Non si finisce mai d’imparare e di stupirsi/ci!
Già da alcune settimane avevo approntato un post (le spoglie di questo), non certo “passibile di scadenza”, sull’autore dei due simpatici castori riprodotti qui a destra, un fumettista dell’immediato dopoguerra del quale non si conosceva praticamente niente.
Almeno fino a quando il solerte collezionista Sergio Lama, che abbiamo citato spesso negli ultimi tempi, non ho deciso di analizzare più a fondo un giornale a fumetti davvero molto raro, editato dal tipografo romano Fausto Capriotti: L’Ometto Pic. Anche le immagini di questo post provengono da esemplari della sua collezione.
A rompere il ghiaccio su questo autore (e su questa testata) è stato Leonardo Gori nel suo blog (anch’esso citato spesso di recente) dedicato ai Fumetti Classici (questo il suo titolo, ormai lo conoscete).
Pochi giorni fa, sempre dallo stesso blog scopriamo che Sergio Lama si è addirittura industriato a cercare di persona questo “misterioso” autore, classe 1928, l’ha trovato, e ne ha ricavato una lunga intervista, da pubblicarsi in un prossimo futuro nel Notiziario Gaf, insieme a una disamina sulla testata.
Quando ne avevamo parlato un paio di settimane fa, dopo un confronto “multiplo” (al quale ha partecipato fra gli altri anche Armando Botto) tutto lasciava supporre che il bravo disegnatore influenzato da cartoons americani bellici o dell’immediato dopoguerra fosse lo scultore e scenografo Giovanni Gianese, detto Gianni.
E così era.
Gli storici del Fumetto italiano non parlano di lui, sia perché sulla “scuola romana” (o sui rari autori romani isolati, formatisi da autodidatti, si è sempre indagato poco; sia perché la sua parabola fumettistica è effettivamente effimera e il precocissimo Gianese non partecipa alla “ripresa” che nel dopoguerra si caratterizza con il trend degli albi tascabili, dove sono presenti invece, tra gli altri, Gaetano Vitelli, Luigi Giobbe, i fratelli Castellari, Francesco Privitera, Gibba e così via.
Nel 1949, quando i pocket a fumetti iniziano a moltiplicarsi, Gianese sembra impegnato altrove. Peraltro, ha poco più di vent’anni…
Giovanni Gianese nasce a Roma il 29 luglio 1928.
Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti, comincia a lavorare giovanissimo, applicandosi nel campo della decorazione e dell’ornato, ma riservando a quanto pare un po’ di tempo anche per i fumetti, che realizza con mano sciolta, attento soprattutto alla morbidezza dei personaggi, il che fa supporre anche una gavetta, pur breve, nel campo dei disegni animati.
Nel 1950, Gianese collabora a fianco di Francesco Barbieri nella realizzazione di una serie di opere importanti a Milano, Roma, Bari, Lecce, nella cui esecuzione ha modo di sperimentare tecniche e materiali quali il marmo, il bronzo, la ceramica, e di formarsi artisticamente nell’amore per la tradizione classica.
Dal 1955 esegue lavori in proprio. Una statua commemorativa in bronzo viene eretta a Monrovia in Liberia, e successivamente dalla Città di Nettuno gli è commissionata una grande statua in bronzo del filosofo gesuita Paolo Segneri.
Oltre alla scultura monumentale e alla ritrattistica, Gianese si dedica all’Arte Sacra.
Sue opere sono a Sidney in Australia, negli Stati Uniti, in America Latina dove, tra l’altro, esegue a Copertino una porta in bronzo per la chiesa di Santa Maria ad Nives.
Sue realizzazioni, machettes, sono stabili al Louvre e al Museo D’Orsay.
Ha partecipato inoltre all’allestimento delle mostre I Fenici e I Celti a Palazzo Grassi a Venezia.
Ma la fonte di lavoro più frequente è stato lo spettacolo.
Nel cinema il suo nome appare nei film di Luchino Visconti, Federico Fellini, Elio Petri, Franco Zeffirelli, Lina Wertmuller, Martin Scorzese.
Ha poi realizzato sculture per molte scenografie in Italia e all’estero. Per il Festival di Salisburgo, per l’Opera di Parigi, di Nanterre e Zurigo e per teatri di prosa delle principali città italiane.
E per Enrico Job, in particolare, ha eseguito diverse sculture nei suoi spettacoli più importanti.
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