OLTRE 80 ANNI FA

Cominciamo con un brano musicale che veniva eseguito quando nascevano Mickey Mouse e Giorgio Rebuffi.

Sono i musicisti Eddie Thomas e Carl Scott che interpretano Tomorrow (in data 21 novembre 1928) con chitarrina, cembalo, kazoo, tubo, cuccuma e asse per lavare al fiume (o ai remoti lavatoi) in epoca di pre-lavatrice, o quando pochi potevano permettersene una.

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A proposito della washboard, Lexi Amberson, (anche) batterista, mi segnala un suo scritto dell’anno scorso, I tamburi di New Orleans, dove ne parla in una prospettiva storico-sociale molto più ampia.

Cito una parte del pezzo:

(…) Ma, per quello che devo raccontare, è necessario rimanere a New Orleans e a quell’anno specifico. Il 1803.
E’ in quell’anno che, nel centro della città, viene raso al suolo il San Fernando, il fortino eretto anni prima dagli spagnoli. L’idea era quella di debellare la febbre gialla che si riteneva fosse causata dall’acqua stagnante e sudicia dei fossati e dalla presenza diffusa dei ratti e altri animali.

In quella grande spianata sorse un parco che, dapprima, ospitò le esibizioni dei complessi bandistici e dei circhi equestri. Successivamente divenne il luogo d’incontro e di svago degli schiavi neri ai quali, ogni domenica pomeriggio, veniva concessa mezza giornata di libertà.
In quella piazza, ben presto ribattezzata Congo Square, gli schiavi ricreavano coi loro canti e con le loro danze le atmosfere perdute della Madre Africa.

Temendo che il suono dei tamburi fosse un linguaggio cifrato con il quale gli schiavi potevano comunicare tra di loro eventuali progetti di ribellione, l’uomo bianco ne proibì l’utilizzo. Ed è allora che l’espressività dei neri si manifesta con la creazione di nuovi strumenti artigianali, come le bambulas (tamburi di pelle di vacca), il washboard (il normalissimo asse usato per lavare che, sfregato ritmicamente, dava il tempo ai loro canti), o semplici legnetti (che, percossi tra di loro, formavano l’accompagnamento nei riti voodoo).

Nell’arco di mezzo secolo questi improvvisati musicisti figli della schiavitù prendono dimestichezza e possesso di tutto quello che rappresenta la cultura egemone francese e poi americana. La metrica e la forma della musica tradizionale europea si mischiano al fraseggio e alla scansione ritmica che sono nel sangue della popolazione nera. Dall’incontro di queste due culture nasce il jazz.

(…)

Fin qui Lexi, il cui prosieguo del pezzo potete leggere qui. Gli interessati possono anche trovare qualcosa di contiguo nel mio articolo uscito due o tre volumi fa nella collana La Grande Dinastia dei Paperi in cui accenno alle origini del mito degli zombie citandone le radici nel sanguinario schiavo in rivolta Jean Zombi e la nascita dei riti vudù nell’isolato e turbolento melting pot di Haiti.

Già che ci sono, di Alexandra voglio anche segnalare il suo grande impegno nel curare le pagine web di AMERICAN GALLERY – Greatest American Painters, dove passa in rassegna un incredibile numero di artisti nordamericani, senza steccati di stile o preconcetti, dando la stessa rilevanza a illustratori, illustratori che esercitano la cosiddetta “arte applicata” (per esempio per le copertine di dischi) e “artisti da galleria”, come definirli? Anche per me una distinzione fra “arte alta” e “arte bassa” è fuori luogo e forse ormai superata per tutti.

Nella sua galleria dei più grandi pittori americani ci sono anche George Tooker (sopra, il suo dipinto Window VII) e il nostro amato Carl Barks con alcuni dei suoi dipinti a olio.