STIMMATE, di Manlio Truscia

Stimmate

Il bravissimo illustratore Manlio Truscia, illustratore e visualizer free lance dagli anni Settanta per le principali agenzie pubblicitarie e per case editrici, ci invia questo meraviglioso intervento grafico (comparso anche sul sito satirico L’Asino)…

Manlio… memore delle altrettanto stupende copertina per la (ahinoi) defunta rivista Emme, supplemento settimanale di satira politica che usciva in allegato al quotidiano l’Unità.

A lato, un esempio di realizzazione di Truscia per una campagna pubblicitaria della Goodyear. L’immagine (ovviamente) riprende lo stile degli antichi comic books della E.C. Comics (ed etichette ad essa ispirate) degli anni Cinquanta, mutuato a sua volta dai pulps.

Agenzia: Leagas Delaney Italia. Direttore Creativo: Stefano Campora, Stefano Rosselli.
Art director: Eustachio Ruggeri. Copywriter: Fabrizio Tarussio. Graphic designer: Eustachio Ruggeri. Illustratore: Manlio Truscia.

Cartoonist Globale ringrazia!

  • Santiago Carrillo |

    Vi sottopongo la legge sul conflitto d’interessi presentata da Furio Colombo.
    Speriamo che presto diventi un fatto.
    Chi vuole discuterne è il benvenuto.
    CONFLITTO DI INTERESSI
    Art. 1 – Agli effetti della presente legge sono titolari delle cariche di governo il Presidente del Consiglio dei Ministri, i ministri, i vice-ministri, i sottosegretari di Stato, i commissari straordinari di governo, i presidenti delle regioni ordinarie e delle regioni a statuto speciale.
    Art. 2 – Agli effetti della presente legge sono incompatibili con cariche di governo i titolari di attività imprenditoriali, finanziarie, industriali o commerciali di qualunque impresa che abbia, rapporti di concessione con pubbliche amministrazioni, nonché di qualunque tipo di impresa che dipenda, per il suo funzionamento, da autorizzazione o sorveglianza o approvazione o controllo di organi dello Stato.
    Sono incompatibili i titolari, i maggiori azionisti e amministratori di imprese attive a qualsiasi titolo nel settore delle informazioni, comunicazioni, telefonia e informatica, con qualsiasi mezzo e forma di diffusione. Sono inoltre incompatibili i titolari di responsabilità, proprietà e controllo diretto e indiretto di qualsiasi fondo, impresa, attività finanziaria, industriale, distributiva, bancaria, immobiliare, con un valore superiore ai 10 milioni di euro, in qualsiasi parte del mondo siano dislocate.
    Art. 3 – L’incompatibilità di cui agli articoli 1 e 2 è in atto dal momento della elezione della persona titolare di imprese e interessi elencati in questa legge e rende impossibile l’inclusione di tale titolare in qualsiasi lista di governo. Una volta accertate le condizioni di incompatibilità indicate in questa legge, l’esclusione è automatica e non è previsto alcun ricorso, salvo che alla magistratura ordinaria.
    Art. 4 – Il titolare di un conflitto di interessi indicato in questa legge può porre fine al conflitto:
    – attraverso la vendita e la collocazione del capitale ricavato in un fondo cieco;
    – attraverso le dimissioni e la separazione dall’impresa o dall’attività in questione in caso di attività manageriale con l’impegno a non riassumere cariche o funzioni dello stesso tipo o nello stesso campo prima di tre anni dalla fine del mandato;
    – nel caso di impresa di editoria, giornalismo, radio, televisione, telefonia, informatica, l’incompatibilità permane e impedisce l’assunzione di ogni attività di governo, perché non è possibile – in questi settori – la costituzione di un fondo cieco. Inoltre, la vendita improvvisa a causa dell’assunzione di una responsabilità di governo, non garantisce in alcun modo l’indipendenza dell’impresa e il distacco del titolare di governo dal sistema informativo già controllato. Altra causa ostativa è la concessione da parte del governo del permesso di trasmettere, sia nel settore pubblico che in quello privato. Chiunque sia beneficiario di concessione governativa – o lo sia stato negli ultimi tre anni – è incompatibile con cariche di governo.
    Art. 5 – I casi di incompatibilità dovuti a ragioni diverse dalla proprietà e titolarità di impresa sono regolati da altre leggi. La magistratura ordinaria accerta, su richiesta della parte ritenuta “incompatibile”, l’esistenza effettiva delle condizioni di tale incompatibilità nel caso che esse siano contestate dalla parte interessata.

  • Angela Bergamini |

    “Se un uomo di 72 anni, sposato, nonno, può rifiutarsi di chiarire una sua relazione con una ragazza di 18 anni e riesce a sopravvivere alla disseminazione di registrazioni in cui discute di orgasmi e masturbazioni nel letto con una prostituta, allora bisogna chiedersi cosa potrebbe metterlo al tappeto”: la domanda che John Hooper, corrispondente dell’Observer da Roma, pone al cuore del suo articolo di stamane riassume il senso si estraneità, di anomalia crescente con cui la stampa britannica guarda agli scandali del premier ma soprattutto all’incapacità del sistema politico italiano di costruire una reazione, una via d’uscita per tutelare le sorti del paese.
    Hooper inizia citando la barzelletta volgare che Berlusconi ha raccontato ai suoi deputati prima di salutarli per le ferie (“La sapete l’ultima sulla D’Addario? Dice che Berlusconi non è un santo, ma in effetti scopa come un dio.”).
    Come sempre, Berlusconi scherzando si loda (l’ha sempre fatto, questo è il suo regolamento, qui sta la sua vera, endemica volgarità da galletto-macchietta da bar) e come sempre s’imbroda.
    Ma agli italiani e al Papa, cosa importa?
    Il giornale londinese continua ricordando che “la stampa di mezzo mondo ha raccontato gli scandali che avrebbero atterrato qualsiasi altro uomo di stato in qualsiasi altro posto del mondo. Ma Berlusconi sembra blindato”.
    Eppure i primi segnali di debolezza iniziano ad emergere. L’Observer racconta della manovra politica messa in piedi da Micciché e dall’Mpa di Lombardo: “Esasperati dalle continue concessioni del premier alla Lega Nord, un gruppo di ribelli meridionali del Pdl ha proposto di creare un “partito del Sud” che possa avere la stessa capacità di pressione della Lega”.
    Berlusconi per l’Observer avrebbe “neutralizzato la minaccia con il sistema consolidato che da tempo usano i primi ministri italiani (in casi del genere), scaricando soldi sul Mezzogiorno”.
    Per l’Observer però la “rivolta del Sud” indica due problemi per il premier: questa è stata la prima fronda interna al Pdl che Berlusconi abbia dovuto fronteggiare, “gli scandali non lo hanno messo al tappeto, ma lo hanno danneggiato”.
    Secondo, “forse non è una coincidenza che quando hanno chiesto a Giulio Tremonti se si considera l’erede di Berlusconi, quello abbia risposto che è difficile “immaginare di succedere a una personalità così straordinaria”.
    Difficile, ma non impossibile, il che di fatto non è una smentita”.
    E comunque, io vorrei un erede che non faccia parte di quella parte politica, a costo di beccarci un sellerone come Rutelli.

  • Santo Callifornia |

    Oggi il Financial Times getta una luce veramente preoccupante sulle possibilità di ripresa del quadro politico italiano.
    Quello che in Italia molti (compresi i lettori di questo blog, non tutti, ma alcuni sì) provano a rimuovere, all’estero viene DA MOLTO TEMPO lucidamente percepito con chiarezza sempre più netta: “Berlusconi guida un regime basato sulla proprietà di un impero dei media che si allarga al controllo della televisione pubblica”, ma a questo si aggiunge il fatto che “non c’è né un leader alternativo, né un movimento per il cambiamento capace di offrire al paese una alternativa di governo credibile”.
    Il commento è firmato da Geoff Andrews, autore di “Not a normal country: Italy after Berlusconi”, e anche in questo caso liquida rapidamente i comportamenti di Berlusconi: “le quotidiane rivelazioni sui suoi scandali sessuali indicano a molti che è inadatto a guidare un governo.
    Eppure nella copertura internazionale e nella crescente condanna per il comportamento del capo del governo, vengono trascurati alcuni problemi più decisivi che vanno al cuore del declino italiano e la cui correzione non sarebbe possibile semplicemente rimuovendo Berlusconi dal suo incarico”.
    Per Geoff Andrews un problema centrale è la “corruzione al cuore del governo e la mancanza di trasparenza e responsabilità che mina gli sforzi per combatterla. C’è una cultura dell’illegalità che attraversa la società italiana, dall’evasione fiscale, al ruolo delle mafie criminali, agli scandali delle partite di calcio truccate (…)
    E ci sono due motivi perché tutto questo potrà continuare.
    *Uno, Berlusconi guida un regime costruito sul suo impero mediatico che include il controllo delle televisioni nella quasi totalità e di buona parte della stampa scritta. Anche la Rai, la tv di Stato, ha evitato di seguire in maniera adeguata il caso di Patrizia D’Addario sul suo canale principale”.
    *Due, “la continua incapacità a rinnovare il sistema politico italiano dai tempi di Tangentopoli”. La sinistra italiana ha attraversato una seria crisi di identità, ha cambiato nome di continuo negli scorsi anni ma ha fallito nell’individuare una agenda delle riforme che questo periodo di opportunità le chiedeva”.
    Per il Ft è stato Berlusconi ad approfittare del vuoto politico aperto dalla sinistra: “Sin dal suo arrivo sulla scena politica nel 1994 Berlusconi ha rimodellato la cultura e i valori della politica italiana a sua immagine (…)
    Il fallimento della classe politica italiana nel riformarsi ormai da alcuni decenni ha avuto come risultato il fatto che il populismo di Berlusconi sia stato capace di rispondere alla paure quotidiane degli italiani, per quanto inverosimile possa apparire agli osservatori stranieri”.
    La parte finale del commento è molto pessimista: “Anche quando Berlusconi dovesse lasciare la scena – e nonostante la sua crisi non c’è motivo di ritenere che questo avvenga presto – c’è poca speranza che la collaborazione incrociata fra i partiti possa portare a un nuovo sistema elettorale, maggiore responsabilità pubblica, maggiore indipendenza dei media, maggiore competizione per aprire i mercati”.
    Andrew conclude dicendo che “la condanna internazionale dei comportamenti del premier ha portato se non altro all’inizio di un processo di auto-analisi nel paese. Vedremo se questo porterà a maggiore introspezione oppure produrrà l’energia necessaria a rilanciare uno spirito di riforme per il futuro”.
    Fine. Questi sono i giornalisti che ben sanno interpretare la nostra malata società e anche il popolo di ammalatori che inquina la nostra Penisola.
    Grazie, giornali esteri, penetrate nei crani tarlati degl’italiani!

  • mordente |

    be’, allora, pure se OT, visto che a qualcuno il tema può interessare, consiglio il libro “Beato Impostore” della Kaos… divenuto – ahimè – “Santo Impostore” nelle successive edizioni…
    da abitante del profondo (culturalmente) sud ti dico, caro vincenziono, che la truffa di milioni di fedeli è possibile, così come la truffa di milioni di italiani che credono alla buonafede dell’unto, con la u minuscola, come miliardi credono ed hanno creduto all’esistenza dell’Unto con la u maiuscola…
    ehm, meglio che mi fermo qui, e che cancello il mio vero nome…

  • Vincenzino |

    Ah, così, quindi!
    Ho letto l’articolo e per conoscenza generale, riporto qualche passo.
    Dunque, ha ragione Don Farinella eccetera, mentre migliaia (milioni?) di fedeli sarebbero stati truffati dal… “santo”!?
    Che sia superstizione, non avrei dubbi…
    Il problema si era presentato al rientro in città della signorina De Vito: «Quando ella tornò a Foggia mi portò i saluti di Padre Pio e mi chiese a nome di lui e in stretto segreto dell’acido fenico puro dicendomi che serviva per Padre Pio, e mi presentò una bottiglietta della capacità di un cento grammi, bottiglietta datale da Padre Pio stesso, sulla quale era appiccicato un bollino col segno del veleno (cioè il teschietto di morte) e la quale bottiglietta io avrei dovuto riempire di acido fenico puro che, come si sa, è un veleno e brucia e caustica enormemente allorquando lo si adopera integralmente. A tale richiesta io pensai che quell’acido fenico adoperato così puro potesse servire a Padre Pio per procurarsi o irritarsi quelle piaghette alle mani».
    A Foggia, voci sul ritrovamento di acido fenico nella cella di padre Pio avevano circolato già nella primavera di quel 1919, inducendo il professor Morrica a pubblicare sul Mattino di Napoli i propri dubbi di scienziato intorno alle presunte stigmate del cappuccino.
    Non fosse che per questo, il dottor Valentini Vista era rimasto particolarmente colpito dalla richiesta di acido fenico puro che il frate aveva affidato alla confidenza di Maria De Vito. Tuttavia, «trattandosi di Padre Pio», egli si era persuaso che la richiesta avesse motivazioni innocenti, e aveva consegnato alla cugina la bottiglia con l’acido. Ma la perplessità del farmacista era divenuta sospetto poche settimane dopo, quando il cappuccino di San Giovanni aveva trasmesso alla donna – di nuovo, sotto consegna del silenzio – una seconda richiesta: quattro grammi di veratrina.
    Rivolgendosi a monsignor Bella, Valentini Vista illustrò la composizione chimica di quest’ultimo prodotto e insistette sul suo carattere fortemente caustico. «La veratrina è tale veleno che solo il medico può e deve vedere se sia il caso di prescriverla», spiegò il farmacista.
    A scopi terapeutici, la posologia indicata per la veratrina era compresa fra uno e cinque milligrammi per dose, sotto forma di pillole o mescolata a sciroppo. «Si parla dunque di milligrammi! La richiesta di Padre Pio fu invece di quattro grammi! ». E tale «quantità enorme trattandosi di un veleno», il frate aveva domandato «senza la giustificazione della ricetta medica relativa», e «con tanta segretezza»… A quel punto, Valentini Vista aveva ritenuto di dover condividere i propri dubbi con la cugina Maria, raccomandandole di non dare più seguito a qualsivoglia sollecitazione farmacologica di padre Pio.
    Durante il successivo anno e mezzo, il professionista non aveva comunicato a nessun altro il sospetto grave, gravissimo, che il frate si servisse dell’una o dell’altra sostanza irritante «per procurarsi o rendere più appariscenti le stigmate alle mani».
    Ma quando aveva avuto notizia dell’imminente trasferimento di monsignor Bella, destinato alla diocesi di Acireale, «per scrupolo di coscienza» e nell’«interesse della Chiesa» il farmacista si era deciso a riferirgli l’accaduto.
    La seconda testimonianza fu giurata nelle mani del vescovo dalla cugina del dottor Valentini Vista, e risultò del tutto coerente con la prima.
    La signorina De Vito confermò di avere trascorso un mese intero a San Giovanni Rotondo, nell’estate del ’19. Alla vigilia della sua partenza, padre Pio l’aveva chiamata «in disparte» e le aveva parlato «con tutta segretezza», «imponendo lo stesso segreto a me in relazione anche agli stessi frati suoi confratelli del convento».
    Il cappuccino aveva consegnato a Maria una boccetta vuota, pregando di farla riempire con acido fenico puro e di rimandargliela indietro «a mezzo dello chauffeur che prestava servizio nell’autocarro passeggieri da Foggia a S. Giovanni».
    Quanto all’uso cui l’acido era destinato, padre Pio aveva detto che gli serviva «per la disinfezione delle siringhe occorrenti alle iniezioni che egli praticava ai novizi di cui era maestro ».
    La richiesta dei quattro grammi di veratrina le era giunta circa un mese dopo, per il tramite d’una penitente di ritorno da San Giovanni. Maria De Vito si era consultata con Valentini Vista, che le aveva suggerito di non mandare più nulla a padre Pio.
    E che le aveva raccomandato di non parlarne con nessuno, «potendo il nostro sospetto essere temerario ».

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