Tra i filoni più rigogliosi dell’immaginario disneyano, occupa un posto di rilievo la Parodia, genere letterario che nasce fra il VII e il VI secolo avanti Cristo, col famoso poemetto greco in esametri “Batracomiomachia”, ovvero “Battaglia delle rane e dei topi”: una presa per i fondelli del capolavoro omerico “Iliade”, trasfigurato nelle gesta di animali pensanti.
Oltre due migliaia e mezzo di anni più tardi, altri topi, questa volta affiancati da un drappello di paperi, tornano in pista interpretando a modo loro le imprese di Achille, Ulisse, Sigfrido, Orlando, Amleto e di altre figure ben note all’immaginario collettivo.
Sin dai suoi primi film, Topolino si cala nei panni dei protagonisti di racconti per ragazzi, come Gulliver (in “Gulliver Mickey”, 1934), il sarto Ammazzasette (in “Brave Little Taylor”, 1938) o la piccola Alice (in “Thru the Mirror”, 1936). Tuttavia, solo nel 1949 Topolino si confronta con un’opera letteraria veramente importante e, con abiti medioevali e alloro sulle tempie, si trasforma nel sommo poeta Dante, in una riscrittura aggiornata della prima cantica della Divina Commedia.
Sabato 24 novembre, nell’Auditorium comunale di Morgex (Valle d’Aosta, non troppo lontano da Aosta), le parodie a fumetti sono di scena nella “Giornata Mafrica”, un appuntamento annuale in cui si parla di fumetto da un punto di vista accademico.
L’evento è dedicato alla memoria di Demetrio Mafrica, collezionista, il cui fondo (composto da oltre 15.000 albi che ripercorrono la storia del fumetto italiano e non solo) sarà presto reso fruibile e consultabile, grazie ad una sede propria, a Morgex (comune attaccato a La Salle), in Valle d’Aosta.
Qui, i fumetti troveranno collocazione, spalla a spalla con l’importante biblioteca di Natalino Sapegno (critico e storico della letteratura italiana. Il suo commento alla Divina Commedia e il suo Compendio sono stati i testi scolastici più utilizzati per oltre quarant’anni, e scusate se è poco).
I relatori della conferenza, moderata dal prof. Enrico Fornaroli (Accademia delle Belle Arti di Bologna), saranno Goffredo Fofi (critico letterario e direttore de “Lo Straniero”), Luca Boschi (lo scrivente, qui in veste di “critico e consulente editoriale”, stando a quanto è scritto nella locandina), Ivo Milazzo (autore) e Tito Faraci (sceneggiatore).
Per l’occasione, Erika Centomo (responsabile Centro Montimages) e Katja Centomo (produttrice – Studio Red Whale) presenteranno un breve percorso antologico, all’interno della Collezione Mafrica, dal titolo “Il Fumetto e la Parodia”.
Un posto di tutto rilievo, almeno nella relazione del sottoscritto, avrà la storia “L’Inferno di Topolino”, scritta da Guido Martina e disegnata da Angelo Bioletto nel 1949. Un fumetto col quale si apre il ciclo che più tardi verrà definito “Grandi Parodie”, dal titolo di un volumetto che ne raccoglie alcune fra le prime.
Nel 1956, per i disegni di Pier Lorenzo De Vita, Martina scrive la prima Grande Parodia con Paperino che, come il romanzo di Miguel Cervantes, si intitola “Don Chisciotte” e mostra Pippo nel ruolo di Sancio Pancia.
Proprio da questa parodia sono tratti i “veri” Don Chisciotte e Sancio dell’immagine qua sopra, disegnati da Pier Lorenzo De Vita e ricopiati, a mo’ di esercitazione, da un Magnus ancora aspirante fumettista.
Da questo momento in poi, le “Grandi Parodie” dileggiano bonariamente una girandola di romanzi, poemi, film, melodrammi, feuilletons. Si va dai classici “Paperiade” (1959) e “Paperodissea” (1961), che ironizzano sui capolavori omerici, alla scespiriana “Paperino principe di Dunimarca” (1960).
Si spazia da “Paperin Furioso” (1966), ispirata dal poema di Ludovico Ariosto, alla incredibile “Paperino e l’oro di Reno, ovvero L’anello dei Nani Lunghi” (1958), che riscrive l’opera wagneriana L’oro del Reno, ovvero L’anello dei Nibelunghi.
Il “Faust” di Goethe rivive attraverso la sfortunata avventura de “Il Dottor Paperus” (1958), mentre l’epopea degli spadaccini in costume di Dumas padre si rispecchia in “Paperino e i tre moschettieri” (1957).
Negli anni Ottanta, nascono dei veri e propri kolossal in più puntate, come “La storia di Marco Polo detta Il Milione” (1982), con Topolino in veste di narratore, o “Paperino e il vento del Sud” (1982), rilettura in chiave disneyana del romanzo di Maragareth Mitchell “Via col vento” e dell’omonimo film campione d’incassi, con Donald Duck nella parte di Rhett Butler, interpretato da Clark Gable sullo schermo.
Negli Stati Uniti, a partire dal 1975, si punta su Pippo per impostare le “Disney Goofy Classics” (da noi “Pippoparodie”), dove l’amico di Topolino reinterpreta a modo suo Cristoforo Colombo, Galileo Galilei, Il Dottor Jeckyll, Leonardo da Vinci, il Barone Frankenstein… Circa un decennio prima, il mensile”Walt Disney’s Comics and Stories” aveva pubblicato il ciclo “Walt Disney Theater”, scritto perlopiuù da Vic Lockman, con titoli suggestivi come “I due moschettieri + uno”, “Alì Paperone e i quaranta Bassotti”, “Rip Van Pippo” o “Re Topolino e i cavalieri della Tavola Rotonda”.
Le due immagini che chiudono questo post sono una vignetta di “Don Chisciotte”, disegnata da Pier Lorenzo De Vita, e una versione successiva della stessa immagine interpretata da un giovane Magnus su un quadernin, e colorata con i pastelli.
Magnus (come me, se a qualcuno interessa) amava lo stile Pier Lorenzo De Vita, e quando muoveva i primi passi nel fumetto lo studiava.