Oggi, mentre mezzo mondo del fumetto italiano si prepara al tradizionale esodo in terra francese al Festival di Angoulême (dove ci sarà anche un’ampia delegazione di Napoli COMICON), parliamo di cani a fumetti. Il riferimento ai vari “fumetti fatti da cani” che si trovano anche da quelle parti è assolutamente involontario, frutto di insinuazione maliziosa (da voi non me l’aspettavo).
Facciamo marcia indietro sino al 4 ottobre 1957, circa mezzo secolo fa, più un anno. Nel pieno della Guerra Fredda, l’Unione Sovietica lanciò in orbita lo Sputnik 1, il primo satellite artificiale della Storia, sbalordendo il mondo. Era l’atto iniziale della sfida lanciata agli Stati Uniti per la conquista di una nuova frontiera scientifica, come la prospettiva fu battezzata da John Fitzgerald Kennedy.
In seguito, il segretario del PCUS, l’uomo dalla scarpa facile Nikita Krusciov, decise che a quell’affermazione della supremazia tecnologica dell’URSS dovesse seguirne un’altra: entro un mese, un nuovo satellite doveva essere in orbita.
In questo contesto si inserisce la commovente storia della famosa cagnetta Laika: un cucciolo abbandonato destinato a diventare il primo essere vivente a viaggiare nello spazio.
Nel libro che qualche mese fa ha riproposto la lodevole Magic Press c’è il racconto del suo viaggio, descritto dal fumettista Nick Abadzis (del quale non abbiamo ancora parlato in questo blog sinora, è che è raffigurato nella foto sotto mentre a Mosca fa ricerche per il suo fumetto cagnesco), il quale fonde invenzione e verità storica intrecciando tra loro tre vite, tre storie, tre destini.
Qui una sua intervista, sulla cagnetta.
Oltre a quelle di Laika, nel fumetto assistiamo alle vicende di Korolev, un ex prigioniero politico liberato dal gulag grazie alla destalinizzazione, divenuto ingegnere capo del programma spaziale sovietico e di Yelena, il tecnico veterinario responsabile dell’addestramento dell’atipico astronauta.
Questa straziante storia viene tratteggiata con la stessa sensibilità e capacità di emozionare di classici come Il cane più brutto del mondo, Qualunque cosa per salvare un cane e Il mio amico Yeller (noto come Zanna gialla).
Abadzis rievoca un momento centrale della modernità, portando alla luce la profonda umanità nascosta dietro il cinismo della “corsa allo spazio”. Ma la Storia, per una volta, sarà solo un movimento accessorio.
APPENDICE PERSONALE
Parecchi anni fa, io sottoscritto tenutario del blog, attualmente in trasferta francese, incisi una brano musicale dedicato a una cagnetta che aveva lo stesso nome di questa, Laika, insieme alla sublime ma effimera band Tony Scatigna e la Gatta da Pelare.
Avrebbe dovuto far parte di un cd dedicato a fumettisti in veste di cantanti. Un brano per uno, avevano inciso anche Angelo Stano, Davide Toffolo, Disegni e Caviglia, Max Greggio, Giancarlo Berardi (che poi ha fatto un cd da solo), Luca Raffaelli, Latte e i suoi Derivati (Lillo e Greg con vari amici e colleghi, fra i quali il romanziere e editor Paolo d’Orazio, anch’egli in terra di Charente al momento) e vari altri; c’era anche una campionatura della voce di Andrea Pazienza.
L’avete visto, voi, ‘sto cd?
Io, mai.
Né l’ho mai ascoltato per intero una sola volta (eppure i brani erano belli; almeno il mio lo fu; ma anche gli altri, suvvia).
Per ogni brano era stata disegnata un’apposita copertina. Quella di Luca Raffaelli si avvaleva delle matite di Francesco Artibani.
Qualcuno ne possiede una copia (anche in versione promo, o simili?).
Forse ne sa qualcosa Paola Calamai (che legge questo blog di quando in quando e con sprezzo del pericolo si è anche iscritta la mio Fan Club?)
Forse qualcuno se l’è ingoiato, così come questo collega di Laika, Bubba, fa con una specie di chiliburger avvilluppato nella piada floscia.
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Pardon, era una bean burrito cucinato dalla Taco Bell.
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