UN APPELLO DA MARJANE SATRAPI

M.satrapi

Marjane Satrapi, (مرجان ساتراپی) celeberrima autrice di quello che è considerato il primo fumetto iraniano della storia, Persepolis, chiede di sostenere un appello a favore dei dimostranti in Iran.

Tagliaecucijpeg Taglia e cuci (copertina a destra) è il suo ultimo libro.

Nel momento ìn cui invio questo post nella rete, le firme sono già 11.389. Ma nel giro del Fumetto non manca lo scetticismo rispetto all’efficacia di questa iniziativa, e qualcuno ha voluto esprimerlo direttamente a Marjane, valutando la (purtroppo) consolidata incapacità dell’ONU di far sentire la propria voce.
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Ecco l’appello di Marjane:

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Dear Friends,

To all who believe in freedom and democracy,
Please sign this petition to the United Nations to stop the violence, arrests and torture in Iran.
The situation is really really bad.

Please forward it to whoever you know.
Best and lots of love,

Marjane Satrapi

Marjane_Satrapi
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To: To the people of the world
Open letter to Mr. Ban Ki-Moon, the Secretary General of the United Nations

and

to the leaders of the Free World

Mr. Ban Ki-Moon,

Noble Ladies and Gentlemen; heads of the democratically elected governments of the world,

Over the past few days, following the fraudulent Iranian presidential “elections”, the entire world has been witnessing the uprising of the freedom loving people of Iran against deception, injustice and tyranny of the rulers of the Islamic Republic.
The Iranian people have been demonstrating their outrage against their repressive rulers by the millions and in epic levels throughout Iran. After 30 years of oppressive and despotic rule by the clerics, the great and heroic people of Iran are now determined not to allow their intelligence to be insulted any longer and have decided that ENOUGH IS ENOUGH and are unequivocally calling for an end to the tyrant rule of the clerics in Iran. The Islamic rulers and the clergy not only have no respect for the will of the Iranian people, but have demonstrated their truly fascist essence by resorting to the most barbaric and inhumane crack downs on people’s peaceful demonstrations.
(…)

Qui il testo completo della petizione per chi vuole firmare…

Matteo Stefanelli comunica che non solo alcuni disegnatori iraniani sono stati arrestati:
http://www.comicsreporter.com/index.php/cartoonist_among_arrested_in_iran/
Non solo, come è noto, un quotidiano di una delle principali città (Qazvin) è stato chiuso a causa di una vignetta su Ahmadinejad:
http://www.newswire.ca/en/releases/archive/June2009/15/c6800.html

Non mancano anche tanti segnali di autentica intelligenza comunicativa. Intorno a Persepolis, fumetto senza dubbio simbolico, in questi momenti, si sono accese diverse energie.
L’autrice Marjane Satrapi, saggiamente, ha subito organizzato una conferenza stampa con il regista Makhmalbaf, in contatto con Mousavi:
<a href="http://www.adnkronos.com/AKI/English/Politics/?id=3.0.3433629806
“>http://www.adnkronos.com/AKI/English/Politics/?id=3.0.3433629806

Nel frattempo, in Internet nasceva “dal basso” il lavoro di un gruppo che, utilizzando liberamente alcune tavole della Satrapi e modificandone i testi, ha “remixato” Persepolis creando una breve “Persepolis 2.0”:
http://www.spreadpersepolis.com/
Spreadpersepolis è un’ottima sintesi di quanto accaduto.
E un buon modo per utilizzare – insieme – Internet e il Fumetto.

Sotto, l’inizio di una trasmissione dedicata dal canale 3 delle televisione francese all’uscita del film Persepolis. In studio sono presenti, oltre a Marjane, anche Vincent Paronnaud, Catherine Deneuve, Chiara Mastroianni (che da bambina leggeva le nostre cose su L’Eternauta, quando il direttore Alvaro Zerboni gli inviava la rivista a Parigi), il fumettista René Pétillon (papà del detective Jack Palmer), Simon Abkarian, Marc Jousset e Miguel Barceló, durante la trasmissione Ce soir ou jamais (“Stasera o mai”) in onda il 20 giugno 2007 sul tema “L’Iran, l’esilio, le donne”.
Questa è solo la prima parte. Le tre seguenti (chi le vuole) può trovarle facilmente seguendo i link, sempre su Dailymotion.
(sennò, la trasmissione si può anche vedere integralmente qui;
http://ce-soir-ou-jamais.france3.fr/videos.php?id_rubrique=121&type=emission&video=20070620_csoj.wmv)
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Neda

  • Andrebius |

    Come oggetto di riflessione sottopongo il punto di vistra (di destra, e non ideologico), di Massimo Fini.
    Poi, ognuno può pernsarla come vuole, io come lui.
    Ciao a tutti i visitatori,
    Andrebius
    *************
    “Ma Ahmadinejad ha ragione: l’Iran della povera gente è con lui”
    di Massimo Fini
    su Il Sole 24 Ore del 16/06/2009
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    Il ministro Bondi, replicando a certe farneticazioni di D’Alema, ha affermato: “Chi ha vinto le elezioni ha il diritto di governare”. Ineccepibile. Ma questo principio non vale a Teheran, dove il presidente uscente Ahmadinejad ha vinto le elezioni con il 62,64% contro il 34,7% del suo principale avversario, il “moderato” Mousavi.
    I sostenitori di quest’ultimo, affermando che la vittoria di Ahmadinejad è frutto di brogli, non hanno accettato il verdetto delle urne e sono scesi in piazza incendiando automobili, cassonetti, spaccando vetrine, creando posti di blocco. E tutta la stampa occidentale si è schierata al suo fianco. Ora, spostamenti attraverso brogli, del 30% dei voti non sarebbero possibili nemmeno in una dittatura bulgara. Se così non fosse Mousavi non avrebbe potuto svolgere del tutto liberamente la propria campagna elettorale, con cortei, manifestazioni di piazza e tutto quanto occorre per cercare il consenso.
    Ha detto Ahmadinejad: “Per gli occidentali le elezioni sono valide quando vincono i loro amici, sono nulle se le vincono i loro avversari”. Purtroppo ha ragione. C’è il precedente del 1991 in Algeria quando le prime elezioni libere dopo trent’anni di una dittatura sanguinaria furono vinte dal Fis (Fronte islamico di salvezza) con il 78% dei voti e subito annullate, con il plauso e le pressioni dell’Occidente, dando così origine alla sanguinosa guerra civile algerina.
    Noi abbiamo una percezione completamente distorta dell’Iran, lo consideriamo un residuo del Medioevo. Nella Repubblica teocratica si può abortire fino al 45° giorno, esiste il divorzio, l’operazione per cambiare sesso è pagata dalla mutua, la prostituzione è legale, il numero dei laureati è superiore al nostro, le donne votano e, benché portino il velo (il gran chiodo fisso dell’Occidente), possono accedere a tutti i mestieri.
    Quando negli anni ’80, seguendo la guerra che Saddam aveva sostenuto contro l’Iran, sono stato a lungo a Teheran, notai che anche la piccola borghesia iraniana non solo conosceva i nostri grandi, Dante, Petrarca, Boccaccio, ma leggeva Moravia e Calvino, gli autori del momento. Noi della cultura persiana conosciamo, quando va bene, Omar Kayam.
    Caliamo quindi le arie.
    .
    Se Ahmadinejad ha vinto è perché rappresenta gli interessi e i valori dei due terzi della popolazione iraniana, quella più povera, disagiata anche se non necessariamente la più incolta, mentre Mousavi rappresenta i ricchi che strizzano l’occhio all’Occidente. E a noi piacerebbe tanto che si tornasse all’Iran dello Scià (propagandato dai nostri Oggi e Gente che ci facevano vedere Soraya o Farah Diba che passavano da una vacanza all’altra), dove una sottilissima striscia di borghesia, il 2%, faceva vita da nababbi e il resto della popolazione pativa la fame.

  • Il pendolare John |

    Oggi viene fatto di parlare di questo.
    Molti mesi il disastro delle Ferrovie italiane era stato già evidenziato in un’inchiesta.
    Martedì 10 marzo, alle 4 e 20 di mattina, le porte della stazione di Ragusa sono sbarrate. Impossibile scaldarsi nella sala d’aspetto. Impossibile sedersi. Impossibile accedere alle obliteratrici interne. Impossibile, soprattutto, salire su un treno che da quest’angolo orientale della Sicilia arrivi in tempi accettabili a Trapani, cittadina in linea d’aria a 300 chilometri di distanza.
    L’unica possibilità, oggi come tutti i giorni, è aspettare al buio che l’autista rumeno Florin avvii il motore del pullmino parcheggiato davanti alla stazione. Sul lato superiore del parabrezza c’è scritto: Servizio sostitutivo Trenitalia. Perché è così, che parte questo viaggio nel medioevo ferroviario: barcollando per un’ora e 22 minuti sul bus tra le buche della statale 115. Fino alla stazione di Gela.
    Poi toccano 38 minuti di attesa, senza la possibilità di accedere ai bagni (chiusi a tempo indeterminato per garantire “la sicurezza e il decoro della stazione”, dice un cartello di Fs). Poi altre tre ore e 57 minuti per salire fino a Palermo. E ancora, dopo un’ora e 12 minuti di attesa, ulteriori due ore e 21 minuti per ridiscendere a Trapani.
    A questo punto, dopo 440 chilometri di tragitto, si è finalmente arrivati. Alle 13 e 50. Nove ore e mezza dopo la partenza da Ragusa.
    Eccola, l’altra Italia dei binari. Non quella ad alta velocità battezzata entusiasticamente dall’amministratore delegato di Fs Mauro Moretti.
    Niente a che vedere con i Freccia Rossa che in tre ore e mezza collegano Milano a Roma. Qui si parla di trasporto regionale. Di tratte brevi, trascurate da dieci, venti, trent’anni. Di una materia sconcertante ovunque: dalla Sicilia al Piemonte, dal Lazio alla Liguria, dalla Lombardia alla Calabria.
    Un universo fatto di “scarsa puntualità, frequenti ritardi e soppressioni, carentissima pulizia e scarsa manutenzione”, scrive Federconsumatori nel dossier ‘Essere pendolari, una scelta difficile’.
    Un capitolo tanto scivoloso che Vincenzo Soprano, amministratore delegato di Trenitalia (responsabile per Fs del materiale rotabile), mette le mani avanti: “Il nostro impegno, su questo fronte, è massimo. E i risultati iniziano a vedersi, almeno sul fronte dei ritardi e dell’igiene. Ma non c’è dubbio: dobbiamo migliorare. Tantissimo”.
    Un problema ben chiaro ai due milioni di connazionali che quotidianamente si spostano avanti e indietro in treno per studio o lavoro. Solo lo scorso anno, scrive Federconsumatori, i pendolari hanno accumulato cento ore di ritardo. E il disagio continua con punte imbarazzanti, come quelle registrate lo scorso mese. “Il 2 febbraio”, scrive l’agenzia Ansa, “la ferrovia Torino-Milano è nel caos. Alle 5,30 si è guastato il locomotore del treno da Cuneo che ha bloccato la linea per Milano. Così il regionale delle 5,50 da Porta Nuova per Milano è stato fermato, ed è ripartito con oltre 20 minuti di ritardo”.
    Dopodiché “lo stesso treno è stato fermato per far transitare l’Intercity, ma una quarantina di persone furibonde sono balzate sui binari e lo hanno bloccato per salire a bordo”.
    Un episodio unico, eccezionale? Tutt’altro.
    Passano 72 ore, e alla stazione di Genova Pegli crolla un cavo della linea ad alta tensione. Negli stessi giorni, sulla tratta Pescara-Roma un treno si blocca sui binari e paralizza la linea per l’intera mattina. Il tutto mentre un Intercity Napoli-Milano si rompe in Lazio, prima di Orte, accumula due ore e mezza di ritardo e rallenta la zona.
    “L’emergenza è culturale, prima ancora che strutturale”, dice l’ingegnere trasportista Andrea Debernardi: “I trasferimenti a corto raggio assorbono il 90 per cento del traffico ferroviario. E in futuro sarà sempre così, con masse di italiani che lasciano le città per trasferirsi in centri satellite. Eppure nessuno affronta questa rivoluzione, scomoda da gestire ma fondamentale da risolvere”.

  • Anticenso |

    In Iran sembra vincere la censura, purtroppo.
    Vorrei che non accadesse anche da noi, e che le parole di Napolitano non siano intese come quelli Alberto Sordi riprese da Maurizio Costanzo: “Bbòni, state bbbòni…”
    Per esempio, questo fatto, gravissimo, DEVE comparire sulle pagine dei giornali liberi, se ancora ci sono: “Ci sono due giudici della Corte che fanno i “consigliori” del principe e si mettono al suo servizio per dargli le migliori indicazioni per fare leggi che gli facciano mantenere l’impunità”. Ancora: “C’è una grave incompatibilità e un conflitto d’interessi. La Corte non si pronunci sul lodo Alfano fino a quando i due giudici non si saranno dimessi”.
    Ecco l’ex pm Luigi De Magistris: “È l’ennesima confusione tra interessi istituzionali o interessi privati. Non è opportuno che alcuni giudici banchettino con il principale interessato di una così importante decisione”.
    Rincara la dose il senatore Luigi Li Gotti: “Berlusconi ha messo in grave imbarazzo due componenti della Corte pregiudicandone la terzietà”.
    A destra la musica è tutt’altra (naturalmente, cosa vi aspettavate? Via Berlusca, via i neofasci al potere, e via Maroni) e la cena, che si è svolta a maggio in via Cortina d’Ampezzo, non scandalizza. Per il capogruppo Pdl al Senato Gaetano Quagliariello le accuse dell’Idv sono “ridicole” e si risolvono “in una pressione obliqua e indebita sulla Consulta”.
    Il responsabile giustizia del Pdl Niccolò Ghedini non vede nella cena “nulla di strano perché i giudici non vivono sul monte Athos ed è normale che frequentino le alte cariche. Se passasse il principio, Napolitano non dovrebbe più incontrare Berlusconi se deve firmare una legge importante, o il presidente della Corte dei conti o della Cassazione se devono prendere decisioni contabili, penali o civili. Spero che il Quirinale intervenga perché questa è un’aggressione alla Corte”.
    La Consulta è in subbuglio. Giusto nel giorno in cui il presidente Francesco Amirante rende noto, dopo aver firmato la convocazione d’udienza, che la discussione sul lodo Alfano partirà il 6 ottobre, relatore il tributarista Franco Gallo (nominato nel 2004 dall’ex presidente Ciampi). La cena è oggetto di riservati capannelli mentre gli alti giudici incontrano dei colleghi russi. Nessun commento, neppure degli ex della Corte. Ma, off the records, prevale lo sconcerto per un incontro che ne pregiudica l’imparzialità in un momento delicatissimo. Napolitano tace. E Mazzella definisce Berlusconi “un vecchio amico” (fu suo ministro della Funzione pubblica nel 2003) e s’infuria.
    Scrive all’Espresso e con l’Ansa rivendica il diritto di cenare con chi gli pare: “Stiamo scherzando? Allora dovrei astenermi da tutti i lavori della Corte. A cena invito chi voglio. A casa mia vengono tutti, dall’estrema sinistra alla destra, sono amico personale di Bertinotti e di tante altre persone che vivono nel mondo della politica”.
    Ma non è scorretto che chi deve decidere sul lodo Alfano vada a cena con lo stesso Alfano e con Berlusconi? Replica secca: “Non credo che io, da individuo privato, debba dar conto delle cene che faccio”. Neppure se in ballo c’è una decisione delicata? “In casa mia invito chi voglio e parlo di quello che voglio”.

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