Gnomi, folletti, elfi, farfarelli, vivene, lupricani, coboldi, linchetti… Tanti sono i nomi, e tante le categorie di questi strani esserini che vivono in comunità e desiderano essere chiamati “piccolo popolo” (a non farlo, si rischia di subire i loro atroci scherzi).
Legati a credenze antichissime che li vogliono di fattezze umane e di minuscola statura, sono talvolta invisibili, e si rivelano attraverso la voce o le orme che lasciano i loro scarponi. Possono essere vestiti con tonache e cappelli come quelli dei preti di un tempo, oppure con brache da paggio, giubbotto e mantellino.
Taluni hanno cappucci (preferibilmente rossi) portafortuna o scarpe magiche senza lacci, dalle quali traggono il grosso dei loro poteri.
E’ un vero peccato che un film già messo in cantiere dalla Disney, e che ne avrebbe magnificato le loro caratteristiche, King of the Elves (Il re degli Elfi), sia stato cancellato dalla produzione in via definitiva un paio di settimane fa, dopo aver impegnato un semestre di lavoro a uno staff di animatori e ssoggettisti, nell’ormai lontano 2007, per la creazione della storia e lo sviluppo dei personaggi.
Sopravvivono al tutto, tra gli altri, alcuni dei bozzetti, di qualità elevatissima, che riproduco in questa pagina (non avrete difficoltà a distinguerli dagli altri, che non c’entrano nulla).
Sono i primi schizzi che di una sua visione degli elfi aveva fatto, due anni e mezzo fa, l’animatore danese Rune Brandt Bennicke, il quale ne rende partecipe il mondo nel suo blog, Flip Book’n’Stuff.
Professionisti mentitori o tutori della casa e dei campi secondo i luoghi e le leggende, infidi o bonari, sono gelosi dei propri tesori, ma in base ai loro lunatici umori possono divenire anche propiziamente prodighi.
Nella tradizione nordico-germanica spicca il piccolo popolo dei Nani, la cui esistenza sotterranea, e la loro anziana età, li ricollega al culto dei morti. Come avviene per quelli della fiaba di Biancaneve, conoscono bene i metalli e le pietre che si ricavanno dalla terra, dalle caverne e dalle miniere, vivono in casette nei boschi, nascoste dalle frasche o da grossi funghi, ma non disdegnano i tronchi cavi degli alberi.
Qualche loro “diramazione” o categoria predilige giocare dei tiri mancini, benché la loro natura non sia, in genere, prettamente giocherellona, e si distingua invece per un’energica operatività.
Nelle storie a fumetti (e anche dei disegni animati), gli esponenti del piccolo popolo si sprecano.
Ne vedete qualche esempio nel video sopra, piccolo teaser che per il momento piazzo qua, come anticipo su alcune cosette che vedrà qui nel corso della settimana chi continuerà a seguire ‘sto blog anche nei roventi giorni paraolimpionici di inizio agosto.
Si tratta di filmati in animazione mai tradotti o trasmessi in Italia, anche perché a suo tempo non si “assumevano” a colazione molti fiocchi d’avena, o riso soffiato, o grano dilatato, o malto caramellato, da queste parti. Un bicchiere di Tavernello fatto con le cartine, due fettone di pane raffermo e gommaceo grosse come le zeppe del Premier, un parallelepipedo di Cremifrutto Althea alle cotogne deprivato dei suoi francobolli omaggio (o il Formaggino Mio della Locatelli, che notoriamente “faceva le cose per bene”) e via al lavoro, o a scuola con la cartella maculata di pelle di bove appena scuojato.
Mezzo secolo dopo abbiamo il privilegio di vederci questi filmati, che promuovono alimenti di Oltreoceano all’epoca considerati da “mammolette”.
A questi elfetti canterini contrappongo gli altri, da fumetto, scritti e disegnati da Walt Kelly: i Brownies.
Ne parleremo. Anch’essi sconosciuti da noi, probabilmente sono gionti negli anni Cinquanta in maniera mediata attraverso dei “lucidi” realizzati da Massimo Liorni per le Edizioni Adriana (una tipografia romana con uso di casa editrice).
Intere storie dei Brownies (una anche alle prese con gli Ooglies, i “Racchi”), e forse anche di altri elfi pubblicitari opera del bravo Kelly sono rintracciabili (e scaricabili) dal famoso blog di Pappy, che presenta solo fumetti USA della Golden Age.