava. Ricordo che questa osservazione mi fece molto piacere. Fino ad allora non m’era mai accaduto di pensare che i fumetti per adulti scritti da me avessero qualcosa a che vedere con quel meraviglioso universo della mia infanzia…
Da bambino, lessi molto: Salgari, Stevenson, Verne (che era quello chemi piaceva meno). E in casa, oltre ai libri d’avventura, che mi lasciavano acquistare in quantità, mi permettevano di leggere i
fumetti.
Oltre a Pato Donald, molti settimanali pubblicavano storie a continuazione, lunghe saghe che, a volte, erano rimontaggi di striscequotidiane nordamericane. Ricordo Prince Valiant, Kerry Drake, Brick Bradford, Ella Cinders, pubblicate dal settimanale El Gorrion, insieme a poche storie di autori argentini come El Vengador (Il Vendicatore), una copia di Batman disegnata da Alberto Breccia fino alla fine degli anni Quaranta, o una versione di Zorro, disegnata da Carlos Eiré.
E accanto a questi settimanali di scarse risorse, c’erano le riviste più popolari, che pubblicavano invece materiale realizzato in Argentina, e che oltre tutto attraeva maggiormente noi giovani lettori. Questi settimanali di fumetti “argentini” erano due:
Patoruzito e Misterix. In Patoruzito c’era Leonardo Wadel, un ispirato sceneggiatore, lettore infaticabile dei feuilleton francesi del XX secolo, e vari notevoli disegnatori: Joao Mottini, che disegnava Aurelio el Audaz (Aurelio l’Audace), una specie di Alex Raymond sudamericano dalle bellissime anatomie e grandi scenografie in movimento; l’italiano Bruno Premiani, un esule antifascista, che sviluppò una carriera del tutto argentina, specializzandosi in
adattamenti di periodi e personaggi storici; Emilio Cortinas, che su testi di Wadel disegnò il gran detective di Buenos Aires Vito Nervio.
A un certo momento Cortinas si ritirò dall’Editrice Dante Quinterno,
proprietaria di Patoruzito, e la serie fu continuata da Alberto Breccia, che conferì al personaggio un impulso incredibile, per noi che seguivamo affascinati queste avventure.
L’altra rivista “argentina”, Misterix, era in realtà italiana, dell’Editorial Abril, guidata da Cesare Civita (insieme agli altri due settimanali Rayo Rojo e Cinemisterio) ed ospitava una quantità di storie prodotte in Italia ed esportate in Argentina. Fra queste, Junglemen di Battaglia e Pratt, Saturnino Farandola di De Vita, Tex di Bonelli e Galleppini (che da noi si chiamò Colt el justiciero) Gey Carioca di Paul Campani (qui chiamata Tita Dinamita), Misterix di Campani, che diede il titolo alla principale rivista dell’editoriale.
A un certo punto, Cesare Civita decise di importare alcuni autori italiani. E vennero a Buenos Aires Hugo Pratt, Ongaro, Letteri. E continuarono a lavorare attivamente Dino Battaglia e Paul Campani.
In Misterix, nei primi anni Cinquanta, apparve un grande sceneggiatore argentino, Hector Oesterheld, che scrisse Bull Rockett, che sarà disegnato dall’italiano Campani, e Sergente Kirk, per i disegni dell’italiano Hugo Pratt.
In Patoruzito, Athos Cozzi (altro italiano vissuto qui parecchi anni) disegnava un pugile argentino che piaceva quasi quanto Vito Nervio: Tucho de canillita a campeon, scritto da un radiocronista sportivo, Mariano de la Torre.
L’editrice di Civita commissionò allora a Oestrheld un altro pugile, El indio Suarez, disegnato per molti anni dallo spagnolo Carlos Cruz.
Noi lettori di quei primi anni Cinquanta seguivamo con gran devozione tutto questo mondo d’avventure.
Gian Carlo Malagutti: Che differenza c’era tra i personaggi argentini e quelli nordamericani?
Carlos Trillo: I personaggi nordamericani che leggevamo nelle riviste erano rimontaggi delle strisce quotidiane, per cui leggendoli di seguito risultavano alquanto ripetitivi. Quelli autoctoni avevano un altro ritmo, erano pensati per i settimanali, facevano leva sulla suspense per tenere avvinto il lettore fino alla settimana successiva e in molti casi avevano la struttura dei vecchi feuilleton a puntate, presentavano sempre un mondo assai più completo, più calibrato sulle necessità dei lettori.
Gian Carlo Malagutti: Tu, cosa leggevi?
Carlos Trillo: Fino alla metà degli anni Cinquanta, oltre ad ascoltare radiodrammi, leggere romanzi d’avventura, lessi fumetti e riviste umoristici.
Molte, che scambiavamo fra amici. Tanto che, fra tutti, acquistavamo due dozzine di pubblicazioni settimanali, che divoravamo: Rico Tipo, una rivista umoristica con donne bellissime, disegnata da Divito (questa, bisognava leggerla un po’ di nascosto perché, nonostante l’innocenza di quelle immagini, i nostri genitori la consideravano quasi porno).
Di Rico Tipo è indimenticabile una coppia: Cesar Bruto e Oski, che facevano una specie di diario di quartiere, pieno di pettegolezzi diquartiere, maldicenze ed errori di ortografia, che ci facevano sbellicare dalle risate.
La seconda fra le riviste umoristiche era Patoruzu, che pubblicava le avventure del personaggio che le dava il titolo, oltre a un’infinità di strisce comiche con personaggi tipici, il capo ufficio cui non bada nessuno, la ragazza prodigio, il tonto che non reagisce mai… I migliori fumetti uscivano su Patoruzito e Misterix.
Gian Carlo Malagutti: Quali personaggi amavi da bambino/ragazzo?
Carlos Trillo: Paperino, innanzitutto. Poi Vito Nervio. In seguito, Bull Rockett e Sergente Kirk.
Credo che per i lettori di quegli anni Hugo Pratt fosse il più grande, il più forte, il più suggestivo. E Oesterheld, visto ora a distanza e non avendo noi in Argentina dei Salgari, Stevenson o Zane Grey, fu il grande scrittore d’avventure, almeno per due generazioni.
Gian Carlo Malagutti: Chi erano i grandi del fumetto argentino negli anni Cinquanta/Sessanta?
Carlos Trillo: In quegli anni il fumetto era un grande movimento: c’erano riviste, scrittori e disegnatori di gran qualità. Inoltre, a partire dalla metà
degli anni Cinquanta ci fu una grande scuola che insegnava a disegnare: si chiamava La escuela panamericana de arte, e lì, come diceva la pubblicità, 12 famosi artisti insegnavano a disegnare.
Fra questi 12 c’erano Breccia e Pratt che impressero il loro marchio su un’intera generazione di disegnatori, che iniziarono a pubblicare fra gli anni Sessanta e Settanta.
FINE DELLA PRIMA PARTE