Sbracciamoci in un secondo saluto alla primavera 2011 con una copertina scema e crudele che introduce alla chetichella il volume suggerito in questo post. Ul memoriale vivace e tutto sommato un po’ “cannibale”, a suo modo anche un po’ scozzariano, il cui autore ha portato a suo tempo in Italia, su L’Arcibraccio, i fumettisti satirici francofoni di Hara – Kiri.
Andiamo per gradi.
Con qualche mese di ritardo sulla tabella di marcia è finalmente giunta nelle librerie un’opera assai consigliabile sia per chi si occupa di fumetti, letteratura e agenzie letterarie, diritti, royalties e annessi (& connessi), sia per chi voglia studiare anche la cronaca e i retroscena di alcuni degli ultimi 150 anni dello Stivale, non solamente la loro Storia, spesso “ufficiale” e quindi occultatrice di fatti sui quali invece vale la pena spendere qualche ora della propria vacua esistenza per riflettere un po’. Paraponzi, ponzi, pò.
L’autore sul quale puntiamo i riflettori è il simpatico Luca (Arnaldo) Staletti, autore di un libro pubblicato da Coniglio Editore che un tempo era uscito quasi inosservato con un titolo diverso, ma che adesso (a precisa domanda) risponde a quello di C’ERA UNA VOLTA IL PARTITO COMUNISTA – Autobiografia picaresca di un compagno radiato. A Riccardo Mannelli si deve il significativo disegno di copertina.
La prendiamo alla larga, così varie immagini di questo post, per abbellirlo, sono del grande Georges Pichard, fumettista e illustratore del quale Staletti è stato agente vendendo i diritti per la pubblicazione in Italia di vari lavori proprio a Francesco Coniglio.
Di Pichard presentiamo una carrellata di illustrazioni di tanti anni fa, prima che divenisse un Maestro riconosciuto nel mondicciuòlo della bedé.
Luca Aurelio Staletti (milanese, pluriottantenne), splendido anarchico dal cuore d’oro, appassionato e goloso di umanità, fiero avversario dell’arroganza e dell’ipocrisia, è entrato, suo malgrado, nella storia dell’editoria mondiale per la sua attività di agente letterario a Parigi dagli anni Cinquanta ai Novanta.
L’ha fatto scegliendo sempre gli autori più all’avanguardia. Così, ha contribuito alla diffusione nel mondo di Opere difficili e trasgressive: Copi, Wolinski e Cavanna. A lui dobbiamo il ciclo di Emmanuelle (già, proprio i libri di Emmanuelle Arsan (all’anagrafe Marayat Bibidh, Bangkok, 1932), che gli fruttarono un sacco di soldi per le traduzioni in tutto il mondo, e e che dettero origine a una serie di pellicole fra le quali questa, di cui vi posto un casto estratto, seguito da quello, con Umberto Orsini, di Emmanuelle l’antivierge (la qualità è quella che è, ma serve a documentare il tutto).
Emmanuelle 1974
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A Staletti dobbiamo la diffusione internazionale di autori di fumetti come Hugo Pratt, Guido Crepax e Milo Manara. E’ stato agente per l’Italia e non solo del grande disegnatore le cui immagini costellano il presente post.
Staletti è un amico le cui gesta mi piace ricordare (per esempio) insieme a un terzo Luca (Raffaelli), con i quali girammo per la Rai, tanto tempo fa, una comica intervista a tre. Ve n’è traccia somewhere?
Mi dispiace non averlo rivisto nell’ultima quindicina d’anni; l’ultima volta durante una animata diatriba con un editore con il quale ho collaborato a lungo, a proposito di un certo saldo di diritti non effettuato…
Luca vive a Parigi e lotta ancora insieme a noi.
Il libro, tecnicamente: PAGINE: 224 – PREZZO: Euro 14,50 (le vale!).
E’ la storia di un ex partigiano delle formazioni comuniste che, radiato dal PCI, si rifugia a Parigi negli anni Cinquanta e diviene uno dei più grandi agenti letterari del mondo.
Tutto comincia quando lui, Staletti, che non ne voleva sapere nulla di accordi tra operai e padroni, militando nell’ala sinistra del partito, quella di Pietro Secchia, ha un duro confronto con Giulio Seniga, scappato in Svizzera con la cassa del PCI.
Deluso dalla sinistra, Staletti inizia a girare il mondo con Parigi come baricentro, dove svilupperà una grande carriera di agente letterario, partecipando ai moti editoriali francesi dei primi anni Sessanta di Eric Losfeld e Jerome Lyndon, diventando agente di tutti gli autori più trasgressivi come Cavanna (foto sotto, molto baffuto), Wolinski e Copi (un suo fumettino con la donna seduta, a seguire).
Nelle pagine del libro dei rapporti con questi creativi vulcanici d’oltralpe non si parla quasi per niente. Si dice dei problemi con L’Arcibraccio che defunge per colpa di una crisi energetica che fa zompare alle stelle il prezzo della carta (e non ci sono i soldi per pagare cash le nuove scorte).
Si parla de Le avventure di Dio, divertente libro sequestrato e “denunciato”, con effetti legali che giungono fino al suo autore in Francia (Cavanna) che si stupisce amaramente su come in Italia siamo messi male democristianamente parlando.
Sopra ne vediamo la cover di una tarda edizione di Albin Michel, abbinato alle Avventure di Gesù Bambino, il suo sequel.
Questo è il “profumo” del mondo che Staletti ci fa annusare di nuovo, dopo tanti anni sospesi fra astinenza e smemoratezza.
Aaaaahhh!
«Si tratta di un autentico affresco esistenziale che fa tornare alla mente l’epigrafe che Céline mise in cima al suo capolavoro: “Solo viaggiare è utile, tutto il resto è noia e fatica”» (Fulvio Abbate).
Una road story scoppiettante, una miriade di incontri intensi e coinvolgenti, una costellazione di considerazioni sull’anarchia, sull’uomo, sulla politica, sul denaro e sull’arroganza del mondo.
Così Staletti si autopresenta: «Non lavoro, non voto. Contrariamente alla mia volontà, non vegeto. Ciò m’ha costretto a girare cinque volte il mondo. Ho visto i capolavori più decantati e le nefandezze inconfessate che l’uomo ha prodotto. Odio la guerra, vivo nelle guerre. Ho tirato sassi contro la polizia, Ho ancheggiato il fado e sentito il fetore dei cadaveri putrefatti. Ho oltraggiato le religioni e il comune senso del pudore. Ho lavato il culo ai miei figli neonati, li ho cullati, imboccati. Li amo. Prendo il treno della vita al volo, perché non ne osservo gli orari. Il sole è morto. Me n’accorgo di notte e non riesco a scaldarmi. Cerco i miei piedi, non li trovo. Dormo a feto.»