Sono già passati 20 (venti) anni tondi tondi dalla scomparsa del massimo sceneggiatore Disney italiano, Guido Martina, detto “Il professore”, nato a Carmagnola in provincia di Torino, nel 1906 e scomparso il 6 maggio del 1991.
Eppure, le sue storie sono in continua ristampa e ben presenti, in massima parte, ai lettori del 2011, che forse vorrebbero anche scoprire qualcosa di più su questo grade creator seminale, abile frullatore di suggestioni, concetti e personaggi altrui, oltre che creatore di propri, abile prosatore e parodista, sarcastivo verseggiatore, ignaro del politically correct.
Per ricordarlo brevemente, in questa circostanza, mostro ai lettori di Cartoonist Globale qualcosa che mai era stato pubblicato a corredo delle sue biografie, o nel numero “speciale” de I Maestri Disney Oro che gli dedicammo qualche anno fa (sotto la sua copertina, dipinta da Marco Rota), con una selezione di avventure con Topolino e Paperino realizzate negli anni della sua proficua collaborazione con Arnoldo Mondadori Editore.
Come la maggioranza dei lettori di questo blog ben sa, nel 1949 Martina ideava la saga di Pecos Bill, una delle più famose serie western italiane, pubblicata con grande seguito di lettori nell’arco di cinque anni su 165 numeri degli Albi d’Oro della Prateria e poi più volte ristampata (1960, 1978).
In quei primi anni di cavalcate nel lontano West, i lettori italiani concentravano la loro attenzione più su Pecos Bill che sul “giovanissimo” Tex Willer di Gian Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini, presente in edicola nel formato striscia, assai meno vistoso del comic book pecosbilliano splendente di quadricromia al 50 %.
Le cose sarebbero mutate in fretta per svariate ragioni, ma questo è un altro oggetto di analisi. Che varrebbe la pena sviscerare, peraltro; non so se qualcuno l’abbia mai fatto in modo scientifico. Regalo l’idea a qualche collega di buona volontà che possa mettere a confronto le prime storie di Tex con quelle coeve del cow boy “nonviolento” e idealista di Martina per tirare le debite conclusioni.
Stefano Priarone? Giuseppe Pollicelli? Moreno Burattini? Carlo Scaringi? Sicuramente avrebbero molto da osservare e dedurre, se avessero il tempo e l’uzzolo per farlo.
Sotto, la copertina del primo numero del Pecos Bill in formato tascabile, I lupi del fiume rosso, dato in omaggio ai lettori adulti di Epoca (settimanale di attualità e cultura che, se non sbaglio, in quel periodo era ancora diretto da Enzo Biagi, prima che la proprietà lo sollevasse perché “scomodo”, in favore di Nando Sanpietro) a scopo propagandistico, come si vede dallo “strillo” in rosso, sulla scia del clamoroso successo che aveva ottenuto in quel formato, appena tre mesi prima (giugno 1960) il Topolino con l’acquisita periodicità settimanale.
Altrettanto valida ma meno fortunata è la serie Oklahoma (1952-53), apparsa anch’essa sugli Albi d’Oro e disegnata da due dei migliori autori di Pecos Bill, Raffaele Paparella e Pier Lorenzo De Vita.
Martina, sotto in una foto degli anni Cinquanta, è stato anche autore di alcuni libri, tra i quali il romanzo Tramonto ad Est (Edizioni Alpe) e L’amico satellite (Mondadori, 1957), con il quale vinse il premio “Bancarellino”, il Premio Bancarella assegnato ai libri per ragazzi e basato sull’effettivo venduto di titoli (come le vendite venissero effettivamente rilevate non so dirlo; ma certo quel libro, che si avvale anche di alcune splendide illustrazioni di Giovan Battista Carpi, fu un successo).
Dalla serie a fumetti di Pecos Bill, Martina ha poi tratto un libro edito dai Fratelli Fabbri. Le sue sporadiche collaborazioni fumettistiche fuori dalla Mondadori sono state alcuni episodi di Cucciolo e Tiramolla tra il 1958 e il 1959 per le omonime testate della Alpe, e alcuni (cosiddetti) cineromanzi per il Vittorioso tra il 1961 e il 1962.
Personalmente il titolare di Cartoonist Globale (ovvero lo scrivente) non ha mai avuto la fortuna di incrociare Martina. Ma quando, negli anni Ottanta, il “Massimo sceneggiatore” abitava a Roma, in compagnia della moglie Renata Rizzo, Luca Raffaelli andò a trovarlo per registrare un’intervista da pubblicarsi da qualche parte, forse senza immaginare una destinazione precisa della stessa. Forse per la rubrica L’Urlo di Poi che conducevamo sul mensile L’Eternauta delle Edizioni Produzioni Cartoons di Alvaro Zerboni e associati. Ma di fatto non vide mai la luce su carta.
La conversazione, infatti, non era interessante, metteva anche un po’ tristezza, punteggiata com’era di reticenze e forse di vuoti di memoria. Era il dialogo stanco di una persona anziana e un po’ malata. Martina faticava a rispondere praticamente su tutto il fronte, sostenendo che per questo e per quello, sulla Storia d’Italia Disney che stava scrivendo e sui progetti futuri, sui disegnatori in ballo e su chi aveva creato cosa, si dovesse chiedere l’autorizzazione preventiva al direttore di Topolino di allora, Gaudenzio Capelli. Poi, l’intervistato si sarebbe espresso in libertà.
Tuttavia, in questa unica intervista, della quale conservai a lungo un duplicato dell’audiocassetta, Martina raccontava almeno qualche cosa di inedito. Rivelava di non conoscere alcuni disegnatori, né di persona, né addirittura di nome. Sosteneva che il più bravo interprete dei suoi soggetti era senza dubbio Carpi (con Giovan Battista discutemmo in seguito sul perché). Poi, rivelava che era stato Arnoldo Mondadori in persona ad avvicinarlo per chiedergli di creare storie disneyane nuove di zecca, adatte ai lettori italiani.
Probabilmente, il furbo e influente Arnoldo conosceva la cifra di Martina per averne letto su altri giornali, non specificamente per ragazzi. E per averne associato il nome agli umoristi Nizza e Morbelli.
Di fatto, quando Martina si butta a pesce sulle sceneggiatore Disney, sta collaborando al Corriere dei Piccoli con storie a fumetti vere e proprie, appassionanti, come quella disegnata da un Nadir Quinto in stato di grazia della quale riproduco alcune vignette in questo post: La città d’oro, centellinato in puntate di una sola tavola, comunque assai intense.
Si tratta davvero di un Martina sconosciuto, mai ristampato da allora e mai letto in un'”unica soluzione”: tutto-di-seguito come invece era avvenuto per le storie a puntate di Cesare Zavattini e Federico Pedrocchi uscite con modalità analoghe sui giornalini Mondadori.
(fine del primo tempo)