“VIDEOCRACY”, NELLA NOTTE BUIA ITALIANA

Michael MooreVi consiglio di seguire gli appunti di viaggio, al Festival del Cinema di Venezia, che su queste colonne di Nòva redige la mia amica Cristina Sivieri Tagliabue, andata a Venezia per visionare i film migliori in cartellone, da quello nuovo di Michael Moore (a destra in una sublime caricatura di Emrie) al censurato Videocracy. Un film che non piace al Gran Censore d’Italia (che si puà chiamare anche con altri nomi, come abbiamo visto), il quale ha dato ordine, tra l’altro, di non far passare trailer della pellicola sulle reti di cui è proprietario: quelle di Mediaset e quelle della (povera) Rai.

Ecco cosa scrive oggi Cristina, per dare un’idea:
So che domani Current Tv organizza all’Anteo di Milano una prima visione, e che i biglietti sono andati a ruba. Qui da Venezia, dopo aver visto il secondo spettacolo – perché il primo era full, neanche i giornalisti dei quotidiani facevan passare – mi sono un po’ intristita, lo ammetto.


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Ho parlato con una giornalista messicana, e le frasi più impresse nella mente di entrambe sono state:

– il regista del Grande Fratello che dice che quando Berlusconi va a Porta a Porta arrivano ordini dall’alto per chiudere il programma alle 23.30 invece che alle 23.40. In pratica, si anticipa la chiusura di un format Mediaset per dar spazio al proprietario sulla Rai.
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– il potere utilizzato nella cura dell’immagine perfetta, una tv costruita a immagine e somiglianza del Presidente, o comunque con un mondo gonfiato e colorato come a lui piace, con donne con tette grosse.
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Fabrizio Corona nudo davanti allo specchio (pisello incluso) che di massaggia l’olio sugli addominali e poco dopo se ne esce con “l’importante è prendere il potere e fare i cazzi propri”.
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Agghiacciante panorama e prospettiva quella di Videocracy. Parziale, tossica, come Corona che si aggira nella notte a caccia di vip da fotografare. Mi ha fatto pensare ad un vampiro alla ricerca di sangue.
Nella buia notte italiana
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Questo il blog di Cristina.
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  • Da Gnegna |

    Gnegna ho saputo che ha visto Videocracy.
    Fa abbastanza schifo, però vabbè, si può vedere, anche per evitare di dimenticare l’assurdità nella quale siamo immersi (culturalmente, politicamente, e tutti i -mente che vi vengono in mente). Comunque ci sono scene forti: Lele Mora che sbadiglia suino sul suo letto tutto bianco, Lele Mora che ci fa ascoltare fiero le canzoni fasciste sul suo telefonino, Lele Mora circondato da giovani tronisti depilati oliati col tanga e i tatuaggi e le ciabatte che si fanno la doccia e cantano Baglioni (era Baglioni? Vabbè una cosa che ci sta bene con l’olio e il tanga, fate conto). Poi si vede il pene di Fabrizio Corona, anzi per l’esattezza Fabrizio Corona che si smucina il pene sotto la doccia, ma questo non lo so benissimo perché mi sono coperta la faccia, cosa che non facevo dai temi dell’Enigmista (che se mi chiedi com’è, non lo so, avevo le mani davanti alla faccia).
    Niente poi si vede Banana che ridacchia, e vari altri spezzoni di tv puppona. Il commento non aggiunge nulla a quello che già sapevo. Sei meno.
    In sala, la gente rideva (risate nervose) e ogni volta che compariva Corona si sentivano versi di disgusto da parte delle donne (lo sottolineo: versi di disgusto). Poi ogni tanto quello dietro di me esclamava:
    – tutto vero, capito, tutto vero.
    – no, perché magari uno pensa che non è vero, invece no.
    – BUFFONI
    – ho la gastrite.
    – uccidimi.
    Lo capisco.

  • Seminole Sam |

    Ciao, ho visto che anche nel post precedente a questo si parla dell’argomento in questione: il bavaglio messo dai Berluconidi (premier in testa) a chi gli muove delle lapalissiane critiche, in base alle quali dovrebbe essersi schiodato da molto, molto tempo dal seggiolone sul quale indegnamente siede.
    Vi segnalo alcuni pezzi dell’articolo di oggi, a firma di GOFFREDO DE MARCHIS, su Repubblica: parla di un editto soft, una goccia cinese che scava la roccia fino all’obiettivo finale: addomesticare la Gabanelli, Fazio, la Littizzetto, Bertolino, “Parla con me”, ridimensionare, cancellare forse.
    Silvio Berlusconi l’ha anche detto: quei programmi di Raitre non mi piacciono.
    E da tempo il direttore generale Mauro Masi lavora per trovare un sostituto di chi Raitre la dirige con quei volti, con quegli artisti.
    Il pressing sul Partito democratico per avvicendare i vertici di Tg3 e Raitre e incrinare un’identità non è solo un’indiscrezione. Comunque ci sono anche gli indizi, i dati di fatto: l’intenzione resa esplicita da Masi di togliere la tutela legale a un programma di inchiesta che giocoforza si porta dietro grane su grane come “Report”.
    E un giallo finora rimasto sottotraccia su “Che tempo che fa”. Il contratto tra Rai e Endemol, la produzione del programma, non è ancora stato firmato. Un ritardo che appare poco tecnico e molto politico a sole tre settimane dalla messa in onda (3 ottobre).
    Il paradosso dello scontro campale giocato sulla pelle di Raitre è che tutti i programmi sono ormai in rampa di lancio.
    “Parla con me” scatta il 29 settembre, “Report” cascasse il mondo, anche senza copertura legale, l’11 ottobre, Fazio la settimana prima. Ruffini gira come una trottola per le conferenze stampa della nuova stagione. Poi torna in trincea, nell’ufficio al primo piano di Viale Mazzini.
    Non pronuncia mai la parola censura, ma difende il carattere della rete che fu del maestro Guglielmi, il suo essere portabandiera del servizio pubblico. “Un’offerta multipla arricchisce la Rai, non la penalizza.
    Il pluralismo è patrimonio collettivo”, dice Ruffini. E se la direzione generale la pensa diversamente, commette un errore. “Perché fare delle tre reti un indistinto omogeneizzato? Avremmo l’effetto McDonald, che ha gli stessi panini in tutte le parti del mondo”.
    Il direttore di Raitre sarà in piazza il 19 per la libertà di stampa.
    Anche Milena Gabanelli parteciperà. Con l’occhio sempre attento allo sviluppo della trattativa con la Rai per la tutela legale. “Report” punta allo scudo di Viale Mazzini perché se si crede in un prodotto lo si difende, altrimenti lo si cancella.
    E la filosofia della stakanovista Gabanelli è che delle due l’una: o si lavora pancia a terra a caccia di scoop o si perde la giornata a parlare con gli avvocati. “Ruffini – racconta Fazio – ha sempre garantito a me e alla mia squadra condivisione del progetto e assoluta autonomia. Sono elementi essenziali di qualsiasi lavoro, compreso il nostro”.
    Eppoi gli ascolti di Raitre vanno bene, dunque la “prima domanda non è chi al posto di chi, ma perché. Perché bisogna cambiare?”. Per creare un coro monocorde al servizio del pensiero unico berlusconiano? “Nel servizio pubblico devono esserci tante verità – dice Ruffini – . Questa è la sua missione, nel rispetto degli spettatori, dell’editore, delle persone. Si vuole invece una verità di Stato?
    Allora siamo in Unione sovietica”.

  • Cristina Tagliabue |

    Ciao, grazie della citazione adorato amico mio…
    Ora pubblico Moore, che peraltro credo sia già stato pubblicato dal quotidiano!
    abbracci grandi
    c

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