Gli appassionati disneyani di Enrico Faccini (un abituale ospite del nostro blog) rimarranno forse stupiti.
Quando secoli fa conobbi Enrico, cominciando ad apprezzarne l’eccezionale verve compositiva delle sceneggiature e l’abilità nel disegno che riprende, modernizzandola, la lezione di illustri Maestri, parlammo dei nostri autori preferiti e il discorso cadde su quello che l’aveva più colpito di recente.
Il suo nome era… Jerry Grandenetti!
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Di Grandenetti avevo pubblicato qualche tempo prima un solo episodio in quel (per me) eccezionale laboratorio-passerella di grandi nomi del passato e di “classici contemporanei” che fu l’Horror della Comic Art, un mensile che Rinaldo Traini mi aveva consegnato da gestire praticamente chiavi in mano, come faceva abitualmente con le persone di sua fiducia.
Per quel che ne sapevo, era quello il secondo episodio firmato Grandenetti che compariva in Italia; il primo era uscito forse abusivamente negli anni Cinquanta del secolo scorso, in formato tascabile e in bianco e nero, in coda a un albetto di un editore marginale, come mero riempitivo.
Il piccolo palcoscenido di Horror era tutt’altra cosa, anche grazie alla bella introduzione che di Grandenetti fece per l’occasione Alberto Becattini, valutando al massimo i pregi di questo trascuratissimo fumettista.
Richiedere quella storia in USA non fu difficile, visto che era stata riproposta di recente dall’albo Mr. Monster, forse selezionata da Michael T. Gilbert, autore anche disneyano.
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Come sempre, anche in quell’occasione avevo organizzato il timone del numero raccogliendo serie già opzionate dalla casa editrice (per esempio lo Swamp Thing di Len Wein e Berni Wrightson), per miscelarle con storie singole di grandissimi fumettisti americani d’annata, da Neal Adams a Alex Toth, da Basil Wolverton a Gil Kane.
Il mix piaceva, ma la pubblicazione non aveva comunque i numeri economici per stare in piedi così com’era, e venne trasformata in breve tempo in DC Comics Presents, premiata subito dopo, nell’ormai lontano 1994, come miglior rivista dai lettori di Fumo di China.
Oltre a ospitare i primi fumetti di Neil Gaiman in Italia, i primi episodi di Hellblazer, le prime tavole di Chris Bachalo e via discorrendo, la testata, attraverso le sue varie articolazioni fece in tempo a pubblicare anche un episodio del ciclo degli archivi di Dr. Drew. Il breve noir era appunto firmato da questo tal Jerry Grandenetti: un’entità misteriosa ritenuta da alcuni una mera copertura (un nickname) per Will Eisner, date le evidenti somiglianze grafiche, di inchiostrazione e impaginazione delle tavole fra i due superlativi cartoonist.
Non c’è da stupirsene, perché Grandenetti era stato assistente di Eisner nella serie di The Spirit.
Poi aveva tentato di lanciare questa nuova serie di detection, per la verità con scarso successo, benché anche le poche tavole che riproduco, traendole dall’immarcescibile blog di Pappy, “tenutario” del forziere della Golden Age, mostrino con chiarezza una forza compositiva, una modernità e una qualità che si commentano da sole.
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L’episodio, tratto da una copia del comic book dell’etichetta Fiction House The Monster n. 1, del 1953, era già apparso in origine su Rangers Comics n. 48 del 1949.
Il sottotitolo della serie, e la qualifica del personaggio, forse per quei corto-circuito a cui anche la storia del Fumetto non è estranea, ha molti punti in comune con il Martin Mystère di Alfredo Castelli e con il Dylan Dog di Tiziano Sclavi: “investigator of the unknown”.
In sostanza, se non erro, a Faccini capitò fra le mani quel numero di Horror.
Chiese a Becattini ulteriori ragguagli e, in cambio, realizzò lui stesso una tavola “falsa” di Grandenetti, che non ho mai potuto vedere.
Ai lettori di Cartoonist Globale potrebbe piacere “annusarla”?
Penso di sì.
Per questo, ne chiederò una scansione ad Alberto!
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