Riprendo in buona sostanza il contenuto principale di un antico post su Antonio Rubino spinto dalle sollecitazioni da più di un lettore, interessato oggi, fine febbraio 2010, a una ricerca che avevamo iniziato su Cartoonist Globale (e altrove) un anno fa circa.
Ha un senso un po’ diverso farlo ora, quando anche altri colleghi, da Matteo Stefanelli a Leonardo Gori, portano avanti analisi complementari a questa nei loro blog. E quando un editore come Black Velvet riproduce in un suo volume contemporaneo un’ampia messe di tavole di Rubino (sopra un suo disegno con vari personaggi del Corriere dei Piccoli, in un’immagine del 1920 speditami da Luigi F. Bona).
Tra l’altro, mi scrive un’interessato studioso, che ringrazio (si firma Gianvr59).
Ricopio qua il testo del suo commento, perché difficilmente si potrebbe rintracciare nel maremagno del blog:
Grazie per il bel blog. Ho studiato Rubino per anni adorando i suoi “versi e disegni” antesignani di una letteratira “fantastica” che ha caratterizzato il primo ‘900. Spero di poter contribuire anche se non sono esperto di blog … Tra le altre cose posseggo tutti i numeri del CdP con Rubino delle annate anni 30 e 40 (sia i “fumetti” che i racconti disegnati).
Vedrò di postare qualche scansione significativa … Grazie ancora.
La ricerca riguarda le origini del termine FUMETTO, sulla quale non si è mai fatto veramente luce. Ad Alfredo interessano testimonianze anche personali, ma soprattutto documentali (e documentabili) su quando, come, in che occasione e per designare che cosa il termine “fumetto” (a noi tutti così caro e comune) sia stato impiegato nel tempo, dalle sue origini a oggi.
Discutendo a suo tempo nel web, in un lista alla quale partecipavano tra gli altri Craig Yoe, Gianfranco Goria, Eckart Sackman e Armando Botto si era convenuto che la prima menzione ufficiale del termine fosse dovuta al grande disegnatore, illustratore, verseggiatore e (incidentalmente) direttore di Topolino giornale Antonio Rubino.
Nel 1938, sul settimanale Paperino e altre avventure, in particolare nel numero 29, datato 14 luglio, Rubino firma un articolo sul tema, tra l’altro schierandosi con decisione a favore del Fumetto (inteso come strumento di espressione, non come medium).
Il pezzo sfata anche la leggenda, più volte diffusa, che Rubino detestasse i balloons per il solo fatto di averli usati (a quanto pare) una sola volta e per giunta rivolgendosi agli adulti con tavole piuttosto “azzardate” per l’epoca.
Poiché ad Alfredo Castelli e agli altri accoliti (fra i quali il solerte Luigi Marcianò) interessa vedere la scansione degli articoli di Rubino, oltre a mandarli ai loro indirizzi privati mi sembra giusto divulgarli anche alle torme di visitatori di questo blog, molti dei quali sono studiosi e collezionisti.
Forse, incocciando in altre pubblicazioni vecchie e nuove, potrebbero avere qualche dato da aggiungere e informazioni (soprattutto vsive) da condividere.
Ecco, quindi, il primo dei due articoli nei quali Rubino parla “un poco di noi”. E’ una cosa piuttosto rara, in genere, nelle pubblicazioni a fumetti per ragazzi, che si parli del medium; di solito ci si rivolge all’esterno, benché alcuni esempi interessati di commenti su fumetti o disegni animati siano presenti, talvolta, per esempio sul Corriere dei Piccoli (sempre negli anni Trenta, su Walt Disney, Pat Sullivan e i loro personaggi).
Come rileva l’ottimo Marcianò, Rubino nel suo secondo pezzo cita soltanto delle “tavole a quadretti”, senza mai evidenziare più il termine “fumetti”. Forse è la prudenza a consigliare di evitarlo, poiché da lì a poco, i fumetti scompariranno per lasciare spazio alle didascalie su disposizione del Min Cul Pop.
La tavola in francese, che si riferisce a tutt’altro (e riguarda la discussione di una annetto fa) è opera dell’eclettica Catherine (foto sopra, in bianco e nero), della quale potete trovare molto materiale in queste sue pagine.
La foto a colori della fumettista sotto di lei, invece, ritrae Isabel Kreitz.
La copertina nella quale è ritratto Milton Caniff riguarda l’undicesimo commento (mio) a questo post.
In senso, più o meno è il seguente: Gianni Brunoro ha trovato un articolo importante a firma Oreste del Buono, su un rotocalco popolare rimasto per anni misterioso.
Bene, qui OdB raccontava varie cosucce sul Fumetto italiano, dal “Corriere dei Piccoli” all’attività dei fratelli Cossio, dalle strisce americane a… “Robinson”, del quale passava a tessere le lodi, pubblicando tra le altre anche immagini del “Piccolo Abner”: una striscia in cui si vedeva anche un albo intitolato a Dick Tracy, del quale Abner era fan.
Da notare: Dick Tracy, non la sua caricatura Fearless Fosdick (evidentamente nata dopo).
Gianni possiede solo dei ritagli, restaurati decenni fa a colpi di nastro adesivo, di quell’antico rotocalco, privo di data e altri connotati che lo rendano riconoscibile. Ma ponderando su alcune frasi di Oreste, lo stesso Gianni aveva datato quell’uscita fra il 1946 e il 1947.
Bene, aggiungo un elemento in più.
OdB cita una (allora) recente copertina della rivista “Time” sulla quale compariva il ritratto di Milton Caniff con due suoi personaggi.
E’ quella riprodotta sopra, ed è datata 13 gennaio 1947. Ergo, i Fumetti come genere sono già “noti” (anche se a intelligenze illuminate come duella di Oreste, che comunque divulga in concetto a livello di massa) nei primi mesi del ’47.
Nel sito di Time, a questo link, si può leggere un articolo sui comics di Caniff, del quale riporto un estratto, tanto per gradire:
In the last months of his ‘305, Milton Arthur Caniff is a handsomely hefty (195 lbs.), blue-eyed, relaxed man with an indoor look and a sociable nature. He is almost never seen in the Stork Club or at El Morocco, although many a G.I. or plain reader might naturally assume that Terry’s generally sophisticated dialogue was clutched from some such glamor-scented air.
Actually, it comes out of Caniff’s head. Among cartoonists—fellow members of what he calls “the pariah profession”—he is well liked, but seldom seen. He lives and works (12 to 18 hours a day) on the outer suburban ring of New York City, in a town with the confusing name of New City, N.Y. (pop. 992). Neighbors in the New City intellectual colony include Playwright Maxwell Anderson, Artist Henry Varnum Poor and Author J. P. McEvoy.
A year ago, clearing his decks for the big change from Terry to Steve Canyon, Caniff swore off smoking and drinking. Though he hates to exercise, he even went for walks on brooding Tor Ridge (the locale of Anderson’s 1936 play High Tor), to keep his weight down. Says he: “All I could think of was ‘God, I wish I were inside!'” So he reminded himself that the ridge was full of copperhead snakes anyway, and gave it up.