Ecco il secondo gatto da NON infiammare (e da ricordare).
Si chiama Sempronio, ed è stato creato dalla fantasia di Antonino Mancuso, per essere portato avanti in combutta col collega Luigi Grecchi; secondo alcuni anche in collaborazione con Corrado Zucca (era una specie di macchina, quella fucina di sceneggiatori sempre trafelati, per dover rispettare le scadenze di consegna di tre impegnativi settimanali tutti realizzati nello Stivale).
Del grande fumettista e animatore Gino Gavioli sono i disegni di questa prima storia di Sempronio (della quale propongo la tavola di apertura) e il design iniziale del personaggio, che insieme al topo Felicino e al cane Arcibaldo debutta sul settimanale dell’Editrice Universo “Il Monello” n. 34, del 27 agosto 1958.
Per l’occasione, Sempronio e i suoi due partner d’avventura condividono anche gli onori della copertina. In seguito, i tre saranno disegnati anche da Luciano Gatto, che attribuirà loro sembianze decisamente molto differenti, e da Giuseppe Perego.
Si tratta di una risposta della Universo dei fratelli Del Duca, un po’ moralista e un po’ “cartoonesca”, ai vari gatti e topi che imperversano negli anni Cinquanta sugli albi dedicati ai ragazzi, sia in Italia che all’estero (l’influenza dei cartoons americani della M.G.M. e della Warner Bros. è palese, in questa più che nelle altre svariate serie disegnate da Gavioli a rotazione per “Il Monello”).
Nei prossimi post, probabilmente aggiungeremo (con i vari amici che frequentano questo blog) altre immagini di Sempronio. Intanto, mi preme ringraziare Max, Cius e gli altri che hanno reagito alla provocazione del gatto Felix (non) in fiamme, e anche chi ha avuto l’idea di della recensire il presente, dilettantesco blog su Balloons, alla pagina
http://blogcomicstrip.blogspot.com/.
Un saluto anche all’amico Giuseppe Scapigliati (www.lastriscia.net/), col quale è rimasta (mio malgrado) in sospeso una questione relativa alle strisce originali che conosce benissimo (sia le strisce originali, sia la questione). Ah, avere il tempo di fare tutto! Ma il dovere mi chiama, anche se metto i tappi nelle orecchie non posso evitare di leggerne Il (o “la”, o “gli”) labiale/i.