Purtroppo, la Gemstone Publishing ha chiuso i battenti poco prima della scorsa primavera, lasciando la licenza per l’edizione e la stampa dei fumetti disneyani a un’altra etichetta, la Boom Studios. Non un’etichetta specializzata, quindi, che infatti alla vigilia di Ferragosto (festività non considerata negli USA, se non a Little Italy) ha annunciato l’uscita, prevista per ottobre, di una serie di tutt’altro taglio: The Anchor, di Phil Hester e Brian Churilla.
Sotto, in chiusura di post, il trailer del fumetto, in prima mondiale.
Con la chiusura della Gemstone e il cambio repentino del programma fumettistico Disney negli States, nessuno (purtroppo) immetterà sul mercato, diversamente da quanto previsto e annunciato, una versione americana della prestigiosa collana Hall of Fame concepita presso gli uffici scandinavi della Egmont Publishing.
Gemstone, come si ricorderà anche consultando questo post foriero di deluse aspettative, progettava di far uscire una cronologica ragionata dell’opera di Don Rosa, prima che la sua licenza con laDisney spirasse, all’inizio dello scorso marzo.
In Nord Europa, invece, collana Hall of Fame è molto più vasta e variegata. Oltre a Don Rosa comprende (comìè noto) anche Maestri italiani come Romano Scarpa e Marco Rota. Ma anche autori forse più di nicchia, benché altrettanto amati.
Nell’insieme delle collane e sottocollane, il volume di cui vedete la copertina riprodotta qua a destra è una sorta di unicum, il che lo rende – se possibile – ancora più prezioso. Si tratta di un’antologia di storie dell’amato binomio Richard Timothy Kinney – Allen Hubbard, meglio noti come Dick il primo e come Al il secondo.
L’antologia si avvale dei testi di commento e di critica di due fra i massimi esperti planetari del settore: gli amici David Gerstein e Alberto Becattini.
Le storie contenute nel volume sono ben note in Italia, in quanto tutte pubblicate sui periodici di Arnoldo Mondadori negli anni Sessanta e Settanta (in versioni rimontate e un po’ edulcorate).
Alcuni episodi, invece, in particolare quelli con Paperoga, Malachia, Dinamite Bla e Paperino, si sono avvalsi di una versione più filologica e curata, grazie alla loro riproposizione in versione integrale, in anni recenti, su Zio Paperone.
Tra le osservazioni interessanti da fare sul volume della Egmont, c’è la contestualiazzazione dell’attività disneyana della fulgida coppia Kinney-Hubbard in un più ampio panorama del loro lavoro: prospettiva chiarita anche con qualche esempio visivo, vignette e fotogrammi.
La stessa firma di Hubbard ripresa in copertina del volume, poiché il grande autore non ha mai potuto segnalarsi nei fumetti delle major, è ricavata da un suo fumetto non disneyano. Proviene da una storia di Supermouse, il topo supereroico sceneggiato (ma forse *non* ideato) da Richard E. Hughes, anch’egli indicato nello splash panel di apertura, come il libro della Hall of Fame mostra nell’introduzione.
La prima storia disegnata da Hubbard del personaggio, detto anche “The Big Cheese”, compare sul n. 27 del comic book Coo-Coo Comics ed è riportata in Hall of Fame.
Eccola qua sotto.
Non sempre, tuttavia, Hubbard riceveva gli onori della firma anche quando lavorava con Supermouse.
Per fare un esempio, ci soccorre l’amico vignettista e sceneggiatore Renzo Sciutto inviandoci un’intera storia dimenticata del sorcio dai superpoteri disegnata da Hubbard negli anni Quaranta del secolo scorso.
Inedita in Italia, mai ristampata nel mondo sinora, caduta da tempo nel pubblico dominio, può interessare ai lettori di questo blog e di tutto il mondo.
Termina qui la prima parte della storia, le cui tavole proseguono comunque nel post successivo, ancora dedicato a questo tema. Click sopra per ingrandrle.
Ma (piatto ricco, mi ci ficco), ecco in chiusura un raro episodio, tratto dalla serie televisiva del 1961 Calvin and the Colonel, semisconosciuta in Italia (nei commenti in coda al post c’è chi afferma di averne visti degli episodi su qualche televisione regionale, ma i dati su questo punto sono piuttosto imprecisi).
Il character design dei personaggi è responsabilità di Hubbard, il cui nome è (insieme a quello di vari altri artisti noti ai frequentatori di questo blog) incluso nei credits della sigla. In particolare, per questo episodio, Sycamore Lodge, è accreditato insieme ad altri colleghi per i layout.
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