Ieri ha spedito un breve commento al post su Magnus a Castel Del Rio, l’amico Diego, a proposito di un incontro con Roberto Raviola, alias Magnus, di una ventina di anni fa.
Se volete, andate a rileggervelo, ci mettete un minuto.
Diego è, ovviamente, Diego Ceresa, uno dei più rinomati calligrafi italiani, e anche uno degli ultimi, dato che questa professione, un tempo abbastanza fiorente, va scomparendo. Il suo mestiere è il “letterista”, che nel campo dei fumetti (lo scrivo per chi inciampasse in questo blog per caso, turista da Plutone) si può tradurre con “clui che ficca le paroline dentro le nuvolette”.
Diego (che in un futuro mi piacerebbe intervistare qui rispetto alla sua variegata attività, in Italia e all’estero) è anche il calligrafo delle storie di Carl Barks.
Proprio questo punto di contatto (Barks e i Paperi) accomuna Diego e Magnus nel post odierno, tramite una vignetta, quella che qui riproduco e che porta il © Disney, che ha ispirato il secondo e che ha letterato il primo, nella moderna versione uscita in Italia su “Zio Paperone”.
Torniamo indietro nel tempo, ai giorni in cui un giovane Magnus, fresco di diploma, si orienta verso la grafica americana classica.
È un trend che nello Stivale è portato avanti soprat-tutto dallo studio di Rinaldo (Roy) Dami, pur contando notevoli seguaci anche nell’ambito dei più popolari disegnatori realistici (o “veristi”, come pure si dice nel giro), da Aurelio Galleppini a Erio Nicolò, passando per Mario Uggeri. Il loro modello di riferimento è il Maestro Alex Raymond, rimasto col suo “Flash Gordon” nel cuore di un’intera generazione di aspiranti fumettisti, ragazzi spinti a intraprendere il mestiere grazie all’incanto delle paginone fantascientifiche raymondiane, delle accurate anatomie dei characters, delle invenzioni tecnologiche e architettoniche, degli echi hollywoodiani risuonanti nelle vignette del biondo eroe.
C’è poco da fare: il fumetto italiano avventuroso, di taglio naturalistico, ha due grandi punti di riferimento Oltreoceano. Uno è Milton Caniff, le cui fisionomie tanto sintetiche da apparire caricaturali, e la cui pennellata pastosa (derivante a sua volta da Noel Sickles) influenzano Hugo Pratt, Paul Campani, Mario Faustinelli: il gruppo della rivista “L’Asso di Picche”. L’altro modello è appunto Raymond, la cui maggiore descrittività si ritrova fra gli altri in Mario Uggeri, Annibale Casabianca, Lino Jeva, Ferdinando Tacconi… E prima di loro in Pier Lorenzo De Vita, che sui giornali della Mondadori offre splendide prove: da “Le avventure di Saturnino Farandola” a “La sposa per un giorno”, da “La spada di Domokos” a “La grande avventura di Marco Za”, tutte regolarmente ristampate in “Albi d’Oro” nel Dopoguerra.
A questi temi dedicherò un paio di lezioni al prossimo “seminario pratico” (da ottobre in poi) che si terrà a Firenze ogni venerdì – per nove ore! – presso la Scuola Inernazionale dei Comics: è impensabile che gli aspiranti fumettisti (e anche animatori) non si confrontino con questi due grandi modelli grafici del passato, a costo di ripudiarli entrambi.
Quindi, futuri iscritti, preparatevi! 🙂
Tra i modelli di Magnus c’è anche Giovanni Scolari, disegnatore della saga del despota saturniano Rebo. Grazie a Margherita Raviola e agli eredi d Magnus (che ringrazio), è uscita fuori da un cassetto questa immagine usata dall’autore a scopo di studio, disegnata su un quaderno a quadretti come se si trattasse di carta millimetrata (per studiare e riprodurre le proporzioni corrette originali). Si tratta della copertina ricreata dallo staffo della Mondadori dell'”Albo d’Oro” di “Saturno contro la Terra”, scritto da Cesare Zavattini e disegnato da Giovanni Scolari.
Sulla scia dei riferimenti agli americani, nel 1959 era nato nella mente di Magnus un eccezionale episodio a fumetti dal titolo Il vendicatore, ispirato al romanzo di K. Roberts “Il passaggio a Nord-Ovest”. La sigla nella prima tavola è “b.l.v.”, che sta per “Bob la Volpe”, temporaneo pseudonimo di Roberto, il cui diminutivo, “Bob”, gli calza benissimo.
Per inciso, la sua derivazione è dalla storia di un altro “Albo d’Oro”, questa volta proprio di Carl Barks (e letterato da Diego vari decenni dopo su “Zio Paperone”): “Paperino e l’oro gelato”.
“Si vedeva a un certo punto”, ricordava Magnus, “un telegramma che diceva, almeno nella traduzione dell’ ‘Albo d’Oro’ che avevo io: ‘Bob la Volpe, Punto Zero’, e questa frase mi colpì per la sua sinteticità”.
Il lettering di questa arcaica versione del pluriristapato ’”Albo d’Oro” è di un calligrafo in forza dal lontano 1937 alla Mondadori, il pittore rapallese Roberto De Luca, incaricato di fumettare le storie italiane ed estere del gruppo editoriale.
Due anni dopo l’adozione dello pseudonimo “b.l.v.”, Magnus si cimenta con le avventure del dottor Kastener, un cacciatore di enigmi che riprende l’atmosfera del Rip Kirby di Raymond, con un single benestante per protagonista e un maggiordomo che gli fa da “spalla”. Anche se incomplete e inedite, queste tavole saranno un’ottima credenziale da mostrare a Luciano Secchi, che in un batter d’occhio arruolerà Magnus per i suoi tascabili giallo-neri nati sulla scia del successo di Diabolik.
E la carriera del Magnus che tutti avremmo conosciuto ha inizio…