Sempre sul pezzo! Poco dopo che questo (pez-
zo, appunto) sarà on line, alle ore 18.00, a Ge-
nova presso Porto Antico Libri, Sergio Badino presenta il suo libro Professione sceneggiatore, edizioni Tunué, prefazione di Sergio Bonelli. Il relatore è il prof. Silvio Ferrari.
Sceneggiatore di fumetti Disney e non solo, frequentatore assiduo del presente blog (il che è un ovvio titolo di benemerenza), Sergio ci ha concesso una intervista relativa a questo suo manuale di sceneggiatura molto segnalato e appoggiato dalle scuole di comics, pubblicato da una delle case editrici più attive nel settore della saggistica su letteratura disegnata, anime e dintorni (cosplay e robottoni inclusi).
Come definisci questa tua ultima fatica libraria (la seconda per l’editrice Tu-
nué)?
Non mi piace definire questo libro “manuale”, né “guida”: l’idea di Professione sceneg-
giatore nasce dai corsi che ho condotto in materia. I ragazzi, anche quelli che avevano letto diversi libri sulla sceneggiatura, partivano sempre con gli stessi dubbi: non c’era mai qualcuno che certe cose le sapesse già, dovevo iniziare in ogni caso da zero (e l’avrei fatto comunque, in-
tendiamoci!).
Ciò che poi di sicuro mi ha spinto a scriverlo è la passione per le storie, perché io sono uno di quelli, che cito anche nell’introduzione, che da piccolo giocava con i pupazzetti per ore dando vita a saghe interminabili! Da lì l’amore per i fumetti, che poi si è esteso alla lettura in generale, al cinema, alla musica… si tratta sempre di storie.
Così, hai raccolto in un saggio tutto quello che normalmente avresti insegnato in un corso…
Certo, ma le due cose non sono intercambiabili: seguendo un corso di scrittura sei sottoposto a un vero e proprio lavaggio del cervello, supportato da mesi e mesi di pratica. Il libro può ser-
vire da “risciacquo cerebrale” preliminare!
Se un aspirante avesse la fermezza e la costanza di mettersi lì da solo, leggendo il testo con at-
tenzione, a scrivere soggetti e sceneggiature di prova seguendo quanto detto nel volume, forse potrebbe anche funzionare, ma è molto difficile che qualcuno – per quanto appassionato – si dedichi in solitudine a un processo così. In genere ci vuole un’altra persona che stia lì con il fucile spianato: è anche più stimolante scrivere qualcosa su richiesta.
Quali consigli daresti a chi i iscrive a una scuola di fumetto?
La prima cosa da verificare è se i suoi insegnanti siano professionisti attivi nel settore.
So che detto così sembra ovvio, ma in giro è pieno di corsi di fumetto (e non solo) tenuti da gente che non è mai stata fumettista, o lo è stata una volta per cinque minuti. L’aspirante sce-
neggiatore ha il dovere (verso se stesso, ma anche verso i suoi genitori, che il più delle volte aprono il portafoglio e pagano le rette) di verificare e, se è il caso, di diffidare: ci faremmo mai insegnare i segreti dell’idraulica da un falegname? Penso di no.
E all’aspirante fumettista quale atteggiamento raccomandli?
Una grande umiltà. Oggi è un valore che ha perso molti seguaci, ma questo è un mestiere dove non esistono scorciatoie: si va avanti solo se si ha, oltre a un po’ di talento, molta voglia di ascoltare e imparare, tenendo presente che la professionalità si costruisce giorno dopo giorno, con fatica ed esercizio.
Più che una regola tecnica è una norma di vita: bisognerebbe badare sempre all’umiltà, e do-
vrebbe farlo non solo l’aspirante sceneggiatore, ma anche – e forse soprattutto – il professionista.
Non posso non essere d’accordo. I grandi fumettisti hanno raggiunto questo obiettivo, questa conquista. Mentre, negli anni, ho conosciuto dei giovani “mez-
ze cartucce” (spesso spariti dalla circolazione come meteore) che se la tiravano tantissimo. E non a caso, hanno cambiato mestiere in fretta. Nel libro ti rivolgi anche a figure di questo tipo, suggerendo loro di scrollarsi i grilli dalla testa?
Avevo in mente diversi lettori di riferimento, da qui lo stile diretto che ho scelto di utilizzare.
Un “lettore tipo” era l’aspirante scrittore, l’allievo di una scuola di fumetto.
Un altro era l’appassionato, l’uomo o la donna che fanno un altro lavoro, ma che da sempre vo-
gliono conoscere i meccanismi che stanno dietro a una storia.
E l’ultimo ero io: volevo scrivere un libro che piacesse a me, che io per primo avrei acquistato, di cui sentissi la mancanza. Ho, quindi, cercato di essere diretto il più possibile, dando del tu al lettore, come se stessimo parlando a quattr’occhi.
Volevi creare un certo coinvolgimento, insomma…
Sì, anche per discostarmi da altri libri che ho letto, e che trattano, in altri modi, il medesimo argomento. Purtroppo, risultano un po’ freddi e distaccati, tanto che chi li legge finisce con l’avere lo stesso molte lacune.
La prova l’ho avuta tenendo i già citati corsi di sceneggiatura: la pratica e la teoria sono due co-
se molto diverse.
In Professione sceneggiatore ho provato a essere immediato il più possibile, anche se per diventare soggettisti e sceneggiatori non basta sfogliare un volume: ci vogliono una grande for-
za di volontà e un’enorme autodeterminazione, per non parlare di disciplina. Col tempo, sopra la testa dello sceneggiatore, si forma una sorta di antenna radar gigante, che serve a captare qualunque cosa nel raggio di dieci metri, e anche di più: spunti, frasi, cose lette e viste, volti, gesti… tutto s’immagazzina, pronto a saltare fuori quando c’è da scrivere un soggetto o una sceneggiatura.
Come si fa a a far spuntare sulla testa questa antenna radar?
Be’ non viene fuori da sola, va coltivata e concimata. La testar-
daggine è una dote fondamentale per chi vuole avvicinarsi a questa professione: può essere più im-
portante perfino del talento. Le prime proposte che il giovane sceneggiatore invierà alle case editrici saranno prontamente scartate, e per non demoralizzarsi ci vorrà quel pizzico di perseveranza necessario a tentare un nuovo invio.
Qual è la regola alla quale gli sceneggiatori principianti non devono mai sottrar-
si?
La sintesi! In appendice del libro, c’è una parte con esempi di sceneggiature di mostri sacri come Sclavi, Ortolani, Artibani, Castelli, Corteggiani, Boselli, Berardi e molti altri: l’ho inserita per mostrare che tutte le sceneggiature sono uguali! Non solo per il fumetto, ma anche e soprattutto per il cinema. Potrà cambiare il metodo di scrittura, di forma della pagina dattiloscritta, ma il modo di scrivere una storia resta sempre quello, con la medesima “borsa degli attrezzi”, per citare Stephen King. Per questo il mio è un libro che parla di sceneggiatura in generale, di come si scrive una storia: anche se parto dal fumetto, perché lavoro in questo ambito, cito di continuo esempi cinematografici e letterari.
Bisogna poi considerare il genere a cui la sceneggiatura appartiene, il pubblico a cui la storia si rivolge… ciascuno ha le sue regole, e ogni sceneggiatore ha le sue peculiarità. Alcuni schizzano la storia sotto forma di layout anziché batterla a computer, altri utilizzano una regia più tecnica e dettagliata, e altri ancora fanno uso di dialoghi prolissi anziché concisi. Mi sembrava giusto dare al lettore la possibilità di confrontarsi con tanti stili diversi in modo che possa distillare il proprio.
Recentemente, molti autori di fumetti italiani, anche provenienti dalle fucine Bonelli e Disney, si sono rivolti al mercato francese. Ma quest’anno, in occa-
sione di Angoulême, ho notato che alcuni fra questi erano scoparsi, avevano tirato i remi in barca davanti a comportamenti ambigui degli editori francesi.
Già; la Francia non si è rivelata quella gallina dalle uova d’oro che sembrava dovesse essere. Quindi, chi intenda fare lo sceneggiatore pro-
fessionista (la cui definizione è: campare con il proprio lavoro) di fumetto in Italia, non può prescindere essenzialmente da Disney o da Bonelli, secondo me (salvo piccole, pregevoli eccezioni). Potrà integrare queste collabo-
razioni con altre cose, ma di qui non si scappa.
Ho un po’ il dente avvelenato con chi si professa sceneggiatore o disegnatore, ma poi di fatto è mantenuto da un altro lavoro che non c’entra nulla col fumetto: conosco la dedizione neces-
saria a diventare autori, e mi dà fastidio vedere che spesso l’etichetta di professionista è usur-
pata da gente che professionista non è. Ahimé però è una cosa che accade in tutte le categorie, non solo nel fumetto.
Nel libro, partendo dal fumetto, cerchi di parlare di storie, parlando quindi mol-
to anche di film e libri. Questi diversi media vanno a braccetto, abitano dimen-
sioni parallele…
La costruzione di una storia, intesa come ossatura, è uguale dappertutto, con le stesse regole. Poi, certo, ogni medium a cui la suddetta va applicata ha le sue peculiarità, ma per imparare e studiare storie fatte bene, è importante leggere, oltre ai fumetti, anche molti libri e vedere mol-
ti film. Non solo belli, anche brutti: serve tutto.
Cito il mio autore preferito: Carl Barks.
Non solo il tuo, come dimostra il forte successo de La Grande Dinastia dei Pa-
peri!
Non me ne stupisco! Barks ha scritto di tutto, storie comiche, avventurose, commoventi, dram-
matiche… un gigante. Lucas e Spielberg si sono ispirati a lui. Lucas e Spielberg, mica due tizi qualunque!
Una domanda personale: di cosa ti stai occupando, in questo periodo?
Attualmente continuo a lavorare con Disney. Poi ho in ballo qualche grossa collaborazione di cui per ora non parlo per scaramanzia. È da poco uscito Come d’Incanto, che ho scritto per Disney Libri. Nel 2008 uscirà un libro, sceneggiato da me, sulla storia a fumetti di un’impor-
tante squadra di calcio genovese: il Genoa. Si tratta di un fumetto “realistico”, non umoristico.
Con Rapalloonia, l’associazione di cui sono vicepresidente, stiamo cercando di organizzare qualche evento slegato dalla Mostra Internazionale dei Cartoonists di Rapallo, che resta comunque il nostro fiore all’occhiello. Stiamo vagliando diversi spunti e ipotesi, e ho da poco presentato diversi progetti di cui mi auguro poter rendere presto conto.
E poi c’è il blog di Professione sceneggiatore: piano piano ci sto prendendo la mano (sono negato con le cose telematiche!), e devo dire che l’idea di un blog in cui chiacchierare di sceneg-
giatura, partendo anche dal libro, mi piace sempre di più.
Grazie, Sergio! Non ho dubbi che qualcuno ti scriva anche qua.
L’intervista è finita, la presentazione a Genova sta per iniziare, sono quasi le 18.
Per chi vuole approfondire, ecco il link del blog legato al libro: http://blog.komix.it/professionesceneggiatore.
Qui ce n’è la scheda sul sito Tunué: http://www.tunue.it/page.php?idArt=7190.
Questo, invece, il sito personale di Sergio Badino: www.sergiobadino.com.
Nelle foto, dall’alto: Badino durante un master di sceneggiatura a Genova; in compagnia degli amici disneyani Paul e Frank (provenienti dai corsi di Fumetto diretti da Giovan Battista Carpi nel capoluogo ligure); in compagnia di Giancarlo Berardi, Maestro sceneggiatore (Julia, Ken Parker).