PINOCCHIO (tempi supplementari): ASTROBOY, IL SUPEREROE NIPPONICO, E LA SUA CONTROFIGURA ITALIANA

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Cogliendo al volo l’argomento introdotto da Emi-chan dopo aver presentato il Pinocchio tezukiano pubblicato da Kappa Edizioni, rispolvero un un tema affrontato ben quattro anni fa: il rapporto fra la marionetta collodiana con altri suoi epigoni insospettabili: uno lanciato in forma di manga e anime e un altro, italianissimo, che ne è quasi il gemello (involontariamente).

AstroBoy1963 INTRODUZIONE

La sanguinolenta ferita prodotta dalla bomba di Nagasaki e Hiroshima è ancora aperta, quando il “dio dei manga” Osamu Tezuka (assoluto Maestro fumettista del Sol Levante) dà vita a un personaggio carino (in giapponese kawaii), vivace, straordinariamente potente. E’ Tetsuwan Atom: alla lettera “Atom dal braccio di ferro”, meglio noto in Italia come Astroboy.

Corre l’anno 1951, ma nella fantasia di Tezuka il terzo millennio è già iniziato; specificamente, siamo nel 2003 (quattro anni fa!).
Novello Geppetto, uno scienziato in cerca di compagnia, dopo la morte del figlio si crea un “burattino” androide che al pari di quello di Carlo Collodi acquisterà una vita autonoma.

Dotato di superpoteri, questo simpatico personaggio dagli occhi rotondi nasconde sotto un’aria d’innocenza e inoffensività la grinta di un supereroe dai poteri sconfinati. Come il piccolo Superman frequentava le scuole “per ragazzini normali” della sua Smalville, ecco che anche l’Astroboy di Tezuka si mescola agli apparenti coetanei, ma non rinuncia, all’uopo, a sfoderare le sue sette qualità superumane: riflettori incorporati nelle orbite, jet a propulsione sulle chiappette (così scrivevo tempo fa, ma poi l’amico visitor Fa. Gian. ha fatto notare nel suo commento che in realtà i suoi piedi rientrano nelle caviglie, e dai fori esce il getto a reazione che lo fa volare – vedi sotto – e grazie), un paio di mitragliatrici, superudito, forza di diceimila cavalli, conoscenza di sessanta lingue e la non trascurabile capacità di districarsi alla perfezione tra il bene e il male espresso dagli uomini.

Carino e rassicurante anche nelle azioni, oltre che nell’aspetto, questo robot minorenne è la conferma vivente che l’energia atomica può essere usata anche a fini positivi.
Una tesi francamente assai ardua da comunicare, pensando all’olocausto di pochi anni prima.

UN GIAPPONESE AMERICANO

Nato nel 1951 come personaggio dei fumetti, oltre a quello della simpatia, Atom – Astroboy vanta anche un altro primato.
E’ il protagonista della prima serie animata televisiva giapponese, l’apripista della schiera di orfani e robot, campioni sportivi ed eroine dal sesso incerto che avrebbero ingolfato i tubi catodici delle regioni del Sol Levante, e più tardi anche i nostri.

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Diffusa in bianco e nero a partire dal 1963, la serie di Astroboy è realizzata dalla Mushi Production, uno studio fondato dallo stesso Tezuka. Piace molto anche all’estero, soprattutto in USA, dove Astroboy raccoglie consensi dagli spettatori della rete NBC, che ne trasmette una versione tagliata, adattata ai gusti e alle conoscenze del popolo del Nuovo Mondo.

Jkanime9 In effetti, chi non legge i titoli di coda degli episodi, non ha la percezione che si tratti di un’opera concepita in Giappone. I caratteri somatici dei personaggi sono simili a quelli ritratti dai disegnatori occidentali; soprattutto gli occhi grandi, simbolo d’innocenza, non ricordano affatto lo stereotipo delle orbite a mandorla con cui si sogliono raffigurare i nipponici.

Non c’è da stupirsi. Tezuka ha dichiarato più volte di essersi ispirato ai disegni animati della Disney: l’impronta della fabbrica di “Papà Walt” è innegabile, chiunque si occupi di cinema d’animazione, persino nei Paesi che detestano gli Stati Uniti non può fare a meno di avere i cortometraggi e i lungometraggi disneyani come punto di riferimento.
Ma un po’ tutta l’animazione americana è coinvolta: il “tenero” androide atomico di Tezuka, tutto sommato ricorda più il “supertopo” di Paul Terry, Mighty Mouse che non Topolino, sia per l’ovvietà delle trame che per l’irriducibile, manichea e scontata tensione a far giustizia del protagonista.

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ASTROBOY E IL SUO DOPPIO

Vinicio_7 Per quelle strane coincidenze che nessuno sa spiegare, e che coinvolgono talvolta anche il mondo del fumetto, l’Atom di Tezuka vede in Italia una quasi perfetta controfigura, un tipetto bambinesco che lo emula anche nel nome: Atomino.

E’ il supplemento a fumetti del quotidiano comunista “L’Unità”, “il Pioniere”, ad ospitarlo.

Opera dello sceneggiatore Marcello Argilli, Atomino si avvale delle tavole del pittore d’avanguardia Vinicio Berti, per l’occasione convertitosi alle nuvolette.

Berti raffigura un piccolo atomo antropomorfo simpatico e vitalissimo, con storie educational antimilitariste e antiautoritarie rivolte ai bambini, ma interessanti anche per un pubblico adulto, in virtù della grafica degna dei comics underground, alla Shelton, alla Nikita Mandryka.

La storia d’origine vede Atomino nascere per incidente durante un esperimento nucleare nel deserto africano, dove viene requisito dal generale Simeone a scopi bellici, perché titolare di un potere atomico gigantesco.

Inutile dire che Atomino, bambinesco e incurabilmente buono come Astroboy, resiste all’impiego militare che si pretende da lui. Dopo essersi liberato di tutte le testate nucleari del generale guerrafondaio, Atomino le sfrutta per costruire una pila atomica, “per illuminare, riscaldare, far funzionare le fabbriche, per curare i malati, per azionare navi, treni, aerei…”.

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Ne avrà per altre cinque lunghe avventure, umoristiche quanto basta, dove l’ansia e l’inquietudine sono stemperate dai buoni auspici dell’ottimo Atomino.

Tenerissimi, questi figli dell’atomica che si rispondono da una latitudine all’altra. Premurosi, inflessibili, e fantasiosamente irreali.

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Chiodino

In margine

Brutik, uno dei criminali fascionazisti con i quali si scontra Atomino, è forse un tassello mancante alla raccolta di eroi neri, ispirati a Diabolik e compari, che Davide Barzi sta raccogliendo per un suo progetto. Se è così, Davide, batti un colpo!

Chiodino è l’altro simpatico eroe di Argilli e Berti lanciato a fumetti sul Pioniere.

Gli schizzi di Astroboy a penna biro sono di John Kricfalusi.
© dei rispettivi aventi diritto

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  • Emi-chan |

    L’Astroboy 3D aveva una storia parecchio diversa da quella originale; molti fans hanno rifiutato a priori di andare a vederlo, mentre chi non lo conosceva… non c’è andato lo stesso, purtroppo. ^^

  • Santino |

    Il personaggio di Astroboy in 3d non mi sembra sia stato un grosso successo, anche penso che fosse ben modellato.
    Ma questo disegnato da Tezuka ha un fascino particolare. Non ho mai visto la serie in bianco e nero, forse si trova in dvd?
    Quando le TV italiane cominciarono a trasmettere i cartonio giapponesi era da poco l’epoca del colore e questi classici non avevano diritto di cittadinanza alla Rai o nelle private.

  • Emi-chan |

    Stavolta non sono molto d’accordo con quanto espresso nell’articolo: “l’ovvietà delle trame che per l’irriducibile, manichea e scontata tensione a far giustizia del protagonista”? “Premurosi, inflessibili, e fantasiosamente irreali”? Astroboy, pur restando un fumetto per bambini, è stato disegnato da Tezuka a più riprese per tutta la sua (troppo breve) vita, rielaborato, perfezionato attraverso molteplici revisioni, fino a diventare un personaggino quanto mai tormentato proprio perché consapevole dei limiti della propria natura di robot: Atom sa di essere stato programmato per essere buono e allo stesso tempo per difendere gli esseri umani, e queste due priorità spesso si trovano in conflitto quando gli esseri umani compiono ingiustizie di ogni tipo e trattano come schiavi i robot. Perciò, quando Atom si trova a combattere contro i suoi simili ribellatisi agli esseri umani, riconosce le loro ragioni; quando deve sgominare i piani di uomini malvagi, continuamente si chiede quanto le sue decisioni (improntate al dialogo e alla speranza) siano spontanee o frutto degli ordini impartiti dal programma installato nel suo corpo. Persino la sua nascita non ha nulla della tenerezza insita in quella di Pinocchio: suo padre, il dottor Tenma, cerca in lui il figlio morto in un incidente stradale e vedendo che Atom non può crescere lo rinnega vendendolo ad un circo.
    “Carino e rassicurante anche nelle azioni, oltre che nell’aspetto, questo robot minorenne è la conferma vivente che l’energia atomica può essere usata anche a fini positivi.
    Una tesi francamente assai ardua da comunicare, pensando all’olocausto di pochi anni prima.”
    Infatti Tezuka non aveva alcuna intenzione di lanciare un messaggio simile, anzi, era fortemente contrario all’uso dell’energia atomica. Oltretutto, in quanto medico aveva ben chiari gli effetti delle radiazioni sugli esseri umani.
    @Antonio: Nilde Iotti e Palmiro Togliatti si espressero pubblicamente contro il fumetto (in particolare quello americano) sia sull’Unità che sul Pioniere, in un periodo in cui la violenza nella stampa per ragazzi era particolarmente dibattuta ed anche in Parlamento si progettava una sorta di Comics Code Act italiano. Rodari rispose sugli stessi giornali, invero abbastanza timidamente, sostenendo il fumetto come mezzo per avvicinare i bambini alle Vere Letture e rivendicando, da parte del Pioniere, la creazione di fumetti completamente italiani nella trama e nei disegni che potevano validamente contrapporsi allo stile del fumetto americano e ai suoi messaggi nocivi.
    Paradossalmente, l’unico giornalista che negli stessi mesi difese più volte il fumetto a spada tratta fu Giovannino Guareschi, le cui idee politiche erano quanto mai distanti da quelle di Rodari.

  • Jenny la tennista |

    Quel Topo se la prende con Astroboy per difendere i diritti di Pinocchio, dopo che Tezuka ha copiato “spudoratamente” (anche se da gran Maestro, nessuno glielo toglie) la trama e i personaggi del film di Papà Walt?

  • Antonio |

    Vedo che le storie di Chiodino erano co-scritte con Gabriella Parca.
    Ma c’è dietro una storia, che riguarda l’arricciamento di naso che avevano i dirigenti del PCI di allora rispetto all’uso dei fumetti.
    La loro posizione era anche più ottusa di quella dei fascisti che li avevano vietati.
    Ho sentito dire di discorsi fatti da Nilde Iotti e da Palmiro Togliatti (o da tutti e due) contro questi fumetti, forse perché, esattamente come per i fascisti, provenivano dall’America e quindi erano “cosa no buona”.
    So che questo discorso rischia di essere superficiale.
    Ma per fortuna poi le cosa cambiarono a quanto pare e i fumetti ebbero vita facile sull’Unità e sul Pioniere.
    Mi piacerebbe da quando, con precisione.
    Cioè: quando sono caduti i pregiudizi rispetto ai maledetti fumetti.
    Un caro saluto,
    Antonio

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