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A gentile richiesta, evidenzio questo commento, non visibile in precedenza, sulla storica mostra Beautiful Dreamers presso la Angel Art Gallery, qui a Milano.
Come ha già fatto il “collega in Nòva” Marco Minghetti nel suo blog, riporto la presentazione del curatore dell’evento, Ivan Quaroni, pensando che possa interessare anche ai (talvolta ignavi) visitors di Cartoonist Globale. C’è molto da leggere, ma ne vale la pena.
L’arte pop è senza dubbio la forma d’espressione artistica più universale che l’arte conosca perché affronta in modo semplice e diretto temi comprensibili a chiunque.
Il suo successo, però, non dipende solo dalla sua facilità e immediatezza, dal fatto, cioè, che tra tutti i linguaggi sia l’unico che non ha davvero bisogno di spiegazioni, ma dal fatto che è una cultura visiva propositiva.
Come ha giustamente scritto Franco Bolelli nel suo Cartesio non balla, “se la cultura pop è definitivamente superiore, è perché essa – innanzitutto quella più avanzata – sta creando nuovi valori, più pieni, più abbondanti”. (1) Uno dei quali è l’energia, l’eccitazione che fa muovere tutte le cose e che è lontana anni luce dall’arte cosiddetta concettuale, da quel tipo di espressioni fredde e intellettualistiche che hanno bisogno, per essere comprese, di un libretto delle istruzioni. No, come ha più volte ribadito Bolelli, “niente funziona davvero se non è eccitante.
Si, la bellezza estetica, l’intelligenza, lo stile, i messaggi etici, si, sono tutte gran belle cose: ma tutta questa roba non muove un filo di vento se ad animarla non c’è un abbondanza di energia e di slancio”. (2)
Tra le espressioni paradigmatiche e globali del nuovo genoma pop contemporaneo c’è il movimento giapponese Superflat, fondato da Takashi Murakami con la complicità di Yoshitomo Nara, un’esperienza in cui si fondono in modo originale gli influssi dell’arte tradizionale, lo stile dei manga e degli anime, la lezione della pop art occidentale e la subcultura degli otaku (3).
A questa corrente aderiscono artisti che utilizzano lo stile super deformed dei manga, un metodo disegnativo che si propone di potenziare l’espressività dei personaggi attraverso le sproporzioni anatomiche.
Tipico è, in tal senso, l’ingrandimento della testa e degli occhi rispetto al tronco e l’allungamento delle gambe nei personaggi di Murakami, Mr., Aya Takano e Chiho Aoshima. Frequente, inoltre, negli artisti superflat è il ricorso all’estetica kawaii (che in giapponese significa carino), basata sull’utilizzo di personaggi e pupazzi che ispirano tenerezza, come ad esempio Hello Kitty e Miffy, popolarissimi non solo in Giappone, ma in tutto il mondo.
Altro ingrediente tipico dell’arte superflat è il feticismo, che dalla tradizione degli shunga (le stampe erotiche a cui si dedicarono anche maestri come Hokusai e Utamaro) giunge fino agli hentai, i cartoni pornografici che hanno ispirato sculture come Lonesome Cowboy e Milky Way di Murakami (riprodotte in questo post, NdR).
Al movimento Superflat fa eco, dall’altra parte del globo, la multiforme scena della Lowbrow Art, germinata a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta in California, un territorio fertile in cui s’incontrano e si mescolano le subculture del surf, dello skate, delle hot rod (4), gli stili grafici del fumetto underground, delle fanzine punk, della poster art, del tatuaggio, ma anche il writing e la street art.
Il Pop Surrealism, altro termine con il quale viene definita la Lowbrow Art, presenta una grande varietà di espressioni stilistiche, in cui ricorrono le icone dell’immaginario fumettistico, televisivo, cinematografico, oppure figure desunte dalle fiabe o dai racconti horror e fantascientifici.
Si tratta di un movimento, se così si può definire, che adotta, infatti, tutti gli elementi della cultura pop, dalle pin up degli anni cinquanta ai giocattoli vintage, dall’estetica dei B-movie fino ai cartoni animati Disney degli anni Trenta, in un bizzarro cut & paiste che attraversa stili ed epoche diverse senza soluzione di continuità.
Sono molte e spesso contrastanti le anime della galassia pop surrealista, che comprende lo stile delicato, prezioso e memore della lezione fiamminga di artisti come Mark Ryden, Marion Peck, Alex Gross e Ana Bagayan; il linguaggio grottesco, in bilico tra il barocco e l’underground, di artisti come Big Daddy Roth, Robert Williams, The Pizz, Coop e Xno, che hanno sviluppato un senso dell’orrido svuotato d’implicazioni psicologiche; infine le espressioni, tipicamente femminili, dei dipinti di Amy Sol, Lisa Petrucci, Kukula, in cui prevale un tipo di deformazione anatomica e di ibridazione antropo-zoomorfa influenzate dalla cosiddetta cuteness (5).
Le espressioni New Folk, invece, non fanno parte di un vero e proprio movimento, ma rap-
presentano piuttosto un tipo di sensibilità intesa al recupero di atmosfere domestiche e campestri, sovente con risvolti critici.
Questa definizione, che vorrebbe abbracciare il lavoro di artisti assai dissimili tra loro, come Marcel Dzama, Jules De Balincourt, Amy Cutler e Jockum Nordström, indica una comune attitudine evocativa, che maschera con toni placidi e dimessi contenuti spesso stridenti.
I disegni di Marcel Dzama, ad esempio, raccontano con uno stile fiabesco e allo stesso tempo ironico e inquietante, storie di straordinaria follia, laddove le tele di Jules De Balincourt rappresentano una sorta di violenta satira sociale e politica in salsa finto-naif. Insomma, gli artisti Neofolk prediligono grammatiche dai toni leggeri, che consentono ai loro lavori di raggiungere un vasto pubblico.
Tuttavia, diversamente dai più disimpegnati artisti Lowbrow, gli artisti Neofolk, forse perché meno legati alla cultura consumistica americana – Dzama è canadese, Balincourt è francese Nordström è svedese – indagano il disagio esistenziale e sociale del nostro tempo, dimostrando di essere degni eredi tanto della tradizione satirica popolare, quanto della cultura concettuale contemporanea.
In Italia, quella che potrebbe essere definita Spaghetti Pop, è un’arte che si configura come una pletora di originali sintesi pittoriche, in cui trovano spazio tanto le immagini della cultura popolare e mass-mediatica, quanto le eredità della tradizione storico artistica.
Si tratta di linguaggi che hanno in comune il ricorso, in termini formali, ad un immaginario in cui affiorano citazioni del mondo del fumetto e modalità espressive vicine a quelle dell’illustrazione, estrapolate dal contesto originario e quindi sottoposte al dominio operativo di un mezzo, come la pittura, privo di una struttura prefissata (ad esempio, la griglia delle tavole dei comics) e di uno scopo (la narrazione, nel caso dell’illustrazione).
Oltre all’approccio grafico, compaiono sovente riferimenti alla cronaca nei lavori di Giuseppe Veneziano, alla storia dell’arte nelle opere di Vanni Cuoghi, alla moda nei dipinti di Fulvia Mendini, mentre appaiono completamente avulse dal contesto, come monadi autonome, le immagini di Massimo Caccia.
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NOTE
1 Franco Bolelli, Cartesio non balla, pag. 11, 2007, Garzanti, Milano.
2 Ibidem, pag. 19.
3 Nella lingua giapponese è un pronome onorifico usato per indicare la famiglia o la casa altrui.
Fu l’umorista Akio Nakammori ad accorgersi che il pronome onorifico non era generalmente usato dai nerds. Oggi otaku è un termine utilizzato per designare negativamente un individuo ossessivamente interessato a qualcosa, come ad esempio un appassionato maniacale di manga e anime.
4 Con Hot Rod, letteralmente Bielle Roventi, sono indicate le auto modificate sia nella carrozzeria che nelle parti meccaniche al fine di aumentarne le prestazioni in termini di potenza e velocità, che l’aspetto, in termini d’impatto estetico. Negli Stati Uniti, a partire dagli anni ’50 il termine veniva usato in senso dispregiativo per indicare vetture diverse da quelle prodotte in serie. Col tempo i bolidi Hot Rod sono diventati un fenomeno tipico della cultura americana, chiamata Kustom Culture, in seno alla quale si è sviluppata anche una Kustom Art, legata alla decorazione di auto, moto, caschi e altri accessori.
5 Il termine, corrispettivo del giapponese Kawaii, deriva dall’aggettivo inglese cute, che indica tutto ciò che è grazioso, carino, tenero. Il significato attuale si è sviluppato in epoca vittoriana, come conseguenza dell’idealizzazione del mondo infantile ed è diventato recentemente un concetto estetico. Cute può essere un bambino, un animale (pet) o anche un oggetto che possiede le caratteristiche di piccolezza, vulnerabilità, incompiutezza, ma anche difformità.
La bella mostra si tenne un lustro fa, con scalpore e clamore (e forse anche qualche timore) alla Galleria: Angel Art Gallery, Via Fiori Chiari, 12, Milano.
Tel (+39) 02.36562022 Fax (+39) 02.36562260
info@angelartgallery.it; www.angelartgallery.it
Date: 2 dicembre 2008 – 14 febbraio 2009