I giornali hanno il dovere di informare, i cittadini hanno il diritto di sapere, questo il titolo dell’appello promosso oggi dal quotidiano la Repubblica, al quale hanno aderito, al momento, oltre 20mila persone (fra cui anche il presente blogger).
Sopra, il commento di Vittorio Zucconi.
Contro la soppressione delle libertà di espressione non c’è da smettere mai di firmare. Oltre all’appello per la liberazione delle due giornaliste, diretto contro i regimi asfissianti e repressivi di Cina e Corea del Nord, eccone un altro che riguarda (purtroppo) anche casa nostra.
I giornali hanno il dovere di informare perché i cittadini hanno il diritto di conoscere e di sapere. La nuova legge sulle intercettazioni telefoniche è incostituzionale, limita fortemente le indagini, vanifica il lavoro di polizia e magistrati, riduce la libertà di stampa e la possibilità di informare i cittadini. Per questo va fermata.
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Sopra, l’audio (di Radio Capital, grazie!) con le parole di Giuseppe Cascini dell’Associazione Nazionale Magistrati: “Con questa legge processeremo solo gli straccioni”. Dopo aver fatto un grosso favore alla criminalità.
“Se escono fuori registrazioni lascio questo Paese”. Lo disse Berlusconi l’anno scorso, ad Ancona, e così annunciò la sua offensiva contro le intercettazioni. Più che un’offensiva, la distruzione risolutiva di uno strumento d’indagine essenziale per la sicurezza del Paese e del cittadino. “Permetteremo le intercettazioni – disse nelle Marche quel giorno, era aprile – soltanto per reati di terrorismo e criminalità organizzata e ci saranno cinque anni di carcere per chi le ordina, per chi le fa, per chi le diffonde, oltre a multe salatissime per gli editori che le pubblicano”.
Questo l’avvio dell’artico di Giuseppe D’Avanzo dal titolo Quello che sui giornali non leggerete più comparso oggi sul quotidiano la Repubblica, che si può leggere on line qui: http://www.repubblica.it/2009/06/sezioni/politica/ddl-sicurezza-6/ddl-sicurezza-6/ddl-sicurezza-6.html
Così prosegue:
Come d’abitudine, il Cavaliere la spara grossa, grossissima, consapevole che quel che ha in mente è un obiettivo più ridotto, ma tuttavia adeguato alla volontà di togliere dalla cassetta degli attrezzi della magistratura e delle polizie un arnese essenziale al lavoro. E, dagli strumenti dell’informazione, un utensile che, maneggiato con cura (e non sempre lo è stato), si è dimostrato molto efficace per raccontare le ombre del potere. La possibilità di essere ascoltato nelle sue conversazioni – magari perché il suo interlocutore era sott’inchiesta, come gli è accaduto nei colloqui con Agostino Saccà o, in passato, con Marcello Dell’Utri – è per il Cavaliere un’ossessione, un’ansia, una fobia.
Ci è incappato più d’una volta.
Nel Capodanno 1987, alle ore 20,52 dalla villa di Arcore (Berlusconi festeggia con Fedele Confalonieri e Bettino Craxi).
Berlusconi. Iniziamo male l’anno!
Dell’Utri. Perché male?
Berlusconi. Perché dovevano venire due [ragazze] di Drive In che ci hanno fatto il bidone! E anche Craxi è fuori dalla grazia di Dio!
Dell’Utri. Ah! Ma che te ne frega di Drive In?
Berlusconi. Che me ne frega? Poi finisce che non scopiamo più! Se non comincia così l’anno, non si scopa più!
Dell’Utri. Va bene, insomma, che vada a scopare in un altro posto!
La conversazione racconta la familiarità tra il tycoon e un presidente del consiglio allora in carica che gli confeziona, per i suoi network televisivi, un decreto legge su misura, poi bocciato dalla Corte Costituzionale.
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Già l’anno prima, il giorno di Natale del 1986, il nome di Berlusconi era saltato fuori in un’intercettazione tra un mafioso, Gaetano Cinà, e il fratello di Marcello Dell’Utri, Alberto.
Cinà. Lo sai quanto pesava la cassata del Cavaliere?
Dell’Utri. No, quanto pesava, quattro chili?
Cinà. Sì, va be’! Undici chili e ottocento!
Dell’Utri. Minchione! E che gli arrivò, un camion gli arrivò?
Cinà. Certo, ho dovuto far fare una cassa dal falegname, altrimenti si rompeva!
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Perché un mafioso di primo piano come Cinà si prendesse il disturbo di regalare un monumento di glassa al Cavaliere rimane ancora un enigma, ma documenta quanto meno il tentativo di Cosa Nostra di ingraziarselo.
Al contrario, è Berlusconi che sembra promettere un beneficio ad Agostino Saccà, direttore di RaiFiction quando, il 6 luglio 2007, gli dice: “Io sai che poi ti ricambierò dall’altra parte, quando tu sarai un libero imprenditore, mi impegno a … eh! A darti un grande sostegno”. Che cosa chiedeva il premier? Il favore di un ingaggio per una soubrette utile a conquistare un senatore e mettere sotto il governo Prodi. O magari…
Ancora uno stralcio:
Saccà. Lei è l’unica persona che non mi ha mai chiesto niente, voglio dire…
Berlusconi. Io qualche volta di donne… e ti chiedo… per sollevare il morale del Capo (ridendo).
E in effetti, con molto tatto, Berlusconi chiede di sistemare o per lo meno di prendere in considerazione questa o quella attrice. Qualcuna “perché sta diventando pericolosa”.
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È l’ascolto di queste conversazioni, disvelatrici dei rapporti con una politica corrotta, con il servizio pubblico televisivo in teoria concorrente, addirittura con poteri criminali, che il premier vuole rendere da oggi irrealizzabile per la magistratura e vietato alla pubblicazione, anche la più rispettosa della privacy.
Qui l’articolo di Liana Milella Tangenti, “furbetti” e Calciopoli: le verità che non avremmo saputo.
Il resto su la Repubblica.
A questo indirizzo, la pagina per firmare:
http://www.repubblica.it/speciale/2009/appelli/dovere-di-informare/index.html
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Chissà se alle manifestazioni sulla libertà di notizia parteciperanno anche i giornalisti di Studio Aperto, programma di Italia 1 che spicca quotidianamente per la mancanza di deontologia professionale dei suoi dipendenti, che per poter entrare da quella porta devono aver venduto l’anima a Mefistofele preventivamente.
Nello specifico, questo serafico lettore di notizie, tal Giovanni Galluzzo, lascia cadere tra il lusco e il brusco la notizia falsa sull’assoluzione di Berlusconi al Processo Mills (quindi, il Lodo Alfano commissionato all’amico Angelino sarebbe stato cosa inutile, se la notizia di Studio Aperto fosse stata vera?).
Figurine della serie: Senza la minima vergogna.
Ancora sotto, in un commento di Gianluca Luzi, Berlusconi smentisce una smentita del suo portavoce, dopo aver invitato gli industriali (di fatto) a dare a lui i soldi delle loro inserzioni pubblicitarie (alle sue TV, ai suoi tanti giornali) e non a quelli della stampa che gli fa le pulci, in particolare la Repubblica.
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